Paese che vai, formaggi che trovi

La carbonara è americana e il parmigiano reggiano è nato in Wisconsin“. So cosa state pensando: no, non sono ubriaco e non è nemmeno il titolo di un articolo di Lercio, bensì di Repubblica di domenica scorsa. Non so quale guru della cucina, evidentemente in preda a chissà quale fungo allucinogeno, abbia formulato questa improponibile teoria. Se vi viene la curiosità, lo trovate qui

Che poi, tralasciando per un attimo i deliri sulla pastasciutta (noto piatto tipicamente americano), come si fa a mettere in dubbio la provenienza di una cosa che ha nel suo stesso nome il riferimento geografico di dove viene prodotto? E allora mi sono detto, è mai possibile che ora anche a livello di minchiate dobbiamo prendere lezione dagli americani? Giammai! Risolleviamo l’onore patrio con 10 improbabili ipotesi sulla vera origine delle cose.

L’insalata russa è ucraina. Questa forse la vera causa del conflitto?

Il pesto alla genovese è sampdoriano. Questo è un colpo basso lo so, ma qualcuno doveva pur dire la verità.

La torre di Pisa, in realtà è di Livorno. Tant’è che pende da quella parte

Per non parlare della Torre Eiffel. Guardatela bene, non è una torre, tutt’al più potrebbe essere un pedone. Resta da capire quanto dovrebbe essere grande la scacchiera, ma si sa, i cugini d’oltralpe sono sempre vittime della loro stessa grandeur.

La Statua della Libertà, in realtà non inneggia la libertà, ma la dittatura, infatti come ce l’ha il braccio? Esatto! Insomma, non è americana, bensì crucca!

I Cavalieri di Malta non erano di Malta e nemmeno cavalieri, perché in realtà andavano a piedi. Erano operai specializzati col bitume e la malta, da qui forse l’errata connotazione geografica.

Le tigri della Malesia erano un gruppo di motociclisti di Zagarolo, neanche a dirlo anche la perla di Labuan era in realtà di Capracotta.

Il cannolo siciliano deriva da un’antica ricetta romana, successivamente elaborata dagli arabi e poi sviluppata dalle abili mani delle suore di clausura di un convento nei pressi di Caltanissetta. Il fatto che delle suore di clausura avrebbero inventato un dolce con quella forma lascia qualche dubbio (o forse no?)

E sempre a proposito di posti, Massa Lombarda è in Emilia Romagna così come Milano Marittima, San Giuliano di Puglia è in Molise e San Mango Piemonte è in Campania, così come Sant’Angelo dei Lombardi. Alla volte quindi è vero che i nomi ingannano.

Sono sicuro che se andassimo a scavare, ci sarebbe da ridire anche sulla reale provenienza dei wurstel, che in realtà ho letto essere cancerogeni. Ma qui non ho conferme, anche perché, ve lo posso assicurare, non li ho mai fumati.

Le dieci cose (minchione) che cambierei delle Olimpiadi

Ancora euforico per i successi dei nostri atleti (neanche nel più pindarico dei voli della fantasia avrei mai creduto di vedere un italiano trionfare sui 100 metri!), volevo rendere omaggio allo spirito olimpico con un bel post sui giochi a cinque cerchi. Poi però mi sono ricordato che già nella precedente edizione mi ero cimentato e così ho pensato di riesumare questo vecchio post, anche perché su per giù, cinque anni dopo, non è che le cose siano tanto diverse. Magari tra tre anni a Parigi mi verrà una nuova ispirazione, ma per il momento, questa lista di cose penso che sia ancora più che valida.

Le Olimpiadi mi piacciono molto. Ma a chi non piacciono? Capitano sempre d’estate, mentre si è in vacanza e quindi già sei ben predisposto verso il mondo. Tirano fuori questi sport sconosciuti, di cui non frega nulla a nessuno se non, appunto, ogni quattro anni, quando tutti si riscoprono esperti di fioretto o di tiro al piattello. E proprio il gusto che si prova quando un italiano trionfa in uno di queste discipline di nicchia e l’impegno che vedi ci mettono, anche quando non capisci il come o il perché, ti fa capire quanto siano belle le Olimpiadi. Lo sport fine a se stesso, fatto solo per il gusto di gareggiare.

