Sangue, merda, inferno e redenzione

C’è chi costruisce palazzi, chi difende innocenti, chi fa quadrare i conti e chi insegna il teorema di Euclide o la sintassi greca. C’è chi vende frutta e verdura, chi scrive sul giornale, chi programma computer, chi fa le multe a chi è in divieto di sosta e chi ripara impianti elettrici. C’è chi governa processi, chi fa conference call, chi consegna pacchi, chi chiama gente al telefono e chi affitta case. C’è chi si alza di notte per fare il pane e chi per guidare un taxi, chi pulisce condomini e chi gioca in borsa. I più fortunati tirano calci ad un pallone e diventano ricchi.

E poi c’è chi salva le vite. Chi riaddrizza le ossa e ricuce le ferite. E c’è pure chi cambia il catetere o il pannolone di qualcun altro. Sangue e merda. C’è chi ha scelto di stare sempre e solo con chi sta male, con chi soffre, con chi vuole guarire. C’è chi sceglie di di vivere all’inferno. Sperando sempre in una redenzione.

Sono 5 mesi che andiamo avanti ed indietro dal Pertini, insieme alla mia vecchia quercia. Tra corse al pronto soccorso, ricoveri, dimissioni e nuovi ricoveri e nuove dimissioni, trasfusioni, terapie intensive, camici, guanti, copriscarpe, lava le mani, disinfatta tutto. E poi l’intervento, la grande paura e ora un’infezione. Delle cavallette si sa nulla? Volevo scrivere questo post come sospiro di sollievo, per dire che anche stavolta ne eravamo usciti.

Ma invece forse è giusto scriverlo ora, che ancora siamo lì. Fra la possibilità di una guarigione e la paura di una caduta irreparabile. E’ giusto scriverlo ora che ancora non è stata scritta la parola fine. Perché comunque vada a finire mi sento di ringraziare quelle donne e quegli uomini che hanno scelto di essere lì, accanto a chi soffre, tutti i giorni della loro vita. Dovremmo essergli grati tutti.

Come scrivevo anche in un altro post qualche tempo fa, non devo dimenticarli. Quando penserò di aver fatto qualcosa di importante, quando sarò orgoglioso dei risultati raggiunti, quando sarò soddisfatto del mio lavoro, quando penserò di essere importante, devo ricordarmi che in quello stesso momento c’è gente che ha compiuto un miracolo. Che ha infilato le mani dentro le viscere di uno sconosciuto, nel sangue e nella merda e gli ha salvato la vita.

E allo stesso modo, quando sarò depresso e avvilito per non aver raggiunto i miei obiettivi, quando sarò arrabbiato e deluso, quando avrò la tentazione di deprimermi per i miei fallimenti, devo ricordarmi che queste donne e questi uomini devono fare i conti con l’ineluttabile. Devono arrendersi e accettare che nonostante ce l’abbiano messa tutta, nonostante gli sforzi, nonostante l’impegno, quella volta non ce l’hanno fatta. E qualcuno è morto. Ma loro domani saranno ancora lì, fra il sangue e la merda, fra l’inferno e la redenzione.

E quindi, mentre spero che la mia quercia ce la faccia anche stavolta, mi viene in mente il mio amico Rino. Perché sopra tutto questo, non possiamo dimenticare che ognuno di noi è sotto lo stesso cielo. E il cielo, grazie a Dio, nonostante tutto, è sempre più blu.

15 thoughts on “Sangue, merda, inferno e redenzione

  1. dovremmo pensarci ogni giorno tutti, essere piu’ umili e non prendere sempre tutto per scontato.

  2. Per mesi ho frequentato anch’io ospedali e sale d’attesa perché una mia cara amica ha un brutto male. E qualche giorno fa pensavo esattamente le stesse cose che hai scritto tu. Pensavo che ci sono posti dove anche l’aria sa di dolore e oncologia è uno di quelli. Ma in quei posti ci sono anche uomini e donne che col dolore ci lavorano tutti i giorni e che indossano un camice bianco che stride un po’ con tutto lo schifo con cui hanno a che fare. Ma che non smettono mai di regalare speranze.
    Quindi spero che la tua quercia si rimetta e che vada tutto bene.
    Ti abbraccio forte e il mio non è solo un abbraccio virtuale. Ma questo lo sai già. 🤗

  3. Parole sacrosante che abbraccio cercando di contenere anche il fusto di questa tua quercia. Attraverso lo schermo e questi segni che lo imbrattano spero di arrivi il mio calore.

  4. Intanto, un abbraccio (a te) e un in bocca al lupo (alla quercia). Chi ha frequentato almeno una volta quei luoghi sa quanto sia difficile anche per chi accompagna. Quanto ai camici per qualcuno è missione, per qualcun altro un lavoro. I primi li porti nel cuore, tutti quanti però hanno il mio rispetto perché avere a che fare ogni giorno con sangue, merda e dolore è un peso non da poco.

  5. Romolo un grande in bocca al lupo per la tua vecchia quercia! E mi unisco a questo ringraziamento visto che anche io ho bazzicato molto ed è commovente come tanti di loro tutti i giorni svolgono questa professione.. che devo dire, è quasi una vocazione. 😘

  6. Caro Romolo, questi angeli, che capiscono la sacralita’ del sangue e della merda, io li chiamo “i doni” del mio cancro. Un abbraccio a te e alla tua quercia, con i rami tesi sotto lo stesso cielo.

  7. Auguri di completa guarigione alla tua vecchia quercia e infinita gratitudine a chi, in quei luoghi di dolore, sporcandosi le maniche e, probabilmente, ingoiando lacrime e dolore, donano assistenza, conforto, speranza.

    Gli angeli sono tra di noi.

  8. Post scritto col cuore, prima di tutto spero che la “vecchia quercia ” ce l’abbia fatta. Poi onore a quei medici e paramedici che vanno avanti cercando sempre di fare del loro meglio. Nel mio post ho voluto evidenziare delle mancanze gravi che non devono accadere mai. Se non mi fossi fatta ricoverare a Cisanello in medicina d’urgenza, forse oggi non sarei qua. Tre volte sono andata a Livorno e per tre volte sono stata dimessa così come ero entrata. Eppure stavo morendo….La mia sarà stata solo sfortuna, ma quando si tratta di salute, la sfortuna può voler dire morire. Questi due brutti fatti di malasanità, ho voluto sottolinearli perchè sono coswìe che non dovrebbero mai accadere. Chi lavora con le persone, malate per giunta, non deve perdere l’umanità.

  9. Sì, ancora regge (veleggia verso i 93), grazie anche a quei medici. Hai fatto bene a sottolineare quanto hai scritto: la responsabilità che hanno dovrebbe (e per fortuna molte volte è così) imporre il massimo impegno e come dici tu il senso di umanità

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