In quasi tutti gli ultimi giorni

C’è un’intrinseca malinconia negli ultimi giorni delle cose. E’ quasi inevitabile. E neanche tutta l’aspettativa e l’attesa di quello che verrà dopo riesce a vincerla del tutto. Ricordo gli ultimi giorni di scuola, gli ultimi giorni di vacanza, gli ultimi giorni di un lavoro, gli ultimi giorni insieme a qualcuno. Anche se sai che domani sarà meglio, che la pagina che si va ad aprire sarà molto più bella di quella che si chiude, rimane questo senso di incompiutezza. Come mentre vedi scorrere i titoli di coda al cinema o quando accarezzi l’ultima pagina di un libro o ascolti le note dell’ultima traccia di un cd.

Quando arriva l’ultimo giorno puoi affrettarti quanto vuoi per cercare di fare il più possibile, puoi fare in modo che duri il più possibile, puoi centellinare quell’ultimo sorso, spremendolo fino alla fine, ma non arriverai mai a concludere quello che stai facendo con piena soddisfazione. Vorresti magari ci fosse un’altra scena, un’appendice alla storia, una traccia nascosta.

Ma invece sai che rimarranno i nodi irrisolti, i cerchi non chiusi, le questioni ancora aperte. Le rimanderai ad un altro inizio. Ma quello è concluso e sai – dentro di te lo sai benissimo – che tanto non basterebbe un giorno, un mese, un anno in più. E’ così!  Non te ne fai una ragione (perché mai dovremmo farcene una ragione?), no, continua a pungerti dentro, ma ci giri un po’ intorno, resti alzato fino a tardi, un po’ di più, vincendo la stanchezza e speri che domani almeno ci sia il sole.

 

7 thoughts on “In quasi tutti gli ultimi giorni

  1. Mi piace questo post, sa di una notte insonne a guardare il cielo … fino a quando, dentro, senti il click … spegni la luce e vai a dormire con un sorriso, sperando di ritrovarlo il giorno dopo.
    Mi piace la colonna sonora … 🙂

  2. È un po’ come il concetto di saudade. Nostalgico rimpianto, romantica malinconia, intenso desiderio di qualcosa di assente, voglia di ri-vivere certe sensazioni.
    Un sentimento e uno stato d’animo che conosco molto bene.

  3. acnha a me capita di vivere quella sensazione di cui parli, spesso, ma non è mai negli “ultimi” momenti, più spesso nei penultimi. c’è un momento in cui il cambio di prospettiva, l’idea di ripartire da un’altra parte, supera il pessimismo della ragione.
    però è molto bello quello che hai scritto, in modo molto essenziale.

  4. Io non amo gli ultimi momenti. Sono una che quando chiude qualcosa, quando sceglie di cambiare, ci mette molto a decidere ma poi agisce fulmineamente. Quindi la nostalgia dell’ultimo giorno non esiste, anzi, non vedo l’ora che sia finita…

  5. Pingback: Il canto delle cicale | Viaggi Ermeneutici

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