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La lezione di Benedetta

Le vittorie hanno tutte gli occhi azzurri e i capelli biondi, diceva qualche tempo fa Delio Rossi. Urli di gioia, braccia al cielo, la vittoria ci riempie di soddisfazione, ci esalta, fa salite l’adrenalina e l’autostima, con le endorfine a mille e la voglia che quel momento non passi mai e che il tempo possa fermarsi per un po’ per farci assaporare fino in fondo quella sensazione di pienezza.

E cosa c’è di più esaltante di una vittoria olimpica? La vittoria dopo fatiche, allenamenti, sudore, delusioni. Quando finalmente ti rendi conto che sì, valeva la pena spendere tutte le tue energie ed il tuo tempo puntando a quell’obiettivo. Ce l’hai fatta, sei arrivato alla vetta, puoi toccare il cielo con un dito perché sei il numero uno. We are the Champions, No Time for Losers. Non c’è tempo per i perdenti, non c’è spazio per loro, comprimari, figuranti destinati a lasciare la scena al vincitore, il palco è tutto per lui.

Quante volte in questi giorni vedremo ripetersi l’esaltazione dei vincitori, la loro glorificazione, chi li adulerà, chi vorrà spiegarci i perché ed i per come delle loro strategie vincenti. Foto ufficiali, selfie con le medaglie in bocca, la Dea Nike avrà come di consueto un lungo omaggio dai suoi seguaci.

Per questo invece mi rimarranno negli occhi e nel cuore le lacrime di Benedetta Pilato, la nostra nuotatrice, rimasta fuori dal podio per un centesimo di secondo. Per arrivare a capire cosa significa un centesimo di secondo bisogna considerare che un battito di ciglia va da 3 a 4 decimi di secondo, quindi tra le 30 e le 40 volte più lento. E nonostante questo Benedetta piangeva di felicità, una straripante felicità, perché come ha dichiarato quello è stato “il giorno più bello della mia vita“.

C’è chi ha avuto da ridire, qualcuno ha detto che quella esaltazione della sconfitta era surreale ed assurda. Ma io non ho visto un’atleta sconfitta. Non avrà il suo momento di gloria, non avrà una medaglia da immortalare in un selfie (ma sono certo che il futuro gliene riserverà molte), ma io ho visto una splendida ragazza di diciannove anni che ci ha dato una lezione fondamentale. In un mondo ultra competitivo come il nostro, ci ha insegnato che il percorso è più importante della meta e che viene sconfitto solo chi non ci prova fino in fondo. Le sue lacrime di gioia ci dicono che le vere vittorie si raggiungono superando se stessi, più che gli altri. Perché è proprio vero che alla fine, siamo i limiti che superiamo.