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Le Olimpiadi sono belle ma non ci vivrei

Una volta c’erano le cerimonie inaugurali delle Olimpiadi. Che quando si svolgono d’altra parte del mondo ti fanno stare sveglio ad orari improbabili. Stavolta no, erano dietro casa, peccato che invece degli atleti si parlava soprattutto della grandeur francese, con annessa ultima cena in salsa trans. Dove trans sta per transaminasi. Da record olimpico, quelle degli atleti dopo un bagnetto sulla Senna.

Ma l’importante si sa è partecipare, lo diceva anche Gaber, anzi lo cantava: libertà non è stare sopra un albero e nemmeno il volo di un moscone, libertà è partecipazione. Non quando arrivi quarto e vinci la medaglia di legno, perché poi arriva una vecchia spadaccina inacidita che ti spiega che invece conta solo vincere. “Vincerè e vinceremo“! Anche se qualcuno invece preferisce defilarsi, perché si accorge che i pugni fanno male. Non tanto male come l’acqua della Senna, ma comunque anche quelli rischiano di aumentare il mal di fegato. D’altra parte si sa, le donne non vanno colpite nemmeno con un fiore, perché mai dovrebbero prendersi a pugni?

E meno male che almeno alle Olimpiadi si spara solo ai piattelli, perché in giro c’è invece chi spara a ben altro. Che poi mi sono sempre chiesto, ma quelli che fanno questi sport particolari, che sparano, tirano con l’arco, vanno su barchette improbabili, volteggiano su strani attrezzi, nei quattro anni tra un’Olimpiade e un’altra, che fanno? Dove stanno? Come passano le domeniche? Chissà. Però forse almeno loro non devono stare in pena ogni estate per la campagna acquisti della Lazio. Non perdono tempo a insultare Lotito e si potranno godere la prossima cerimonia inaugurale delle Olimpiadi.