L’Accidia

E così siamo giunti all’ultimo episodio di questa chiacchierata con Tiffany e come tradizione vuole, abbiamo lasciato il dolce per ultimo…il dolce far niente, ovviamente!

Lui. Partiamo da un presupposto inoppugnabile: il primo uomo pigro della storia inventò la ruota. Su questo nessuno potrà contraddirmi. Dovessimo fare una classifica, certamente quest’ultimo vizio capitale è quello a cui proprio non riesco a resistere. D’altra parte, come ho detto illustrando gli altri, forse è anche quello che mi salva dagli altri 6! Sono troppo pigro per arrabbiarmi o per dedicarmi alla lussuria, per abbandonarmi alla gola o all’invidia.

Lei. Frasi must, presenti all’appello come il prezzemolo: “Lo faccio dopo” o – variante ancora più svogliata – “Domani chiamo”. Dovrebbero chiamarlo doMAI, non domani; potremmo suggerirlo all’Accademia della Crusca, in effetti. Le cose che non mi va di fare, sono un milione. Mi impigrisco solo al pensiero di digitare quei numeretti o di controllare quella cosa. Non mi va di lavarmi i denti dopo pranzo a lavoro, mi prende un’indolenza che neanche il bradipo nei periodi invernali; quando la sera metto le natiche su quei cuscini morbidi in sala vorrei che si fermasse il mondo. Anzi, vorrei che arrivasse qualcuno a infilarmi il pigiama e nel letto. Dove sta scritto che solo i bimbi debbano essere dei privilegiati? Potrebbe essere un nuovo lavoro; dopo i reggi-cappotto alle star, i metti-a-nanna gli apatici.

Lui. In effetti poi, essendo naturalmente contraddittorio, sviluppo delle forme di frenesia che apparentemente sono l’opposto della pigrizia. Adoro alzarmi presto la mattina. Fatemi stare chiuso in casa nel week end e divento idrofobo. Essere pigri ha lo svantaggio che hai la sensazione di perderti un sacco di cose. Poi magari non è così, però a volte mi prende quest’ansia di fare che confligge con la mia consueta cultura dell’ozio.

Lei Anche a me acchiappano delle botte di adrenalina da guinness dei privati, anzi spesso pensano che sia questo il mio lato dominante. Mi piace: correre la mattina alle 7, stare per ore in giro all’aria aperta, organizzare feste con 1000 persone (naturalmente non cucino io), salire sugli aerei e dimenticare chi sono per qualche giorno. La mia è Pelle di plaid avvolgente incastonata in divano confortevole, ma il sangue é sangria con vodka e cannella, tendente al giallo ocra-bollicine-di-champagne. Un bel casino davvero.

Lui. Questi risvegli dall’ozio a volte mi prendono leggendo i CV di persone famose, ministri, capitani di industria, premi Nobel, che hanno la mia stessa età, o anche più piccoli. Allora capita di chiedermi: ma mentre questi diventavano amministratori delegati o presidenti del consiglio, io, a parte scrivere post minchioni sul blog, che stavo a fa? A Rò, non sarà ora che te dai ‘na svejata? Poi in fondo mi dico, che (in modo un po’ più serio di quanto abbia trattato l’argomento qualche post addietro) è sempre una questione di priorità. E allora diciamo che la mia innata pigrizia a volte può essere stata una pi – grazia, perché mi ha permesso di scegliere le cose veramente importanti, facendomi dedicare a quelle, trascurandone altre. Le mie priorità non sono quelle che il mondo, la persone, la società ritiene tali? Pazienza! Me ne farò una ragione. In conclusione di questa scorribanda lungo i sette vizi, per quanto mi riguarda, sono sempre più dell’idea che ormai prossimo alla fatidica soglia dei cinquanta, amici miei cari, questo sono, con i miei vizi e le mie virtù. Difficilmente si migliora. Piuttosto, quello che non bisogna mai smettere di provare, è essere la migliore versione di se stessi!