E però, anche loro hanno i loro difetti, le cose migliorabili. Da qui la mia classifica minchiona delle 10 cose che cambierei nelle Olimpiadi.

La prima sono le gare in piena notte. Avranno anche il loro fascino, faranno tanto atmosfera, ma io c’ho sonno. Non mi posso svegliare alle 3 per vedere la Pellegrini! Federica, capiscimi: non so cosa fai quando non nuoti e neanche mi interessa poi tanto, ma quando nuoti evita di farlo in piena notte, su bella de casa!

Poi vieterei le interviste post gara. Già questi poveri atleti non è che siano proprio dei fini dicitori, ma se poi vai ad intervistarli in evidente debito di ossigeno, con il sangue concentrato sui muscoli invece che sulla zucca, cosa mai pensi che ti diranno? Ehh, ciao mamma, sono arrivato uno! Poveretti, dai evitiamo.

In generale eliminerei i cinesi. Li farei partecipare perché fanno numero, però poi li squalificherei per non farli vincere. E dai, sono troppi, grazie che vincono sempre! E poi si somigliano. Chi ci dice che sono davvero loro? E se fosse sempre lo stesso che fa diversi sport, chi se ne accorgerebbe? Non c’avevate mai pensato eh!

Invece gli americani li separerei. Che fate, siete 50 stati solo quando vi conviene? Troppo facile! Provate a gareggiare come Texani, Californiani, Connecticutiani e via dicendo e poi vediamo se vincete tutte quelle medaglie!

Venendo agli sport eliminerei il rugby femminile. Belle de’ papà, ma quando eravate piccole…il salto con la corda? La campana? Al limite, ma proprio al limite, palla prigioniera no? Capisco le cicc… le diversamente secche che tirano con l’arco. Passi per le chiatt… per le diversamente smilze che fanno lancio del peso. Ma voi, perché il rugby? Non so se ve l’hai mai confessato qualcuno (magari no) ma non è che vi renda proprio attraenti. Oh, poi fate un po’ come volete.

D’altra parte anche il nuoto sincronizzato maschile. Eh no! Va be’ la parità, va be’ il fascino e l’eleganza, ma tutto ha un limite. Il sincronetto no dai! E su, va a tirare calci a un pallone, sii bravo.

In generale invece, maschile o femminile che sia, lo sport che proprio eliminerei del tutto è il sollevamento pesi. Lo trovo veramente stupido. Ma che senso ha? E poi hai visto che faccia che fanno mentre? E quei strilli che fanno? E mi dicono che tirano fuori anche delle scoreggione fragorose. Te credo! Lasciatevelo dire, siete veramente  bruttissimi. E poi, secondo me, fa pure male. Via!

Per altri sport farei piccole variazioni. Ad esempio: è proprio necessario mettere quelle discese in bicicletta? Non vi sembra un po’ fuori luogo? Ma allora, se proprio volete, dategli due racchette, mettete le bandierine e fategli fare lo slalom.

Qualcuno, magari mentre fa la telecronaca, potrebbe spiegare quando è fallo a pallanuoto e quando no? Se ne danno di santa ragione, botte da orbi e nessuno dice niente, poi magari uno tocca un altro, espulsione. Non è chiaro! Fateci capire anche a noi.

E infine una figura ambivalente. Da una parte la abolirei, d’altra forse invece va preservata. Perché ognuno di noi nella vita si sarà sentito a volte inutile, di peso, fastidioso, oggetto di rancore e di astio. Saputello, sputasentenze e forse troppo chiacchierone, poco partecipe delle altrui traversie. In quei momenti, pensiamo a quello piccoletto della canoa se ne sta bello tranquillo a strillare agli altri omaccioni nerboruti, “oh oh, oh oh, dai su forza”. Ecco, pensiamo a lui.

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Donne è arrivato l’arrotino. Ovvero i dieci pregiudizi che avete su di noi

Dopo 5 anni anni, nel pieno di una pandemia mondiale, poche cose sono rimaste inalterate. A beneficio dei nuovi viaggiatori, ma soprattutto delle nuove viaggiatrici ermeneutiche, ripropongo questi dieci luoghi comuni, queste dieci grandi bugie che raccontate su di noi, poveri maschietti indifesi!

