Avatar di Sconosciuto

Gennaio, la Tiburtina e un ricordo indimenticabile

E’ gennaio. Che tu pensi oddio, ma non finisce mai e invece finisce anche lui. Ti prende nel pieno dell’inverno e ti porta alle soglie della stagione nuova, che tu pensi oddio non arriva mai e invece arriva. Sono i lavori sulla Tiburtina. Che fanno talmente parte del paesaggio che pensi, sul serio questi non finiranno mai e invece un giorno passi trovi tutto stranamente libero e ti chiedi se per caso hai sbagliato strada. C’è quello sceneggiato in TV che ti guarda tutte le sere mentre stai mangiando e ormai ti fa compagnia al punto che quando non c’è quasi ti passa l’appetito.

E’ il tempo che passa e smuove anche l’apparente inamovibile, che in un battito d’ali cambia radicalmente anche quello che c’era sempre stato e pensavi non finisse più. Ieri se n’è andato il fratello grande del mio papà: aveva 102 anni, non ha mai saputo che il suo “fratellino” non c’era più, non abbiamo voluto angustiarlo e continuavamo a raccontargli che papà era in ospedale e non poteva sentirlo. Chissà se ci ha creduto! Era lucido e in salute, per quanto possibile a quell’età: una vera forza della natura, campione di pattini a rotelle e hokey su pista da giovane, ballerino, pescatore, camerman ufficiale della famiglia in tutti gli eventi festaioli. Aveva fatto la guerra in Russia, dopo il 43 era tornato a piedi da Leopoli, sfuggendo ai russi per miracolo, arrivando a Roma tre mesi dopo, quando pesava meno di 50 chili. Una vitalità travolgente, un allegria contagiosa, innamorato della vita nonostante gli acciacchi ed un glaucoma che da qualche anno lo aveva reso quasi totalmente cieco.

Passa la scena di questo mondo è vero, niente è realmente immune al cambiamento e ogni cosa è destinata ad avere un termine. Ma allo stesso tempo possiamo anche dire che certe cose non cambiano mai e continuano ad esserci anche quando non ci sono più. Si tratta di assumere un’altra prospettiva, di leggere le cose in maniera più articolata e custodire nel cuore quello che il tempo, le situazioni e gli altri ci hanno lasciato. Per farlo diventare parte di noi e non farlo finire mai.

Avatar di Sconosciuto

Fra certezze e mancanze

Abbiamo poche certezze in questa vita. Voglio dire, a parte i lavori sulla Tiburtina, su cos’altro potete scommettere senza tema di smentita che le cose saranno così e non in un altro modo? Noi vorremmo avere sicurezze, vorremmo strade dritte avanti a noi, che ci permettano di guardare oltre e quindi pianificare le cose, senza sorprese. Ma oramai lo sappiamo, l’unica cosa che va secondo i piani è l’ascensore. E noi, ahimé, non siamo ascensori. E neanche le nostre vite.

Per paradossale che sia, una delle certezze su cu possiamo contare (oltre i già citati lavori stradali sulla Tiburtina) sono le mancanze. Le cose, le persone, le situazioni che avevamo e non abbiamo più creano un vuoto, una mancanza appunto. E più tenevamo a loro, più questa mancanza si fa sentire, ci fa male, ci crea disagio. Su questo non ci saranno sorprese: se perdi qualcuno a cui tieni, puoi star certo che ti mancherà. Ovviamente questa è una certezza inutile! Non è una certezza su cui potersi poggiare, su cui costruire o pianificare un futuro. Anzi, potrebbe diventare una certezza ansiogena. E però…

E però, questa insana certezza, ne contiene un’altra. Più piccola, più nascosta, più fragile forse, ma in realtà altrettanto inossidabile. La certezza della mancanza contiene in sé la certezza di quanto tieni a quella cosa/situazione/persona che hai perduto, perché proprio a partire dalla sua mancanza (non solo da quella, ovvio) hai la certezza del suo valore per te. E se ci tieni veramente, nulla e nessuno potrà mai realmente portartela via. Non la perderai mai perché questa certezza resterà sempre con te.

Quando la vita è dolce ringrazia e festeggia. E quando la vita è amara ringrazia e cresci (Shauna Niequist)