Paese che vai, formaggi che trovi

La carbonara è americana e il parmigiano reggiano è nato in Wisconsin“. So cosa state pensando: no, non sono ubriaco e non è nemmeno il titolo di un articolo di Lercio, bensì di Repubblica di domenica scorsa. Non so quale guru della cucina, evidentemente in preda a chissà quale fungo allucinogeno, abbia formulato questa improponibile teoria. Se vi viene la curiosità, lo trovate qui

Che poi, tralasciando per un attimo i deliri sulla pastasciutta (noto piatto tipicamente americano), come si fa a mettere in dubbio la provenienza di una cosa che ha nel suo stesso nome il riferimento geografico di dove viene prodotto? E allora mi sono detto, è mai possibile che ora anche a livello di minchiate dobbiamo prendere lezione dagli americani? Giammai! Risolleviamo l’onore patrio con 10 improbabili ipotesi sulla vera origine delle cose.

L’insalata russa è ucraina. Questa forse la vera causa del conflitto?

Il pesto alla genovese è sampdoriano. Questo è un colpo basso lo so, ma qualcuno doveva pur dire la verità.

La torre di Pisa, in realtà è di Livorno. Tant’è che pende da quella parte

Per non parlare della Torre Eiffel. Guardatela bene, non è una torre, tutt’al più potrebbe essere un pedone. Resta da capire quanto dovrebbe essere grande la scacchiera, ma si sa, i cugini d’oltralpe sono sempre vittime della loro stessa grandeur.

La Statua della Libertà, in realtà non inneggia la libertà, ma la dittatura, infatti come ce l’ha il braccio? Esatto! Insomma, non è americana, bensì crucca!

I Cavalieri di Malta non erano di Malta e nemmeno cavalieri, perché in realtà andavano a piedi. Erano operai specializzati col bitume e la malta, da qui forse l’errata connotazione geografica.

Le tigri della Malesia erano un gruppo di motociclisti di Zagarolo, neanche a dirlo anche la perla di Labuan era in realtà di Capracotta.

Il cannolo siciliano deriva da un’antica ricetta romana, successivamente elaborata dagli arabi e poi sviluppata dalle abili mani delle suore di clausura di un convento nei pressi di Caltanissetta. Il fatto che delle suore di clausura avrebbero inventato un dolce con quella forma lascia qualche dubbio (o forse no?)

E sempre a proposito di posti, Massa Lombarda è in Emilia Romagna così come Milano Marittima, San Giuliano di Puglia è in Molise e San Mango Piemonte è in Campania, così come Sant’Angelo dei Lombardi. Alla volte quindi è vero che i nomi ingannano.

Sono sicuro che se andassimo a scavare, ci sarebbe da ridire anche sulla reale provenienza dei wurstel, che in realtà ho letto essere cancerogeni. Ma qui non ho conferme, anche perché, ve lo posso assicurare, non li ho mai fumati.

La befana vien di notte

Quindi ci sarebbe questa brutta vecchietta. Ma non solo brutta, bruttissima, una befana, che se ne va in giro di notte con questo freddo e per giunta con le scarpe rotte. Ma non se ne va in giro che so, con l’autista e un comodo macchinone no! Se ne va in giro a cavallo di una scopa. Questa vecchietta brutta come un rutto d’oca, le scarpe rotte, se ne va in giro di notte con questo freddo, a cavallo di una scopa, per regalare dolci e giocattoli ai bambini buoni. Solo a quelli buoni, perché a quelli cattivi calci in culo. No, scherzo, per quelli cattivi, carbone. Dicono che contro l’aereofagia sia un portento. Magari quei bambini resteranno carogne, ma almeno eviteranno di scoreggiare.

Oltre ad essere brutta come un cesto di fave, andare in giro con le scarpe rotte, con questo freddo, a cavallo di una scopa, dove li va a mettere questi dolcetti per i bambini buoni? Li mette dentro le calze. Ma certo! Chi non mette dentro le calze dolci o giocattoli? Un posto davvero calzante.