L’omo ha da puzzà. Ma perché? Ma chi l’ha detto? Io odio chi puzza, fossi anche io stesso: quando puzzo mi odio! E poi ho conosciute un sacco di femminucce che in realtà non è che proprio profumassero di viola!

Dimenticate le cose, gli appuntamenti, gli anniversari. E’ vero, o meglio, è parzialmente vero. A volte facciamo finta, così da potervi sorprendere quando meno ve l’aspettate. E poi, insomma, su…un po’ di comprensione, in fondo abbiamo ben altro per la testa. Ad esempio, abbiamo svariati mondi da salvare.

Non trovate le cose. Ecco, su questo voglio fare una netta smentita, perché ci tengo personalmente a precisare che non è assolutamente vero. O meglio, non è colpa nostra. Come dicevo alla già citata Rosa, se non ci fossero gli elfi della casa che di notte si divertono a spostare le cose di qua e di là, noi le troveremmo pure. Non siamo noi che non le troviamo. Sono loro che cambiano di posto senza avvisarci.

Avete paura delle mestruazioni. E qui cito quello che dice Woddy Allen riguardo alla morte: non è che ne ho paura, solo non vorrei essere lì quando arriva.

E collegato a questo, non riuscite a cogliere il nostro stato d’animo. Ma in realtà noi riusciamo a coglierlo benissimo. Se stesse fermo un momento. Il problema è che appena noi pensiamo di aver capito la situazione o il momento, voi avete già cambiato idea. La colpa è vostra, siete troppo volubili.

Con 37 e 1 di febbre vorreste scrivere testamento. Non è proprio così. Ci accontenteremmo di un po’ di comprensione. Non so, una pezza umida sulla fronte e una bella tazza di brodo caldo farebbero piacere.

Vi credete più giovani di quel che siete. Solo perché continuiamo a giocare a calcio o perché ci teniamo a mantenere certe abitudini con gli amici, non è che pensiamo di avere ancora vent’anni. Dovreste apprezzare la nostra coerenza. Trent’anni fa facevamo delle cose, ora continiuamo a farle. O almeno ci proviamo.

Collegato a questo dovreste una volta per tutte smetterla di pensare che i nostri amici siano insopportabili. Non è così! E non è vero che riescono a tirar fuori i nostri peggiori istinti. Il problema è che voi non potete capire le cose che ci uniscono (a dir la verità a volte anche noi stentiamo un po’ a ricordarcele. Ma qualcosa doveva esserci. Ora se ci mettiamo un attimo a pensare, vedrete che ce lo ricordiamo)

Andate dietro a quelle più giovani. Ahhh e qui vi volevo! E allora quando eravamo in quarto ginnasio e noi eravamo lì con i nostri brufoli che vi invitavamo il sabato pomeriggio e voi uscivate con quelli del terzo classico? Eh allora vi andava bene che gli uomini preferivano quelle più piccole! Ora che volete?

Ma poi soprattutto, non è vero che non vi ascoltiamo quando ci parlate. Come fate a pensare che mentre dite qualcosa noi in realtà chissà cosa stiamo pensando? Come fate solo ad immaginarlo? Ma soprattutto perché? Cosa abbiamo mai fatto per farvi pensare una cosa così assurda?

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7 Consigli (più 1) propedeutici a diffondere luce e dolcezza

Dopo il post di un paio di settimane fa (quello sulla Missione che ognuno di noi ha su questa terra), ho avuto apprezzamenti da parte di diversi lettori ermeneutici sul diffondere luce e dolcezza (lo spread sweetness and light) che avevo detto essere la mia personale missione. Qualcun’altro, a onor del vero, ha alzato un sopracciglio, magari con una vena di scetticismo. E poi ci sono state e Tiffany, due lettrici ermeneutiche fra le più assidue, che addirittura chiedevano una vademecum per metterlo in pratica. E come potrei non esaudire la richiesta di due giovin donzelle come loro?

