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Gli occhi di Bette Davis, Pedro e la bellezza noumenica

Io non lo so davvero come fossero questi benedetti occhi di Bette Davies. Diciamo pure che erano belli. Ma certo mai quanto la canzone di Kim Carnes, che è oggettivamente bella. Non ci possono essere discussioni, non è uno di quegli argomenti, che so, come il tempo della cottura della pasta, che si prestano ad interpretazioni. A qualcuno piace al dente, ma quanto al dente? Dov’è che finisce la cottura al dente e inizia la pasta scotta? Già in casa è sempre una discussione, figuriamoci se dovessimo allargare il campo. Ognuno ha il suo tempo ideale di cottura.

Bette Davies Eyes no. E’ bella in sé. Una volta avrei detto anche il prosciutto crudo. A chi è che non piace il prosciutto crudo? Dolce, stagionato, io ne mangerei a quintali. Eppure non è così. Alla mia dolce metà non le piace. Una cosa che dopo 40 anni stento a comprendere. Posso capire la coratella con i carciofi. Ne vado pazzo, ma arrivo ad ammettere che possa anche non piacere. Ma il prosciutto crudo? Va be’, ma non divaghiamo. Bette Davies Eyes è una sicurezza. E’ vecchia, ma sempre coinvolgente, ti dà quella carica, ti suscita quelle emozioni, ti trascina con sé in orizzonti lontani, con un ritmo che ti prende e non ti lascia più. Un po’ come Pedro. Ecco sì, forse giusto come un goal di Pedro.