Ecco, noi siamo cresciuti credendo a questo personaggio. E io voglio ancora crederci. Stanotte mi mettero alla finestra e aspetterò fiducioso il passaggio di questa simpatica vecchietta, brutta come la coccia del pecorino, con la sua scopa e i suoi regali. Del resto, se c’è chi crede che questo governo risolleverà l’economia, azzererà l’evasione e sconfiggerà il Covid, io non posso credere alla befana?

Di angeli perduti, ladri, dizionari di greco (per tacer dei sette nani)

Al tramonto dell’anno domini 2022, ultimo della pandemia (ormai definitivamente debellata per decreto dal governo dei migliori, chiamato a guidare i destini italici), primo dell’era meloniana, novella salvatrice dei tricolori destini (ecco perché si vuol far chiamare Il Presidente. In effetti Ducia suona proprio male), mentre stava per cominciare il più surreale mondiale di calcio della storia (con gente confusa che voleva organizzare barbecue e cocomerate nelle case al mare, ma si ritrovò mezza allagata nelle pioggie novembrine) capitò il singolar accadimento.

Un fatto insolito che mi lasciò interdetto, un po’ come le dichiarazioni di Sgarbi o la durata dei lavori sulla Tiburtina. I segni evidenti dell’effrazione, un lucchetto saltato, le scatole buttate alla rinfusa, ma incredibilmente le biciclette ancora lì. Anche ad un’analisi più attenta, non mancava proprio nulla, tranne un angioletto del presepe, un angelo caduto in volo, unica traccia rimasta le piccole ali, adagiate nel sordido pavimento dello scantinato. E da qui il dubbio e le domande. Ma tu, novello Arseno Lupin, seguace di Diabolik, sostenitore di Robin Hood, che pensavi di trovare nella mia cantina?

Oltre le biciclette, il presepe, i vecchi giochi e tutte le cose inutili che uno non ha il coraggio di buttare, cosa speravi ci fosse? Eri così ubriaco da confondere la nostra cantina con un miniappartamento di lusso? Eri talmente confidente nella tua buona stella che speravi di aver trovato l’accesso ad una miniera d’oro? Lo hai fatto come gesto di protesta per la mancata qualificazione dell’Italia ai Mondiali? Era la prova d’amore richiesta dalla tua bella? Magari lo hai fatto perché hai perso una scommessa: aprire la cantina di uno sconosciuto e rubare una statuina del presepe era la penitenza per non aver ricordato il nome dei 7 nani. Questa è una di quelle situazioni in cui ti aiuta aver studiato il greco. O meglio, ti aiuta aver studiato sul Rocci.

Quel vocabolario scritto in un italiano antiquato in carattere 6, che pesava come un mattone di piombo, ma con le pagine fini come le ali di una farfalla, responsabile della scogliosi e della miopia della gran parte degli studenti ginnasiali della mia età. Quel vocabolario, in cui potevi trovare un significato, ma spesso il suo esatto contrario, non era di grande aiuto per tradurre il greco, ma in compenso sviluppava la fantasia. Ti aiutava a diventare creativo, perché ti insegnava che nella vita non esiste mai una sola verità, che i fatti e le situazioni mutano e alla fine dei conti siamo noi a dargli il significato che vogliamo.

E così, in questi tempi incerti, in questa vita che ingrana solo a tratti, è bello sapere che in ogni situazione potrai sempre trovare una soluzione, potrai individuare una spiegazione, più o meno veritiera, che ti porterà protezione, ristoro e rifugio, facendoti immaginare un futuro più roseo (comunque erano Dotto, Brontolo, Pisolo, Mammolo, Gongolo, Eolo e Cucciolo).

Quando sei il presidente di tutti

Ti alzi una mattina, in una giornata di sole in queste adorabili ottobrate romane, che profumano di ottimismo come una canzone di Phil Collins. Ormai hai passato gli ottantuno e forse sarà anche vero che a diciotto anni sai delle cose che poi da grande non saprai più, ma in fondo basta invertire le cifre e puoi riscoprire gli antichi ardori. Quelli che ti risvegliano lo spirito di squadra, che ti fanno sentire il capo del gruppo, responsabile per tutti. Anche di quelli a cui sei meno legato. Anche quelli che più o meno velatamente non sopporti.