Lei. Ciò non toglie che io sia una vera fan dell’ozio, Lentezza e noia per me sono i motori della creatività. Ricordo ancora quei pomeriggi di bambina in cui i minuti scorrevano lenti e inventavamo giochi che Mattel scanzate. Quando invece vedo oggi quei poveri ragazzini che passano dal basket al piano al teatro prende a me l’attacco di panico! Che poi neanche io riesco ad annoiarmi più di tanto ormai, nei momenti morti fisso il cellulare, mi metto su fb, cazzeggio su wapp.. e mi perdo i momenti migliori. Ed è per questo che vi consiglio questo libro, che ho adorato e mi sono ripromessa di rileggere ogni tanto. Perché “l’arte del dolce far niente altro non è se non l’arte di vivere”.

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L’ira

Ritornano i dialoghi con la splendida Tiffany per la penultima puntata del nostro viaggio intorno ai 7 vizi capitali. Oggi si parla di quando le cose non vanno come vorremmo e quindi…ci si incazza!
Lei. Iracondo. Fremebondo. Furibondo. Saranno tutti questi Ondo, ma a me i personaggi arrabbiati con il mOndo  mettono ansia.Turbano il mio Karma, agitano le mie placide giornate. Non solo non sono un un tipo rabbioso, ma cerco di non circondarmi di persone presunti tali. Sono tossiche per me, che millanto il “Chi se ne fott” come panacea di qualsiasi male.
Lui. Non mi piace arrabbiarmi. E’ proprio una cosa che faccio controvoglia. Ma non so se per bontà o semplicemente per quieto vivere. Sicuramente un vantaggio che ho è quello di avere una memoria corta: mi arrabbio raramente e quando mi arrabbio mi passa subito. Ma soprattutto non riesco a portare rancore. E anche qui mi domando se sia per bontà o forse semplicemente perché ho la memoria corta.
Lei. Generalmente io litigo da sola, nella mia mente. Tu mi fai arrabbiare, io inizio un brillante dialogo nella mia testa in cui ti espongo tutte le mie ragioni e le tue debolezze e immagino le contestazioni, in una ricostruzione densa di particolari e descrizioni minuziose degne di Flaubert. Naturalmente la mia potenza dialettica prevale, così come le mie argomentazioni [d’altronde, sono io la regista] e quindi quando poi ti incontro di nuovo per me è tutto finito, amici come prima. Passo per una persona estremamente paciosa, ma la verità è che abbiamo già chiarito, solo che tu non lo sai.
Lui. In ogni caso davvero è molto difficile farmi arrabbiare. E forse non è un paradosso che i due che ci riescono meglio (sia come quantità di volte che qualità di incazzatura) sono mio padre e mio figlio. Quel vecchio saggio del mio fratellino a questo punto direbbe, perché sono le due persone che più mi somigliano. E in parte è vero. Quando rivedo in loro le cavolate che faccio (o dico, o penso), tendo un po’ a perdere le pazienza. Con tutti gli altri invece ho questa propensione a trovare giustificazioni, a cercare di mettermi dal loro punto di vista. ma non è sempre la cosa più giusta da fare.
Lei. Diversa è l’ira, secondo me, è qualcosa di più forte della semplice incazzatura. Se riesci a portare lo scontro fino a quel punto di non ritorno, allora ti do un consiglio spassionato: scappa. Fidati, te lo dico io, non è un bello spettacolo vedermi inviperita. L’ira funesta di Tiffany è proverbiale, in grado di causare danni da scala Mercalli magnitudo 9. Tifoni di parole che colpiscono come fendenti, una pioggia alluvionale di brutti ricordi e abitudini risalenti fino al Paleolitico, assemblati con poca grazia e tanta decisione. Poche donne dimenticano veramente; il genere femminile tendenzialmente “accantona”, per poi rilasciare con veemenza al momento giusto. Io sono un campione dell’esagerazione in materia. Salvo poi pentirmi il secondo dopo per cotanta rabbia. Rovina il sonno, fa venire le rughe e – quasi sempre – non ne vale la pena.
Lui. In conclusione quindi posso tranquillamente affermare che se escludiamo le persone che provano ad intrufolarsi quando sono in fila, quelle che fanno scorrettezze in macchina, gli arroganti che vorrebbero spiegarti come va il mondo, i politici populisti che si accaparrano il consenso mentendo sapendo di mentire, le persone che non si lavano, i miei figli quando finiscono la carta igienica e non mettono il rotolo nuovo, le domeniche quando la Lazio perde, le volte che a Roma piove e il traffico impazzisce, quando gioco il picchetto azzecco tutti i risultati tranne uno, io sono proprio una persona tranquilla che non si arrabbia mai.
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La gola