Ma più che un vademecum con una lista di regole da seguire, penso sia più utile una serie di consigli per stabilire una disposizione d’animo preliminare, che è una condizione di possibilità indispensabile per partire. Ed ecco quindi un bell’elenco (vi mancava un post di elenchi, dite la verità!) di consigli propedeutici a diffondere luce e dolcezza.

Prima di tutto, per diffondere luce e dolcezza, nel dubbio, è preferibile avere il rimorso per una cosa fatta che il rimpianto per una cosa non fatta. Insomma, bisogna avere il coraggio di intervenire, di buttarsi. Si rischia di essere un po’ invadenti, di farsi gli affari degli altri, di dare consigli non richiesti. Ma è un rischio inevitabile, che va corso.

Per diffondere luce e dolcezza bisogna poi imparare a perdere tempo. Bisogna avere obiettivi certo, ma senza esserne schiavi, bisogna girovagare ed avere il piacere di fermarsi a parlare, ma soprattutto ad ascoltare.

Collegato al precedente, come corollario, per diffondere luce e dolcezza bisogna essere curiosi. Bisogna avere proprio la voglia di sapere, di conoscere i fatti, le circostanze, le motivazioni. La curiosità è una spinta inesauribile, un po’ come la rubrica “lo sapevi che” della Settimana Enigmistica, non è specificatamente rivolta ad un oggetto, ad una persona o ad un argomento. E’ esistenziale!

Per diffondere luce e dolcezza poi non bisogna essere gelosi delle cose, delle persone, ma neanche delle informazioni. Se conosci un buon posto dove andare a mangiare, un luogo che vale la pena visitare, un osteopata che fa massaggi miracolosi, un bar che prepara cocktail favolosi, devi sentire la necessità di pubblicizzarli, devi diventare un megafono, farti passaparola.

Quindi, per diffondere luce e dolcezza bisogna farsi coinvolgere. Bisogna assumere su di sé i problemi, le preoccupazioni, le aspirazioni altrui e farli propri. Trovare lavoro a qualcuno, far incontrare due cuori solitari, essere il punto di incontro fra la domanda e l’offerta, creare collegamenti o almeno fare di tutto per creare le condizioni di possibilità affinché i collegamenti si creino.

Per diffondere luce e dolcezza bisogna imparare a praticare atti di gentilezza a caso. All’inizio non viene mica automatico: far passare avanti qualcuno che ha un carrello più vuoto del tuo, fermarsi a dare la precedenza in macchina a qualcuno che non ce l’ha, salutare gli sconosciuti. Sapete che a volte basta un sorriso?

Per diffondere luce e dolcezza bisogna poi cercare quanto più possibile di fuggire i cretini, i rancorosi e le persone moleste. Nel mio caso (ma non credo solo nel mio) quelli che puzzano. Insomma, tutti quelli che scatenano in voi gli istinti omicidi: forse sarà pleonastico specificarlo, ma l’omicidio mal si sposa con luce e dolcezza. Quindi evitate, fuggite. C’è una grande saggezza e un’altrettanto grande dignità nella fuga.

E infine un ultimo consiglio propedeutico perché in sé per sé non diffonde nulla, ma diventa indispensabile, perché altrimenti, se non lo si segue, si rischia di rovinare qualsiasi altra disposizione d’animo, mandando a monte tutto quello che abbiamo elencato fin ora. Per diffondere luce e dolcezza non ti devi arrabbiare con gli amici. Ma non ti devi arrabbiare neanche con i nemici. Non ti devi arrabbiare con nessuno, così fai prima e non hai dubbi. Come si fa a non arrabbiarsi? Bisogna avere una memoria corta e imparare a dare il giusto peso alle cose. E poi un goccio di quello buono aiuta. Anzi, datemi retta, non lesinate, anche più di un goccio.

10 cose che ho capito di me

Se lo vuoi rimani
Non c’è molto da dire che non sia già detto
Si dice che domani
Sia il solo posto adatto per un bel ricordo

Sembra ieri che in qualsiasi riunione andassi ero sempre il più giovane. Quando è cominciato a non essere più così? Non me lo ricordo e questo già denota qualcosa. In ogni caso penso che non riuscirò mai ad abituarmi fino in fondo a questo dato di fatto.