Come l’allenatore di una squadra, che di fronte agli altri difende tutti i componenti, anche il pippone di turno. Ma è il nostro pippone e solo noi possiamo deriderlo, che nessuno da fuori si permetta. Oppure come il figlio stupido, che a volte può capitare, anche nelle migliori famiglie. Tu gli vuoi bene lo stesso, anche se passi il tempo a cazziarlo, ma da fuori nessuno si azzardi a dire nulla.

Certo chi l’avrebbe detto! Tu poi te ne volevi andare, ma loro niente, tutti lì ad insistere: dai rimani, come facciamo senza di te…Che tocca fare quando sei il Presidente di tutti!

Tra i francesi che si incazzano e i giornali che svolazzano. E tu mi fai, “dobbiamo andare al cinema”, ma al cinema vacci tu!

I’m too old for this Shit

Si sa che l’età è un fatto relativo. Mio padre a 94 anni, non va più al circolo anziani a giocare a carte, un po’ per gli strascichi della pandemia, un po’ perché, a detta sua “è pieno di vecchi“. Sempre lui, parlando con mio fratello, gli ha detto recentemente “speriamo di non diventare vecchi“. Già…speriamolo davvero, anche se l’alternativa non è poi così allettante.

Quando si smette di essere giovani? Quando non si ha più la curiosità di imparare cose nuove, quando non vuoi più metterti in gioco per nuove imprese, quando pensi di avere più cose insegnare che da imparare. Non è un fatto anagrafico, non solo almeno. Per questo c’è gente che nasce vecchia ed altri che con il passare degli anni ringiovaniscono. Io ad esempio vorrei avere esattamente gli anni che ho, solo con trent’anni di meno. Ma questo è un altro discorso.

Un elemento che mi fa riflettere, nel confronto generazionale, è l’accorgersi che (forse inevitabilmente) verso i figli si ripercorrono esattamente le stesse strade e analoghi atteggiamenti che contestavi duramente a tuo padre quando il figlio eri tu. Non tanto il fare o non fare una cosa: sono ancora abbastanza lucido da fare un passo indietro e lasciare ai figli la responsabilità di decidere quello che fanno. Ma il modo in cui fanno le cose: lì è quasi inevitabile voler dire la propria, voler mettere il becco. Ecco, forse uno smette di essere giovane quando ha la pretesa di sapere quale sia il modo giusto di fare le cose.

Continua a dirti, ma non esci mai? Perché non provi a divertirti!” Così cantava Venditti 40 anni fa, certificando il fatto che almeno non è un problema odierno: anche nel modo in cui passano il tempo libero ci sentiamo in diritto (anzi forse, in dovere) di dire la nostra. Certi modi ci sembrano inconcepibili, semplicemente perché non sono i nostri. Ma da saggio genitore a vecchio trombone scassaminchioni è un attimo!

In ogni caso è vero che alla resa dei conti, più che la carta di identità, ognuno ha l’età che si sente. E’ vero però che non si può non essere influenzati dal confronto con gli altri, che inevitabilmente ti porta a misurare te stesso in relazione al contesto. Quindi da una parte è un fatto incontestabile che io continui imperterrito a giocare a calcetto il giovedì sera con gente che ha la metà dei mie anni, ma è altrettanto vero che ieri al Todis un cassiere – che poteva avere l’età dei miei figli – mi ha chiesto a bruciapelo, “maggiore di sessant’anni“? Ero indeciso se ridere, piangere o voltarmi dietro (magari è strabico e sta parlando con qualcun altro). “Sa, il martedì c’è lo sconto anziani“.

Va be’ è stato bello finché è durato, vi voglio bene lo stesso. Arrivederci.