Dopo la pausa vacanziera tornano i dialoghi con la mia amica Tiffany sui sette vizi capitali. Oggi parliamo di quello dedicato ai golosi!

Lui. “Ci vuole un fisico bestiale, anche per bere e per fumare”, cantava qualche anno Luca Carboni. Un fisico che io non ho! Ecco, questo forse davvero è un vizio che uno si può permettere solo in determinati periodi della vita. Forse il mio amico Dario ricorderà quando ci ingozzavamo con i famosi extraterrestri della madre (una fetta di petto di pollo arrotolata con prosciutto e mozzarella, panata e fritta nell’olio d’oliva calabrese che loro si facevano mandare su da Rossano). O quando per fare uno spuntino ci facevamo quei toast fritti in un panetto di burro, perché il tostapane ci sembrava che li seccasse troppo…

Lei. Mettetemi davanti un buffet e mi vedrete fare tilt, come le slot machine impazzite che girano girano e non si fermano più, capace finanche di fagocitare la tovaglia su cui poggiano le vivande, affermando convinta cose tipo “assaggiala,  non è male,  i rilievi in oro sono croccanti al punto giusto”. In quel momento di perdizione assoluta quali gli aperitivi ai matrimoni, specie per la fila ai fritti, generalmente indosso un caschetto da rugbista e l’andamento combattente di Porthos dei Tre moschettieri perché la guerra è guerra. Una sobria gentil donzella, insomma.

Lui. Insomma una volta effettivamente ero molto tentato a cedere alle lusinghe della gola. Diciamo che è un vizio che forse vorrei avere, ma proprio non ce la faccio. L’ansia per il colesterolo alto, il reflusso esofageo, il nervoso se non mi entrano più i pantaloni dell’anno prima…no, la gola è proprio un vizio che non mi posso più permettere.  O forse, detto in altre parole, sto diventando vecchio. Che non vuol dire automaticamente saggio. Anzi. Solo che capisci meglio i tuoi limiti, valuti quello che puoi fare e quello no. Visto che la quantità ha forti controindicazioni, ripieghi per la qualità. Te la tiri un po’, fai lo snob, con quei piattini belli da vedere e politically correct. Ma dentro di te sai che è un ripiego. E rimpiangi quei bei due etti di spaghetti alla carbonara che ti sparavi senza colpo ferire e senza problemi digestivi qualche anno prima!

Lei. Purtroppo anche io non posso più estrinsecare come vorrei la mia potenza divina  (perché di questo stiamo parlando, di superpoteri del palato) e ho giustamente deviato verso la qualità. Il reflusso – sappiatelo – ha creato dei mostri, tra cui me: i cc.dd. FOODIES. Persone estremamente motivate ma con umani limiti fisici che decidono di cedere alle lusinghe della gola ogni tanto, ma al top. Folli personaggi alla ricerca del miglior hambuger, il miglior gelato, il migliore ristorante, il miglior tortino al cioccolato. Conosco persone fomentate per il tango che girano il mondo inseguendo milonghe. Ecco, noi inseguiamo salamelle (anche formaggi e salsine varie. O Il pomodoro che sa di pomodoro). Eccomi, sono la tossicodipendente del cibo, il Ciaccio dei tempi moderni. E a giudicare da chi ho accanto, sono in buona compagnia… in una vera, peccaminosa, goduriosa spirale senza via d’uscita.

