C’è un lungo periodo della vita in cui tutti noi (chi più chi meno), cerchiamo di essere accettati dagli altri, ci sforziamo di entrare a far parte di un qualcosa più grande di noi, un gruppo, una squadra, una comitiva. In questo modo ricerchiamo il consenso, il riconoscimento del nostro modo di essere. Per fare questo modelliamo le nostre caratteristiche, ci sforziamo di limare alcuni aspetti per far sì che gli altri apprezzino le nostre doti o almeno quelle che pensiamo essere tali.
Una volta entrati far parte del gruppo, il traguardo successivo è renderci indispensabili: nessuno lo è fino in fondo, ma in alcuni contesti (lavorativi, familiari) siamo chiamati a diventare punti centrali, voci determinanti nelle decisioni. E’ un percorso di crescita e di maturazione in cui il confronto con gli altri, il reciproco riconoscimento, forma la nostra identità, l’idea che abbiamo di noi stessi, che coinvolge ed è coinvolta dall’idea che gli altri hanno di noi.
In un percorso sano tutto questo accade senza arrivare ad eccessi parossistici e ci porta ad essere persone mature, che stanno bene con gli altri, perché stanno bene con se stessi. Che hanno bisogno della compagnia delle altre persone, nello stesso modo in cui gli altri sentono il bisogno della nostra. Dipendiamo dagli altri e nello stesso modo gli altri dipendono da noi. Succede ovunque. Pensiamo ai figli. Quanto dipendono da noi (non solo economicamente) e quanto devono crescere al punto da essere indipendenti. Pensiamo ai genitori. Quanto dipendiamo da loro e quanto siamo riusciti, crescendo, a renderci autonomi da loro. E col partner, con il compagno/a di una vita? E così arrivo alla conclusione del discorso.
Proprio in questi giorni infatti stavo pensando che in fondo questo percorso (vogliamo chiamarlo maturazione?) dovrebbe arrivare al punto da renderci superflui. Non nel significato dispregiativo del termine, ma in quello letterale, in cui l’accento deve cadere sul prefisso “super”. Superflui non nel senso di inutili o ridondanti, ma nel senso del “qualcosa in più”. La relazione più matura che possiamo arrivare ad avere quindi non è quella della necessità. Dovremmo riuscire a liberarci da questa smania. Dovremmo riuscire a liberarci noi e a liberare gli altri.
Per quanto possiamo tenere ad una persona, per quanto possa essere importante per noi e noi per lei, non è indispensabile come l’aria che respiriamo. Non siamo necessari agli altri nello stesso modo in cui non lo sono gli altri per noi. Ma possiamo e forse dobbiamo diventare super-flui. Perché nel loro tempo, fra tutte le cose necessarie, noi dobbiamo diventare quel qualcosa in più. Che arricchisce, che dà gioia anche se si può vivere senza, che si sceglie ogni giorno non perché sia indispensabile, ma molto di più, perché ci fa piacere, perché ci rende felici. In fondo, anche altrove tentavo di spiegarlo: la felicità è superflua, ma proprio per questo non dobbiamo smettere di cercarla.

Qualche passaggio un po’ forzato, ma d’accordo sul concetto di fondo … dobbiamo (siamo..?) essere quel quid in più dello stock di necessità..
R
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Mi piacciono le tue riflessioni.
E’ quello che sto facendo/ho fatto con i miei figli, salvo poi, nel momento in cui mi accorgo di star diventando superflua, di farmi cogliere non solo dalla soddisfazione di esserci riuscita, ma dalla tristezza, dalla nostalgia del tempo in cui servivo a qualcosa
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Anche perché se ci si pensa, guardandolo dal lato opposto, diventare indispensabili per qualcuno significa che quel qualcuno esiste soltanto in funzione di noi, e questo sminuisce la sua stessa persona. Anche se credo che quel desiderio lo provino un po’ tutti, e spesso venga anche confuso con con l’affetto, il bisogno di sentirsi, il peso che diamo ai loro consigli…
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L’ultima parte, dovrei tenerla stampata sotto gli occhi per ricordarmi ogni attimo ogni parola…. Grazie Romolo per questa bella riflessione!!!💚💙🥰
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Sì, diventare superflui può dare le vertigini. Ma la gioia autentica di essere scelti è cercati, anche quando non sei più necessario é la vera meraviglia
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🩵🙏🩵🙏🩵
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Buona serata, Romolo!
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Anche a te cara Luisa!
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Bella riflessione che cade a fagiolo, specie in questi miei giorni.
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Grazie Cate, mi fa piacere!
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🙏🤗🙏
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