Non volevo scrivere nulla sulla tragica vicenda di Giulia. Non pensavo di riuscire ad aggiungere niente di nuovo al dolore e allo sdegno collettivo. Ieri però mi è capitato di ascoltare le parole del papà del ragazzo. Quello che mi ha colpito è stato il suo autentico disorientamento: “come ha fatto il mio cucciolo a diventare un mostro?“. Da papà di una splendida fanciulla, ovviamente, tremo di fronte alla cattiveria del mondo, alla cieca violenza che sembra sempre più presente nella nostra società e prego sempre l’Altissimo che non le accada mai nulla di così terribile. Ma da papà di un altrettanto splendido fanciullo, non può non colpirmi la domanda del papà di Filippo.
Giustamente ammetteva davanti ai microfoni i suoi errori, “qualcosa evidentemente abbiamo sbagliato“. Sì, certo, tutti noi genitori sbagliamo, ma cosa in particolare? Come si arirva a questo punto? Qui non ci troviamo di fronte a storie di emarginazione, di ignoranza, di droga o di violenza pregressa. La cronaca scava, gli sciacalli della falsa informazione sguazzano nel torbido per capire, per cercare un motivo, che però sembra non esserci. Un motivo che giustificherebbe, che darebbe una motivazione, seppur distorta e inaccettabile. Ma ancora più inaccettabile è proprio l’assenza di una qualsiasi radice che possa aver fatto crescere una pianta così malata.
Filippo sembra proprio uno degli amici dei miei figli, un ragazzo come tanti, che studia, fa sport. Come ha fatto a diventare così? Purtroppo non è nemmeno il caso isolato di un folle, perché dall’inizio dell’anno come ci ricordano i giornali, i casi di femminicidio sono moltissimi. Cosa stiamo sbagliando? Cosa possiamo fare per cambiare? Come dicevo nell’ultimo post sul bellissimo film della Cortellesi, sicuramente siamo figli di una cultura ancora troppo mascolinocentrica e per quanti progressi abbiamo fatto, tanti, troppi ancora ne dobbiamo fare. Ma non può essere solo quello.
Piero Pelù ha scritto “mi vergogno di essere uomo. Siamo tutti da rifare”. Sono d’accordo sul doversi ricostruire tutti quanti, un po’ meno sulla vergogna. Perché non basta, bisogna piuttosto assumersi responsabilità. La radice del male, che cresce anche in ambienti sani, che si nasconde dietro facce pulite, di ragazzi normali, non può essere solo la volontà di dominio del maschio tradito. Per quanto possa essere contraddetta dai fatti, io penso che la parità dei generi, soprattutto fra i giovani, sia un concetta condiviso. Se ti fermi a parlare con loro, che uomini e donne abbiano gli stessi diritti o che l’uomo non possa prevaricare la donna non è una cosa in discussione. Paradossalmente, forse neanche questo Filippo lo negherebbe. Qual è allora questa radice? Cos’è che non riusciamo far passare ai nostri figli per evitare queste tragedie?
Forse quello che non gli passiamo è quello che non abbiamo neanche noi. E non parlo del rispetto degli altri in generale e delle donne nello specifico. Parlo dell’accettare le sconfitte, i no, le delusioni, il fallimento. Accettare la fragilità delle nostre esistenze. Accettare che a volte le cose non vanno come vorremmo, che possiamo mettercela tutta, ma nonostante tutto il nostro impegno, tutti i nostri sforzi, possiamo fallire. Accettare, in fondo, che non solo non siamo padroni della vita degli altri (sopratutto di chi diciamo di amare), ma nemmeno padroni della nostra. Che questa vita, fallace, fallibile, fallita il puù delle volte, va accettata per quello che è. Gli insegniamo questo ai nostri figli? E prima di insegnarglielo, lo abbiamo compreso e accettato noi stessi?

Un articolo davvero molto bello, Romolo, mi è piaciuto in ogni sua parte. Sono d’accordo con te, anche se non sono madre, ma lo sgomento rimane. Ho sempre cercato di capire. Le considerazioni finali, poi, sono davvero significative.
Un abbraccio ❤️
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Oltre a provare ad essere un buon genitore, mettercela tutta a crescerli con educazione e valori, trasmettergli il senso del rispetto e dell’empatia, insegnargli un po’ di cultura, il resto è culo Ro’.
Solo una botta di culo.
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Vero. Il chè però non ci esime dal mettercela tutta, insegnandogli ad accettare le sconfitte (cosa che dovremmo fare prima di tutto noi)
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Sono perfettamente d’accordo con te, soprattutto sull’insegnare ai nostri figli a saper accettare le cadute e le sconfitte
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Concordo! Siamo tutti molto colpiti da questa vicenda ne ho scritto anch’io marginalmente da mamma
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Ottima riflessione Romolo. Secondo me, hai segnalato un nuovo spunto. Questi ragazzi sono figlio di una società che li spinge a essere sempre al top, sempre vincenti, sempre felici, sempre appagati. Come i modelli di coetanei visti sui vari social. Forse dobbiamo ritornare a imparare e ad insegnare a saper perdere, a sapersi rialzare, a saper andare oltre. Grazie Romolo
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Riflessioni del post centratissime. Ė dall’inizio della vicenda che mi interrogo, perché l’epilogo era scontato. Anche io ho pensato ai modelli proposti, che trasmettono senso di inadeguatezza e si insinuano subdolamente, forse anche involontariamente tramite noi genitori, che poi ne veniamo colti di sorpresa. Mi preoccupa ciò che leggo nelle chat dei genitori… aspettiamoci, ahimè, tanti altri Filippo.
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Si sbaglia amando Romolo, si cerca in ogni modo di accontentare i nostri figli , anche andando oltre le nostre possibilità. Dover dire ” no ” fa più male a noi che a loro…eppure noi , almeno la maggior parte di noi, siamo cresciuti con tanti ” no”. Poi c’ha pensato a vita a regalarci rinunce o sconfitte. Abbiamo sofferto e questa sofferenza abbiamo cercato di negarla ai nostri figli, pensando di renderli felici.
Invece… li abbiamo resi fragili.
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Bellissimo articolo Romolo! I famosi no che aiutano a crescere..sempre troppo pochi ormai…Da genitore ed insegnante mi rendo conto che è davvero difficile fare accettare le frustrazioni e le sconfitte..ma il nostro dovere è stare accanto a aiutare a risollevarsi e ripartire più forte di prima…iniziando da noi stessi come dici tu. Un abbraccio forte ♥️
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