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L’invidia

Il tour per i 7 vizi capitali, in compagnia della splendida Tiffany, fa tappa oggi a casa dell’invidia.

Lui. Io non sono invidioso. Dovessi fare una classifica fra i sette vizi, probabilmente questo lo metterei all’ultimo posto. Forse sono troppo presuntuoso per essere invidioso. O forse, più semplicemente, sono contento di come sono. Un po’ come a sette e mezzo, quando dici “sto”. Non per paura di sballare, ma perché pensi di avere in mano delle belle carte (quattro assi, bada bene di un colore solo!).

Lei. “L’invidia è una gran brutta bestia” ci ripeteva all’infinito la suora delle elementari (ebbene sì, ho fatto le suore; di quelle severissime), inculcandoci sin da piccolini la pericolosità di questo sentimento, di questa fiera che ti monta dentro e ti acceca, portandoti ineluttabilmente alla cattiveria. Fortunatamente non mi appartiene, anzi se possibile é lontano da me anni luce. L’invidia subentra quando pensi che il successo degli altri tolga qualcosa a te, e io in tutta sincerità vedo il nostro percorso così personale, così intrinsecamente segnato da tutte le peculiari esperienze che ogni giorno anche inconsciamente facciamo, da non poter pensare che il successo altrui possa danneggiarmi.

Lui. Che poi in realtà nella vita non è che se arrivano altre carte ci sia il rischio di sballare. Anzi. C’è sempre da migliorare. Ad esempio mi piacerebbe tanto saper suonare uno strumento come si deve. Oppure mi piacerebbe parlare fluentemente le lingue straniere. E poi vorrei tanto imparare a nuotare. Però non posso dire di essere invidioso di Eric Clapton o di Michael Phelps (lo sapete che per medaglie vinte, se fosse una nazione, nel medagliere di tutti i tempi, starebbe nei primi venti paesi nella storia delle Olimpiadi! Ecco, in effetti, se uno dovesse proprio essere invidioso…)

Lei. Ma, confesso. Qualche anno fa mi é capitato di sperimentarla, quella seria, peraltro nei confronti di una persona a cui voglio molto bene che era riuscita dove io avevo fallito, e non lo auguro a nessuno. L’invidia per me é stato dolore. Percepisci che é brutto e ingiusto quello che stai provando e quindi tenti di soffocarlo, ma si impossessa di te in modo subdolo e ti fa perdere in naturalezza. Ti trovi anche a leggere le cose che accadono in una veste oscura (gomblotto!! Clicca qui se sei indignato anche tu!) e a dire frasi che non ti appartengono salvo pentirti il secondo dopo che le hai pronunciate. Perché quella tu non ti piace affatto. Allora l’unica é respirare e allontanarti “a prendere un po’ d’aria”. Riacquisti la vista, la nebbia si dipana, torni a ridere e festeggiare per l’altro (che lo merita peraltro), torni tu. E sei felice.

Lui. Eppure proprio non mi viene di esserlo. Anche, che so, vedendo gente più ricca o apparentemente più fortunata. Sono un po’ fatalista, penso che i conti andrebbero fatti alla fine. E soprattutto conoscendo tutti i dettagli delle storie. Anche quelli meno noti. Mi viene sempre da pensare che dietro le più grandi fortune, a volte si nasconda qualche magagna. Siamo invidiosi di persone che forse stanno molto peggio di noi. Perché la felicità non è un tanto al chilo e a volte per essere felici basta un sorriso di una sconosciuta, una canzone alla radio, un goal al 90.

Lei. Si perché cosa c’é di più bello del partecipare alla gioia degli altri? Come può questo non aggiungere un soffio di felicità anche alla tua di vita? Ammiriamo, non invidiamo. Il mio motto è da sempre (dopo il Chi se ne fott): sorridi che la vita ti sorride. E io veramente rido sempre, rido anche troppo forse. E la mia vita mi piace così com’è, con tutti i casini e le imperfezioni. Certo.. ammetto che eliminerei le donne senza cellulite dalla faccia della terra, ma quella é un’altra storia!

