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I 10 modi di fare gli auguri

Tempo di Natale, prossimi alla fine dell’anno, tempo di auguri. Un tempo c’erano i bigliettini e le telefonate, poi c’è stato il passaggio con le email, ora vanno alla grande i video su Whatsapp. Cambiano i mezzi, restano però alcune tipologie ben definite. E così ritiro su questo post con una bella classifica dei 10 modi di fare gli auguri. Ognuno si scelga il suo!

Cordiali auguri. Che si contrappongo a quelli Distinti. Un po’ la differenza fra un bacio e una stretta di mano. Ma si differenziano anche da quelli scortesi: tipo quando fai gli auguri, ma in realtà stai pensando “mavattenafanc….”. Melensi

Auguri sinceri. Ah perché vorreste farmi credere che in realtà ci stanno pure quelli falsi? Ma falsi tipo le monete o taroccati tipo le borse che si comprano sulla spiaggi? Diffidate gente, diffidate! Farisaici

Tante care cose. Questo è come una canzoncina, un augurio che va detto tutto di filato: tantecarecose, come uno scioglilingua, come tracannare un bibita dissetante. Resta da capire quali siano ‘ste cose che si augurano. Però sappiamo che sono tante. E non sono a buon mercato. Cantilenati

Anche a te. Tu sei lì che ti scervelli tirando fuori metafore ardite, ricorrendo ai versi dei poeti, ce la metti tutta per raggiungere vette di originalità, tenerezza, amore e quell’altro che fa? Il muro. Come quando da ragazzini giocavamo a in cortile con una palla e una racchetta. Tennistici

Anche a te e famiglia. Una variante tipicamente italica. E chi è che non tiene famiglia! Però mi viene un dubbio: ma quale famiglia? E soprattutto, fino a che grado di parentela vanno estesi? Anche alla zia di Bergamo e la cognata di Verona? Consanguinei

Auguroni. Me li immagino belli grassi, con la pappagorgia e una fetta di pandoro trasudante burro e zucchero a velo. Ma sì, fai vedere che esageriamo, mica siamo qui a lesinare auguri! Adiposi

Augurissimi. Questa è una variante del precedente, ma con una forma più snella, più allungata. Il modello spider, per intenderci. Superlativi

Sentiti auguri. Quindi non visti. E nemmeno assaggiati, o odorati: uditivi! Infatti vengono bene se accompagnati da lukulele e canzoncine natalizie. Sensoriali

Auguri di cuore. certo, auguri di fegato non li ho mai sentiti. Oppure che so, auguri di reni…potrebbero essere varianti originali. Corporali

Auguri affettuosi. Sono quelli che da piccolo aborrivo: quelli con il bacio sulla guancia a labbra bagnate, che mi faceva fuggire da nonne e zie neanche avessi avuto paura di prendere l’erpes. Sdolcinati

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Assaporando Natale

Il colore del Natale è azzurro, azzurro e giallo come la mia lavalamp, con le bolle che salgono e scendono, creano e disfano, girano e tornano. Sempre uguali e sempre nuove, un po’ come le nostre giornate, un po’ come tutti i Natali. Anche se questo non potrà essere come gli altri, perché è il primo senza il mio papà e mi manca ed insieme lo sento accanto, come e più di prima.

L’odore di Natale è appena accennato, una traccia tenue ma assolutamente identificabile, che non puoi confondere con nessun altra. fa parte dell’odore di casa, dei ricordi più antichi, come quello dei mobili, delle cose, dei vestiti, qualcosa che appartiene al passato, ma che basta un attimo per far tornare nel presente. Un profumo che hai paura di dimenticare, ma che in realtà fa parte di te. Come l’ansia e la gioia della scoperta dei regali, il saccone di Juta che Babbo Natale immancabilmente lasciava in sala da pranzo, vicino ai biscotti sbriciolati e la tazza vuota della colazione che gli avevamo lasciato noi. L’odore di Natale è quello del sacco di Juta.

Il tocco di questo Natale è ruvido come la corteccia di un albero. La corteccia di un tronco altissimo e grande, che non riesci a circondare neanche allargando tutte le braccia. Grande e solido, che ti ci puoi appoggiare e scivolando fino a terra senti quel raschiamento piacevole, che aiuta a mandare via il prurito e il fastidio di tutto quello che ti provoca malessere. E’ proprio così che mi piacerebbe appoggiarmi a questo Natale, per grattare via la pelle vecchia ed insieme tutte le scorie di quest’anno difficile.

Il gusto del Natale è un sapore antico, che torna dopo tanto tempo. Durante il pranzo di Natale, fra gli antipasti, mamma preparava sempre questi fagioli al sugo. A memoria mia non li ho mai mangiati al di fuori del giorno di Natale. Tutti gli altri giorni dell’anno sparivano in un limbo, per riapparire uguali a se stessi l’anno dopo. Sono grossi e bianchi, al mercato quando ho cercato di spiegare cosa volessi, la fruttivendola mi ha detto “ah sì, i ciavattoni!”. Ecco, quest’anno ritornano i ciavattoni. Ma solo per un giorno, poi rispariranno!

Anche il suono del Natale è un ritorno al passato. Quest’anno niente Michael Bublè (Fuck Christmas! come ha detto lui stesso a febbraio quando siamo a sentirlo in concerto ad Assago), niente Abba che hanno accompagnato gli ultimi Natali. Quest’anno la musica che mi risuona dentro sono i Pink Floyd: un gruppo che ho amato moltissimo e poi ho lasciato da parte. Per molto tempo non sono più riuscito ad ascoltarli, per la tristezza che mi facevano tornare su. Forse serviva proprio un Natale un po’ malinconico come questo per farmici riappacificare.

In definitiva, cari lettori ermeneutici, vi auguro di assaporare questo Natale, questo periodo di stacco dalla quotidianità, in tutte le sfaccettature possibili!