Sono un tipo riconoscente. Mi piace riconoscere le gentilezze ricevute. E mi piace tanto anche essere riconosciuto. L’altro giorno ad esempio mi ha riconosciuto una bella fanciulla che non mi vedeva da circa una quarantina d’anni. Sono soddisfazioni. Tralasciamo il fatto che io non sia stato altrettanto pronto, anche questo denota qualcosa.

Mi piace se qualcuno mi riconosce per l’aspetto fisico, ma sopratutto mi piacerebbe essere riconosciuto nei modi di fare, di pensare, nei comportamenti e nelle scelte. E’ vero che la coerenza non è di questo mondo, ma una continuità di fondo, seppur fra una caduta e l’altra, sarebbe quanto mai auspicabile.

Prima ero molto più paziente. E anche più tollerante. Ora sono spesso in modalità “mi state tutti sul cazzo“, anche se debbo dire che almeno non lo da a vedere (non troppo, se non altro). In ogni caso, chi l’ha detto che invecchiando si migliora?

Tu sei uno su cui si può fare affidamento“, resta forse il complimento più bello che abbia mai ricevuto.

In questi quasi trent’anni di lavoro ho avuto capi di qualsiasi tipo e sono andato d’accordo con tutti: donne cazzute, giovani rampanti, attempati paraculi, gente sull’orlo di una crisi di nervi. Forse semplicemente perché l’ansia da competizione non so propria cosa sia.

Non mi appartiene neanche l’ansia da prestazione. So quello che posso dare e quello che no. So che volendo, se non fossi pigro, potrei arrivare persino ad uccidere il Ciciarampa. Ma poi penso che ho imparato a nuotare a cinquant’anni, che altro devo dimostrare?

Figuriamoci quindi se posso avere ansie da felicità. Che sono sempre più convinto, si raggiunge solamente quando si smette di cercarla.

Ci sono tante cose sopravvalutate. I soldi, il successo, il sesso la politica, il novanta percento delle paure. E pure la felicità. Prenderne coscienza seriamente e comportarsi di conseguenza varrebbe un 6 al superenalotto.

Come dicevo nell’ultimo post, restare umili è un impegno quotidiano. Ma d’altra parte le sconfitte della Lazio continuano a prostrami e deprimermi, rovinandomi le giornate più dei cambiamenti climatici dovuti all’inquinamento. Non so cosa voglia dire, ma anche questo penso denoti qualcosa.

 

 

 

Miracolo in Riviera

Solo chi non conosce i romagnoli può stupirsi di quello che sono riusciti a fare.” Così mi diceva un collega che ha lavorato a lungo da quelle parti, sul fatto che in meno di ventiquattro ore la spiaggia di Milano Marittima, devastata da un uragano fuori dal normale, fosse di nuovo in perfetta efficienza. Non posso dire di conoscerli così bene da poter esprimere un giudizio: i romagnoli che ho conosciuto, provando a voler fare una sintesi, mi sono effettivamente sembrati gente determinata, come si dice “gran lavoratori”. Tra l’altro è sempre troppo banale e semplicistico generalizzare in questo modo: probabilmente ci saranno scansafatiche e perdigiorno anche lì, come ci saranno brave persone o malandrini, come ce ne sono ovunque.

Personalmente sono stato a Rimini diverse volte, ma sempre fuori dalla stagione estiva, in occasioni lavorative, e quello che è evidente fin da subito è la predisposizione al contatto umano, la disponibilità verso l’altro, tipica di chi è abituato ad avere a che fare con persone che vengono da fuori. Lavoratori affabili e cortesi, sempre pronti a mettersi a disposizione degli ospiti, fissi o di passaggio che siano.

Tornando alla questione quindi e dando per scontato che senza dubbio il proliferare di attività di commercio e di turismo abbia sviluppato un’intraprendenza e una voglia di lavorare più spiccata rispetto ad altri luoghi, il vero miracolo accaduto in riviera secondo me è un altro. Il vero miracolo è che nessuno se l’è presa col destino cinico e baro per piangersi addosso, nessuno ha chiesto soldi a Romaladrona e soprattutto, il vero miracolo sono i bagnini di Cattolica, di Cervia, di Rimini, che sono andati lì a dare una mano, senza fare troppi proclami.

