Uno dei ricordi più nitidi dell’adolescenza. Non ricordo dov’ero quel 2 giugno del 1981, non ricordo cosa stavo facendo, ma come l’anno prima per John Lennon, anche per Rino ricordo benissimo come mi sentii quando seppi la notizia. Lennon però era lontano, era in un altro mondo: lui, New York, per quanto mi fece male, non era assolutamente paragonabile a quello che provai per Rino Gaetano. Che al contrario sentivo vicino, come fosse uno di noi, che abitava a Montesacro, che conosceva le coincidenza del 60 notturno, come me.
Rino Gaetano era un amico più grande. Un poco saggio, un poco matto, sopra le righe, ma su cui potevi fare affidamento. L’incidente in cui perse la vita avvenne all’incrocio della Nomentana con Viale XXI aprile, esattamente il punto in cui prendevo l’autobus tutti i giorni per tornare a casa da scuola. E nei mesi successivi, aspettando il 60 (o il 37, che tanto non passava mai) non potevo non pensare a quello che era successo.
Erano tempi violenti, sono contento che i miei figli siano cresciuti in una Roma diversa: noi avevamo gli scontri in piazza tutti i giorni, le camionette dei Carabinieri, le botte per strada, i lacrimogeni. Valerio Verbano, Angelo Mancia, Paolo Di Nella, ragazzi di destra e di sinistra ammazzati sulle strade del quartiere per ideali che oggi sembrano ancora più assurdi di allora. Anche Rino era cresciuto in quell’aria avvelenata, ma con le sue canzoni era riuscito a raccontare con ironia una realtà diversa, perché probabimente era riuscito a vedere oltre. Per questo le sue canzoni sembrano scritte solo qualche giorno fa: sono attuali anche oggi perché lui convinto da molte lune dell’inutilità irreversibile del tempo, sapeva raccontava la realtà nella sua essenzialità.
Rispetto ad altri cantautori “impegnati” le sue canzoni sembravano più ingenue, senza contenuti profondi, ma proprio quella leggerezza (che era la grande assente fra le discussioni di allora), era la sua ricchezza, la capacità di raccontare la verità dei ragazzi di allora e di ogni tempo. Una verità che non era nè di destra, né di sinistra, che non era di Mario e non era di Gino, forse una verità sorella di un figlio unico. La verità di un Paese diviso, più nero nel viso, più rosso d’amore. Una verità che non crede che Chinaglia (ma oggi forse diremmo Ronaldo) possa passare al Frosinone. La verità che Rino aveva capito per primo è che, al di sopra tutto, il cielo è sempre più blu!