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La lussuria

Per la terza tappa di questa carrellata vi intratteniamo oggi sul vizio più piccante. Perché, se come dice il proverbio, l’ozio è il padre del vizio, chi sarà mai la madre? Lo scopriremo solo leggendo!

Lui. Sono un maniaco sessuale non praticante, diceva il grande Woddy Allen. Ma sono troppo pigro per essere lussurioso. Ci vuole un grande impegno, una determinazione mica da tutti. Bisogna lasciarsi prendere, anzi travolgere da passioni sfrenate, più o meno lecite…ma chi ve lo fa fare, mi verrebbe da chiedere. Ma poi in realtà a chi dovrei chiederlo? Perché in effetti, mi sembra che la lussuria sia un vizio un po’ desueto. Come una vecchia signora un po’ birichina, che con aria maliziosa ti racconta delle sue gesta giovanili, quando “a chi la dava e a chi la prometteva”. Tutte fandonie, ovviamente, ma fa tanto fico raccontarlo, far credere che… Ammettiamolo, la lussuria è molto più millantanta che praticata. Poi oggi, figuriamoci! Con tutto questo virtuale in cui siamo immersi come un ippopotamo in una vasca dello zoo, ma chi volete che sia più davvero lussurioso? La lussuria è diventata un lusso, una cosa un po’ naif, come collezionare francobolli (anche se il must era la collezione di farfalle).

Lei. Devo ammettere una cosa: io ‘sta lussuria non è che la vedo proprio come un vizio capitale. Intendetemi: non è che stia lì a praticare atti impuri dalla mattina alla sera (figuriamoci, sono pigra anch’io) e comunque dobbiamo intenderci sul significato di atto impuro perché la dottrina cattolica classica è piuttosto restrittiva sul punto, ma altre religioni non lo sono affatto (anzi). Ciò non toglie che a me il grave turbamento della ragione, l’incapacità di controllare le proprie passioni.. stanno simpatici. Tutti ci siamo divertiti a studiare i Baccanali. Molti di noi hanno sognato con alcune di queste storie tormentate: io sto dalla parte di Anna Karenina. E di Paolo e Francesca. Come non si fa a non appassionarsi all’ Amor ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona? Passione, pulsione, annebbiamento della vista, fuoco interno che arde. Fiato corto, sguardi che bruciano, parole sussurrate. Vuoi mettere col rincorrere i Pokemon? Vuoi mettere con i Uomini e donne patinati e finti?

Lui.  Eppure, obiettivamente, la lussuria di per sé non dovrebbe essere male. Cioè, voglio dire, è divertente, no? E come giocare una bella partita il giovedì sera è decisamente meglio che stare davanti la tv a sentire uno scemo che dice “sciabolata morbida”, datemi retta voi giovani e diversamente giovani: diamo retta alla ascoltiamo la vecchia signora, che forse cadremo in tentazione, ma saremo sicuramente meno stressati!

Lei. Certo è che se domani mi si presentasse mio marito che, anziché direzionare tutta la sua verve lussuriosa verso di me, avesse deciso di fuggire con Miss. 25-anni-sensualità-agogò qualche problemino ce l’avrei; sicuramente avrei difficoltà ad appassionarmi alla loro di storia (il realtà ce l’avrei anche se costei avesse l’allure di un topo da biblioteca). Ma. Proprio perché “di doman non v’è certezza” … ce lo vogliamo godere questo oggi? Epicureizziamoci! Accettiamo che la signora Lussuria  (la immagino come Jessica Rabbit, eh sìsì) si impossessi di noi ogni tanto e ci travolga con la sua sfrenata passione. Possibilmente, se ce l’abbiamo, cerchiamo di direzionarla verso la persona che amiamo. Perciò, cari miei, anch’io non possono che unirmi al coro qui di sotto.