Insomma il vero miracolo dovrebbe essere la normalità delle cose. Forse questo è il vero segreto dei romagnoli. Lavoratori col sorriso e pronti alla battuta. D’altra parte, se ci pensiamo già mettere insieme nello stesso nome Milano e Marittima…ma dai! Non vi sembra una battuta straordinaria?

Il decalogo dell’amore vero (sempre ammesso che esista per davvero)

You can’t hurry love, no, you’ll just have to wait. She said, love don’t come easy, but it’s a game of give and take.

In questi 5 anni di Blog i post scritti hanno avuto storie e destini differenti. Molti sono legati a commenti sull’attualità e quindi nascono e finiscono presto nel dimenticatoio, altri ogni tanto riemergono dal passato e rivivono in nuovi commenti. E poi ce ne sono alcuni che sembra abbiano quasi una vita propria ed ogni mese hanno un certo numero di lettori, a volte persino superiori ai post appena pubblicati. In assoluto fra tutti, il post con maggiori letture e maggiori consensi è quello sull’amore vero. Un post fortunato, che certamente non esaurisce l’argomento, che in effetti ritorna anche in tanti altri post del blog. Ma allora mi sono chiesto, perché non dargli un seguito? Magari con un bel decalogo in grado di identificare con assoluta certezza le prove del vero amore.

Non gesti estremi, non prove di valore assoluto: piccoli gesti, segnali quotidiani, che però non mentono. Sono bravi tutti a comprare un diamante, ma chi è che porta giù la mondezza ogni sera? Chiunque può regalare dei fiori o sa scrivere ti amo sulla sabbia, ma chi è disposto a cucinarti la trippa, anche se gli fa schifo solo l’odore? Questo intendo. E dopo lunga e attenta riflessione sono in grado di indicarvi quelli che secondo me sono dieci segnali inequivocabili del vero amore

  1. Chi ti ama veramente, non apre l’acqua calda in cucina mentre ti stai facendo la doccia.
  2. Chi ti ama veramente, quando ne rimangono solo due, si mangia il diplomatico e ti lascia l’ultimo bignè con la crema.
  3. Chi ti ama veramente, non lascia il rotolo di carta igienica vuoto in bagno senza aver preso quello nuovo.
  4. Chi ti ama veramente, evita di dire “me lo hai già detto” e ti ascolta per ore come fosse la prima volta.
  5. Chi ti ama veramente, scende in cantina per andare a trovare quel paio di scarpe che non sai che fine abbiano fatto.
  6. Chi ti ama veramente, porta fuori il cane quando piove.
  7. Chi ti ama veramente, si lascia spremere i punti neri senza fiatare.
  8. Chi ti ama veramente, ti avvisa con discrezione quando hai un pezzo di prezzemolo in mezzo ai denti durante una cena.
  9. Chi ti ama veramente, non compra le birre piccole (unica eccezione, se prende la confezione da tre, allora va bene)
  10. Chi ti ama veramente, si ricorda di mettere la registrazione alla puntata di Grey’s quando tu sei fuori a cena.

Il corollario al decalogo, visto che l’amore è un sentimento che si spera reciproco, è questo: se continui ad amarlo, nonostante non rispetti in tutto o anche solo in parte questo decalogo, allora sei tu che lo ami veramente.

10 domande sulla felicità

“A scuola mi domandarono cosa volessi essere da grande nella vita. Io scrissi “Essere felice”. Mi dissero che non avevo capito il compito. Ma forse erano loro che non avevano capito la vita.” (John Lennon)

Si può morire a causa della felicità? Essere felici può essere una colpa? Si può nascondere la felicità, facendo finta che non esiste? La felicità è un diritto/dovere un po’ come il voto? Essere felici vuol dire fare un torto a qualcuno? E voi, di fronte all’infelicità altrui, vi siete mai sentiti colpevoli di essere felici? La felicità degli altri vi provoca mai infelicità? Esattamente al contrario, cosa c’è che può renderci più felici della felicità di chi amiamo? E invece, non pensate che sia impossibile, quasi una contraddizione in termini, essere felici da soli? Ed infine, posto che fino a prova contraria, in qualche modo si deve morire, non pensate sia una bella morte, morire col sorriso sulle labbra?

