In questa settimana, sono rimasto atterrito dalla folle storia dei due trentenni romani che non sapendo bene come passare la serata hanno ammazzato un poveraccio qualsiasi, così, per vedere l’effetto che fa.
E’ vero che atrocità come queste purtroppo se ne sono già viste e anche altre ben peggiori forse. La storia ci dice che gli uomini hanno costruito lager e fatto esperimenti genetici su bambini innocenti. Ancora oggi esiste un fiorente mercato di organi umani e un altrettanto florido turismo sessuale. Fra tutti gli esseri viventi, ci vantiamo di essere il culmine della scala evolutiva. Siamo gli unici che hanno l’autocoscienza, che cercano un significato alla vita. Eppure siamo l’unico animale che uccide per il gusto di farlo, l’unico che uccide per noia. A pensarci bene siamo anche l’unico animale che deliberatamente a volte rifiuta la vita.
Ma il fatto che sia successo qui, in mezzo a noi, nella mia città, mi lascia senza parole. Hanno vent’anni meno di me, non dico che potrebbero essere miei figli, ma poco ci manca. Com’è possibile che siamo arrivati a questo punto? In che razza di società viviamo per aver reso possibile una simile infamia? Uscire la sera in cerca di qualcuno da uccidere. Ma che infanzia hanno avuto, che insegnanti hanno avuto, quali amicizie, che gli dicevano gli adulti vicino a loro quando erano piccoli? E i loro genitori? Come si sentono dopo aver creato dei mostri come quelli?
Purtroppo questo è l’uomo, questo è l’abisso in cui possiamo precipitare.
Poi, nello stesso telegiornale, la storia tenerissima di un pinguino che da cinque anni percorre ottomila chilometri per tornare ogni anno nella stessa spiaggia, dallo stesso pescatore che gli ha salvato la vita. C’è poco altro da aggiungere. Anzi forse l’unica cosa sensata da aggiungere è una frase dello scrittore Robert A. Heinleih (forse non a caso, scrittore sopratuttto di fantascienza): Il mio obiettivo nella vita è diventare la persona che il mio cane crede che io sia.