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L’avarizia

Seconda puntata del viaggio in compagnia con Tiffany lungo i sette vizzi capitali. Oggi vi diciamo la nostra sul vizio di Paperon de Paperoni (ma mica solo lui!)

Lui. Nessuno dirà mai di essere avaro. L’avarizia fa proprio brutto! Forse neanche a noi stessi ammettiamo questo vizio. E’ un po’ come togliersi le caccole dal naso…dai, non si fa! Poi magari in bagno mentre nessuno vede o al semaforo quando siamo distratti. E poi ci ritroviamo lì, con questa roba fra le dita che non sappiamo bene dove mettere (ma sul serio qualcuno la mangia? Dai, no, non ci credo). Ecco, l’avarizia è un po’ così. Nessuno la confessa o la approva, ma poi a volte succede che quando nessuno ti vede o anche solo per distrazione, se siamo onesti con noi stessi, dobbiamo riconoscere che in quella situazione non siamo proprio stati splendidi. Che avremmo potuto fare o dare di più e meglio.

Lei. Giusto. Anche se devo confessare che nella realtà fenomenica da me sperimentata posso riscontrare tendenzialmente 3 figure: (il bello, il brutto e il cattivo. No!) il generoso, il neutro e il tirchio. I generosi – inutile a dirlo – sono persone rare e meravigliose, a cui non si può non volere bene; generalmente si vestono di un sorriso che prende tutto il viso fin su agli occhi e di una carezza di moneta sonante dispensatrice di caffè, regali e felicità. Categoria: non plus ultra. Poi ci sono quelli come me, neutri, senza infamia e senza lode. Non hanno particolari slanci di prodigalità nei confronti del prossimo, ma “sanno fare il loro”, che nella loro ottica corrisponde al giusto: oggi tocca a me, domani a te, è il compleanno offro da bere a tutti, siamo in ferie spendiamo e ci godiamo la vita, dobbiamo comprare casa tagliamo il superfluo e le elargizioni non dovute. Categoria: anonimato puro. E infine ci sono gli avari, gli spilorci, i cc.dd. micragnosi; popolazione – ahimé – altrettanto ben nutrita. Quelli che… quando è ora di pagare il conto si alzano per andare in bagno; quando si anticipa per un regalo non ti ridanno mai i soldi; quando si trovano spalle al muro soffrono in modo corporeo, manifestano sudori freddi, viso pietrificato e movimenti al rallentatore. Categoria: non tollerabile (preferisco le caccole al naso di cui sopra).

Lui. Però davanti agli altri nessuno lo ammetterà, anzi dichiarerà sotto giuramento di essere la persona più generosa del mondo. Tutt’al più diranno di essere oculati. E questa secondo me è una cartina da tornasole per scoprire l’avarizia. Quelli che godono a raccontarti di quanto hanno pagato poco quella cosa, di come hanno risparmiato in quell’altra, di come si spende poco in quel ristorante o in quel negozio, sta tranquillo che hanno qualche problema di avarizia. Che poi la cosa non si ferma certo alle cose. Anzi! Ci sono persone che non hanno proprio il concetto di proprietà, perché troppo poveri o troppo ricchi, ma sono comunque vittime dell’avarizia dei sentimenti. Quelli che non riescono a dare e darsi agli altri, per timore di perdere qualcosa. E di nuovo ecco la paura, che penso sarà una costante in questi sette capitoli. L’avaro ha paura di perdere qualcosa di suo e allora ammassa e mette da parte per i periodi di siccità. Così però non si gode quei beni che tanto vorrebbe preservare. Non coglie l’attimo, tranne poi pentirsene quando forse diventa troppo tardi.

Lei. Ecco, se guardiamo queste tipologie nella loro interrelazione dinamica succede una cosa strana:

  • il neutro prova un fastidio fisico nei confronti dell’avaro (va contro il suo senso di giustizia) e una sorta di venerazione verso il munifico (dona con naturalezza e senza aspettative);
  • il generoso si relaziona bene con l’intermedio e tollera con rassegnazione lo spilorcio. È un inguaribile personaggio positivo;
  • l’avaro è convinto che siano entrambi stupidi: l’uno combatte contro i mulini a vento, l’altro si fa fregare senza dignità.