Nel nome del padre

La piccola Maria Antonietta prese il cognome di mamma e papà e si registrò all’anagrafe come Maria Antonietta Sarti Burnich. Trent’anni dopo incontro Massimiliano che, avendo anch’esso preso i cognomi di mamma e papà, si chiamava Facchetti Bedin. Convolati a nozze diedero alla luce il piccolo Giovanni che fu registrato all’anagrafe come Giovanni Sarti Burnich Facchetti Bedin. Giovanni trent’anni dopo si sposò Veronica Guarneri Picchi Jair Mazzola, dando alla luce la piccola Angelica, che come tradizione fu registrata con i cognomi paterni e materni, come Angelica Sarti Burnich Facchetti Bedin Guarneri Picchi Jair Mazzola.

Fortuna volle che a nessuno venisse la malaugurata idea di dare ai propri pargoli anche dei doppi nomi.

Mater semper certa pater nunquam, dicevano i latini. Siamo sicuri che d’ora in poi aumenteranno le certezze? Ma soprattutto, in un Paese come il nostro che a volte fa fatica a riconoscere diritti sacrosanti della persona, sentivamo davvero il bisogno di una riforma del genere?

Hacker russo nun te temo

Amici servizi segreti bulgari, non sparate più al Papa ma dedicatevi al Pipppero.”

Questa settimana, come ampiamente documentato da giornali e televisioni, il sistema informatico delle Ferrovie dello Stato ha subito un attacco informatico che ha messo temporaneamente in tilt la biglietteria ed anche i sistemi di informazione nelle stazioni. Dietro l’attacco sembrerebbe esserci un gruppo di pirati informatici russi che avrebbe chiesto un riscatto di 5 milioni di euro. La richiesta di riscatto per sbloccare il sistema sarebbe stato inviato attraverso il canale Telegram ai tecnici delle ferrovie. Fin qui la notizia ufficiale.

Sembra però che questa notizia, che ovviamente avrebbe dovuto rimanere riservata, sia stata, non si sa come, non si sa da chi, resa pubblica e qualche smanettone informatico abbia cominciato ad inviare messaggi agli hacker russi. Qualche insulto, qualche incoraggiamento all’Ucraina, ma ad un certo punto lo spirito umoristico italico, reso forse più pungente dalle recenti disavventure calcistiche, ha alzato il livello.

Ma non ti vergogni all’età tua a stare tutto il giorno a giocare con il computer?”

Fatti una vita, segaiolo che non sei altro”

Ti piace vincere facile? Te la prendi con le Ferrovie Italiane, perché non provi ad hackerare la CIA?

Peccato che gli hacker russi non sembrino avere un grande senso dell’umorismo e l’abbiano presa così male da raddoppiare la richiesta da 5 a 10 milioni, incolpando le povere FS di aver divulgato la notizia. Ma tutto è bene quel che finisce bene: le FS hanno assicurato di non aver versato neanche un euro, ristabilendo la funzionalità del sistema grazie al lavoro dei propri tecnici informatici.

Una risata vi seppellirà! Saremo pure fuori dal mondiale, abbiamo i sistemi informatici impenetrabili come la difesa della nazionale, dovremo ritirare fuori le candele per illuminarci, ma almeno la soddisfazione di spernacchiare i pirati russi ce la siamo tolta!

9 verità e una (quasi) bugia

Va a vaccinarsi con un braccio di silicone, provando ad ingannare i dottori per ottenere il Green Pass.

Durante una diretta televisiva un passante non trova di meglio che toccare il culo di una giornalista.

Berlusconi si candida a Presidente della Repubblica.

Durante il G20 di Roma Biden affetto da flautolenza ne ha mollata una proprio davanti alla famiglia reale inglese.

Uno spot delle Poste Norvegesi svela il mistero di Babbo Natale. Non solo esiste, ma è gay.

Secondo un’indagine del Censis c’è un’ondata di irrazionalità che investe gli Italiani: il Covid non esiste, la terra è piatta, l’uomo non è andato sulla luna, il 5G è più nocivo del pollo con i peperoni.

E’ morto il leader No Vax austriaco che voleva curare il Covid con i clisteri di candeggina.

Angela Merkel per la cerimonia di addio alla politica sceglie come colonna sonora una canzone punk.