5 consigli non richiesti per vincere l’ansia da prestazione

L’altro giorno, commentando un post dell’amico Gintoki, si parlava delle conseguenze nefaste che può generare la cosiddetta ansia da prestazione. Quella paura di non farcela che ci fa sbagliare l’ultima interrogazione a scuola, la gara di tiro al piattello, la presentazione davanti al megadirettore generale o più banalmente, l’uscita con la lei o con il lui a cui andiamo dietro. E’ un fatto caratteriale, legato all’autostima, che con il tempo possiamo imparare a controllare, migliorando le nostre performance, o comunque attenuando gli effetti più nefasti. Andando avanti con gli anni, corroborati dai risultati ottenuti, la fiducia in noi stessi infatti dovrebbe tendere ad aumentare.

E per chi invece non ce la fa? Per chi, pur avendo lasciato da tempo i banchi di scuola, ne resta ancora vittima, come fare? Ecco a voi, miei cari lettori ermeneutici, 5 consigli minchioni, non troppo scientifici, per controllare l’ansia e migliorare le nostre prestazioni.

  1. Dare il giusto peso alle cose. Molte volte le ansie che ci possono prendere di fronte ad una qualsiasi prestazione, si vincono restituendo a quest’ultima il giusto valore. Riusciremo a superare questa prova? Bene. Non ci riusciremo? Non muore nessuno!
  2. Non tutti i mali vengono per nuocere. Sapete perché si dice che pestare una merda porti bene? Perché in tempo di guerra, pestare una merda significava non pestare una mina e quindi rimanere vivi. Quindi a volte una sonora bocciatura può essere perfino positiva.
  3. Al di là di tutto, mi sento di affermare che in particolari frangenti, un goccio di quello buono aiuta. Date retta a me, l’alcol fa miracoli e spesso fa diventare cuor di leoni anche i più (apparentemente) pavidi.
  4. Secondo “LoveStory” invecchiando ci si rende conto che amare significa “non dover mai dire mi spiace”. Potrei anche essere d’accordo, forse, chissà (ci sarebbe da scrivere un post solo su questo e non è detto che non lo farò). Più in generale però, secondo me, invecchiando ci si rende conto delle situazioni per quelle che sono: delle grandissime, insostenibili, intollerabili rotture de’ cojoni! Che ti fanno domandare “ma chi ce lo fa fare?” Ecco la domanda decisiva: ne vale la pena? Domandiamoci questo e sicuramente l’ansia precipiterà a livelli molto più sopportabili.
  5. Da ultimo, il consiglio più terapeutico che mi sento di dare, una sorta di aspirina per l’ansia, il rimedio che in qualche modo sintetizza e racchiude tutti gli altri consigli precedenti. E che, lascio volentieri ad una delle mie attrici preferite, che senza dubbio esprime il concetto meglio di come potrei dirvelo io….

Cambierei il finale

In effetti ultimamente questo blog è diventato più pesante di un pollo con i peperoni. E allora, festeggiamo l’arrivo della primavera con un bel post minchione, uno di quelli della serie “le 10 cose che”. Lo spunto me lo dà quelle vicenda che ha fatto molto scalpore un po’ di tempo fa, quando una rivisitazione della Carmen messa in scena a Firenze ha cambiato completamente la trama dell’opera. In questo finale alternativo la protagonista non muore, perché l’intento di questo stravolgimento era proprio quello di mandare un messaggio contro il femminicidio. Qualcuno d’accordo, i più contrari, le solite polemiche che suscitano operazioni come questa. Io mi sono chiesto: ma se fosse possibile, quali sono i 10 finali che cambierei?

Nel calcio non ho dubbi. Sabato 15 maggio 1999, Treossi fischia il rigore (più che evidente, ah! ci fosse stata la Var!) su Salas per fallo di Mirri, la Lazio vince a Firenze e rimane a 2 punti dal Milan. La settimana dopo vinciamo lo scudetto.