Ora ditemi: non è che ha ragione Romolo.. hanno davvero solo a che fare con il vile denaro?

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La superbia

Lui. “E’ difficile essere modesti quando si è il migliore”. Questa scritta era una delle tante stronzate massime che facevano bella mostra di sé nella Tolfa che usavo al liceo come zaino per portare i libri (praticamente un ossimoro, una contraddizione in termini: già solo il libro di letteratura era più grosso della Tolfa e quindi eri costretto ad arrangiarti con cinte ed elastici, neanche l’ultimo degli sfollati, ma non divaghiamo). Certamente la modestia non è mai stato il mio forte. Che uno poi dovesse fermarsi a riflettere potrebbe dire “ma che c’hai da essere tanto orgoglioso? Sei alto un cazzo e mezzo, porti gli occhiali, hai le orecchie a sventola, sei stonato come una campana, con le lingue straniere sei un disastro, non sai nuotare, hai un fisico da lanciatore di coriandoli, sei distratto, metereopatico, ipocondriaco, soffri di colite, ti dimentichi tutto, ti basta uno spiffero d’aria per raffreddarti. Insomma, ammettiamolo, sei un mezzo disastro”. In compenso però sono molto simpatico!

Lei. Un solo episodio per descrivere il mio rapporto con la superbia. Giorno dei quadri, ultimo anno di liceo classico. Tiffany ha preso il massimo e, felice, va a fare shopping con sua madre; ad attenderla c’è un’estate piena di rocambolesche avventure. Incontra nel tragitto 3 sue amiche di un’altra scuola, che subito le chiedono come sia andata. Tiffany, in preda al panico, risponde trafelata e anche un po’ a bassa voce: “96”. Sua madre, basita, la fissa con lo sguardo di Figlia mia, ma tu che problema hai? Effettivamente quella cojona che lei aveva partorito con dolore si è appena abbassata il voto per non far sembrare che…

Lui. La capacità di vedere il lato positivo delle cose, l’abilità a saper vendere bene quelle poche o tante qualità, questo forse è la base su cui nasce la mia presunzione. Che poi, come ho già scritto altrove, forse già l’aver aperto un blog, l’idea di avere qualcosa di interessante da scrivere, è già di per sé un bell’indizio di superbia. A chi mai dovrebbe interessare quello che mi frulla per la mente? D’altra parte, a mia parziale discolpa, debbo dire che senza un pizzico di presunzione, ognuno se ne starebbe per i fatti propri, senza dire, né dare, niente al prossimo. E forse neanche così andrebbe bene. Che poi, nonostante la riconosci guardandoti allo specchio (o forse proprio per questo), la superbia è uno di quei difetti più odiosi quando la ritrovi negli altri. Niente di peggio dei palloni gonfiati, di chi si incensa e si autocelebra, sbrodolando meriti e medaglie più o meno autentiche! La cartina di tornasole, secondo me, è l’ironia. Se non si è capaci di ridere di se stessi, si rischia di far ridere gli altri (molto spesso, senza volerlo e senza accorgersene).

Lei. Esiste il problema opposto, che è parimenti un vizio capitale oltre che un enorme handicap. Tutto quello che si fa viene posto ad una continua ed estenuante prova di resistenza e di discredito che fiaccherebbero e farebbero perdere l’entusiasmo persino al ricercatore che ha appena scoperto la cura al cancro. Gli umili-per-forza non solo non si gonfiano fino a esplodere, ma si fanno piccoli piccoli fino a scomparire perché l’obiettivo è galleggiare nella massa, confondersi tra la folla. Salvo poi incazzarsi come tori svizzeri quando i loro meriti – che hanno provveduto prontamente a nascondere in uno scrigno dorato nella fantomatica isola del tesoro – molto ingiustamente non vengono “cercati” da un cacchio di nessuno.