Capezzone si paragona a Clint Eastwood per criticare Zerocalcare.

Extracomunitaro irregolare portava i frigoriferi e puliva i mattoni, ora gioca in Serie A.

Invisibile e insieme sotto gli occhi

Sarebbe bello essere molto ricercati. Sarebbe bello che gli altri ti cercassero in ogni dove, che fossero disposti a tutto per trovarti. Ma non come si cerca un quadrifoglio in un prato di trifogli, piuttosto come si cerca un bagno libero quando ti scappa la pipì. Ricercati perché non se ne può fare a meno! Sarebbe bellissimo che ci fosse un momento, anche un solo momento nella tua vita, in cui potresti essere considerato indispensabile, in cui nient’altro fosse più importante di te.

Ma in questa affannosa ricerca di trovarti, in questo impellente bisogno di te, sarebbe bello essere incredibilmente nascosti e allo stesso tempo chiaramente evidenti. Palesi a tutti e allo stesso tempo offuscati, espliciti, trasparenti eppure sottintesi, chiari ed evidenti come sotto la luce di una lampada, ma nello stesso tempo tragicamente invisibili.

A questo punto qualcuno starà pensando che sto parlando della luna, quella mirabilmente silenziosa compagna e spettatrice degli amanti, cantata fin dai tempi antichi negli struggenti versi di Saffo.

Tramontata è la luna e le Pleiadi a mezzo della notte

anche giovinezza già dilegua e ora nel mio letto resto sola.

Scuote l’anima mia Eros, come vento sul monte

che irrompe entro le querce e scioglie le membra e le agita,

dolce amata indomabile belva. Ma a me non ape, non miele

e soffro e desidero.

Sì, in effetti anche la luna. Ma io in realtà pensavo al tempo di cottura della pasta.

Una telefonata dal futuro

Prima dell’estate ho avuto un piccolo incidente con la macchina, fortunatamente senza conseguenze, se non qualche ammaccatura. Come da procedura (la macchina è aziendale) ho contattato la carrozzeria convenzionata, dove una gentilissima signorina si è presa tutti i riferimenti, rassicurandomi del fatto che mi avebbe richiamato lei quando avrei potuto portare lì la macchina per la riparazione. Mi era rimasta in mente per la simpatia e la gentilezza che raramente si trovano fra lavoratori di questo tipo.

Questa la premessa. Stamattina, ore 8,45 squilla il telefono

  • Buonasera, la chiamo dalla carrozzeria Pincopallo, la sua macchina targata (e dice la targa giusta) è pronta, la riparazione effettuata, può venire a ritirarla quando vuole
  • Buonasera (alle otto e trequarti?) passi, magari hai ancora sonno, oppure semplicemente non vedi l’ora di tornartene a casa e sei già proiettata. Ma quindi mi stai dicendo che stanotte siete venuti quatti quatti, vi siete presi la mia macchina, l’avete riparata e ora mi chiedi di venirla a riprenderla?

Avrei voluto tanto rispondere così, ma era la stessa gentilissima signorina della prima volta…

  • Temo ci sia un errore. E’ vero che la mia macchina è targata (e ripeto il numero), ma io devo ancora portarvela per la riparazione!
  • Ma lei è sicuro? Qui mi dicono che hanno fatto tutto.
  • Ahhhh, ora ho capito! In realtà questa telefonata viene dal futuro! Ecco perché mi ha detto “Buonasera”, mi scusi, non avevo colto la cosa, allora tutto a posto. Anzi, già che ci siamo, mi racconta qualcos’altro? Chi sarà il sindaco di Roma? E chi vincerà il Campionato di calcio? Si ricorda mica qualche numero uscito al superenalotto? E il Covid uscirà prima o poi dalle nostre vite? Quando mi manderanno in pensione?

Così avrei voluto rispondere. Invece

  • Invece temo proprio che abbiate fatto un po’ di confusione.
  • E allora mi scusi. Mi faccia controllare e la richiamo.

Però peccato. Sarebbe stato fico ricevere una telefonata dal futuro!