Nella musica nella notte fra il 7 e l’8 dicembre 1980 Mark David Chapman ha un attacco di diarrea fulminante. Mentre è seduto sulla tazza del cesso con dolori lancinanti ripensa alla sua idea di uccidere John Lennon e decide invece di darsi alla pesca di altura. Si compra tutta l’attrezzatura necessaria e si trasferisce nel Connecticut. L’ex Beatles continua a scrivere meravigliose canzoni e album indimenticabili fino ai giorni nostri.

In letteratura, Gregor Samsa si sveglia un mattino e scopre di essere diventato un grosso, grasso maiale cecoslovacco. Mentre grufola in salotto una generosa porzione di carrube pensa fra sé e sé, “be’, dai sempre meglio di uno scarafaggio”.

Nei film, grazie al riscaldamento globale il Titanic affonda l’Iceberg che aveva sopra due pinguini abbracciati. Green Peace fa causa al Titanic che deve mettere in cassa integrazione tutti i marinai, che sopravvivono al viaggio, ma poi per non morire di fame chiedono il reddito di cittadinanza al Movimento 5 Stelle.

Nei fumetti farei in modo che nell’ultima battaglia sopra il ponte di Brooklin tra l’Uomo Ragno e Goblin, quest’ultimo invece di uccidere la povera Gwen, in volo nel suo aliante dà una tranvata sul pilone più alto del ponte, dimentica chi è e cosa fa lì vestito da folletto. A quel punto decide di darsi alla musica leggera e si unisce ai Mattia Bazar.

In epica, Ulisse torna a Itaca e scopre che Penelope nel frattempo ha cambiato sesso e fa l’ospite fissa a Uomini e Donne di Maria de Filippi. A quel punto torna da Circe e fugge con lei per un week end d’amore a Zagarolo.

Nelle favole, Geppetto rivela a Pinocchio di averlo comprato da Ikea, ma di aver avuto bisogno della Fata Turchina per montarlo correttamente, perché si era perso le istruzioni. In realtà quello che avrebbe dovuto allungarsi non era proprio il naso, ma pazienza. Pinocchio adirato lo rimanda nella balena.

Nei social network, Zuckerberg ricorda con nostalgia alla sua classe delle superiori e decide di creare un sito dove poterli rincontrare tutti. Ma quella sera in TV danno il Grande Freddo e ripensando a tutti quegli stronzi che lo prendevano per i fondelli per la sua scarsa propensione per gli sport e la pancia prominente cambia obiettivo e decide di creare un sito di incontri per animali domestici che chiama “trova l’anima(le) gemella” e in breve tempo diventa il sito più cliccato al mondo.

In storia, Cristoforo Colombo devia la rotta e fa approdo alle Canarie. Lì, invece di scoprire l’America, scopre le gioie del sesso con una canarina molto avvenente. In seguito gli Incas, i Maya e gli Aztechi arrivano in Spagna e scoprono l’Europa e ne fanno una colonia americana. Le colonie si ribellano, fanno una guerra d’indipendenza e creano gli Stati Uniti d’Europa. Duecent’anni dopo, contrariamente a tutte le previsioni, i cittadini europei eleggono come presidente un tizio con dei capelli buffi che organizza cene eleganti. Perché la storia si può anche cambiare, ma la politica alla fine è sempre la stessa!

Come decima resterebbe da immaginare un finale diverso per qualche episodio che mi riguarda personalmente: se avessi scelto un’altra facoltà, oppure un altro lavoro, se mi fossi innamorato di un’altra donna o avessi comprato un’altra casa, se fossi vissuto in un’altra città o avessi tifato per un’altra squadra. A volte la curiosità ti porta ad immaginare di percorrere strade alternative, per arrivare poi chissà a quale meta diversa: ci si potrebbe scrivere un post a parte. Ma sapete che c’è: alla fine probabilmente ha ragione il buon Cremonini e non cambierei proprio un bel niente!

Buon viaggio
Che sia un’andata o un ritorno
Che sia una vita o solo un giorno
Che sia per sempre o un secondo
L’incanto sarà godersi un po’ la strada
Amore mio comunque vada
Fai le valigie e chiudi le luci di casa
Coraggio lasciare tutto indietro e andare
Partire per ricominciare
Che non c’è niente di più vero di un miraggio
E per quanta strada ancora c’è da fare
Amerai il finale