Lui. Diciamo allora che bisognerebbe essere onesti. Con gli altri e con se stessi. Non abbandonarsi alle lamentele e alle paure dell’umiltà e della modestia esagerate (anche quelle sono belle fastidiose!) e neanche credersi chissà chi. Alla fine, paradossalmente, sia chi si crede troppo, sia chi si crede troppo poco, forse ha semplicemente paura di essere quello che è. Ma invece siamo così come siamo, naturalmente belli (!). Manteniamo i piedi per terra. E lo sguardo però sempre bello dritto verso il cielo!

Lei. Non me ne vogliate, dunque, se quando incontro un superbo [generalmente uomo. Ahi, la diversità di genere, il maschio crede in se stesso quasi sempre] ne rimango rapita: quanta ammirazione per la fiducia a volte anche immeritata che quell’individuo ripone su di sé!!! Cari tracotanti, non sarete tanto simpatici ma vi prego fatevi avanti, ché noi modesti-senza-senso abbiamo tanto, tanto da imparare.

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Si – può – fare!!! Ovvero, la nuova avventura letteraria di Tiffany e Romolo

Lui: La cosa è nata così. Lei ha detto, “perché noi due non proviamo a…” ed io ho risposto “e perché no”. Allora lei ha detto “ma come facciamo a…” allora ho risposto “lo famo strano!” Su per giù l’idea di scrivere qualcosa a 4 mani con Tiffany è nata così. E come per le camminate in montagna, dovendo affrontare una erta cima, abbiamo pensato che fare il cammino in due offriva indubbi vantaggi: ci si dà una mano nei momenti di difficoltà, ci si sprona a vicenda quando il sentiero sembra troppo arduo, si cerca di andare avanti se non altro per non far rimanere indietro l’altro. Passando ad una metafora canterina e musicale, non abbiamo provato a suonare due strumenti diversi, ma lo stesso strumento a quattro mani, per dare ognuno il suo tocco, il calibro, l’espressione, cercando di trovare nuove variazioni dello stesso tema. Oppure come in una canzone a due voci: certo a volte diventa complicato il raggiungimento di un equilibrio sonoro, ma quando le due voci si armonizzano nella loro diversità, riescono ad esprimere melodie irraggiungibili da una voce sola.

Lei: Romolo, come sei romantico con queste immagini, non si direbbe quasi che sei un esimio esponente dei “cazzeggi semi-seri da tempo libero”! L’idea del «Ma esistono post a 4 mani?» mi ha subito garbato parecchio; anzi, la verità è che mi ha gasato proprio. Buttato lì, inatteso, subito colto. Un’occasione che sembrava passare per caso fischiettante, quasi cercasse di essere intercettata da qualcuno; era lì per colorare un poco le monadi di WordPress, chiedeva di dare un vestito diverso a un’avventura che si stava già rivelando assai ricca. Due persone, tante esperienze, la stessa melodia, diversi punti di vista. Venere e Marte: a confronto, a conforto, a supporto.

Lui: Il tema che abbiamo scelto sono i sette vizi capitali: Superbia, Avarizia, Lussuria, Invidia, Gola, Ira e Accidia. Li racconteremo dai nostri punti di vista, cercando di sottolineare come li viviamo e come li vediamo, come li affrontiamo e come ci arrendiamo a loro. Perché parlare di vizi e non di virtù? In fondo sono 7 anche quelle. Perché da qualcosa dovevamo pur cominciare. E poi soprattutto perché entrambi siamo convinti che mentre di questi nessuno ne parla e molti li esercitano, di quelle altre molti ne parlano, ma sarebbe senz’altro preferibile praticarle!

Lei: E poi altresì perché siamo entrambi convinti che.. parlare di vizi, anziché di virtù, non è molto più divertente?  Non è vero forse che preferiamo un po’ tutti L’inferno dantesco al Paradiso? Ecco saggiata sin da subito la seconda chiave di lettura della stessa medaglia! Speriamo solo di non tediarvi troppo.