Noi non siamo fortunati con le partenze! Come già ci successe nel nostro viaggio a Londra, arrivati a Fiumicino scopriamo che il volo è stato spostato di cinque ore: invece di arrivare alle 23, arriveremo all’Avana alle 4 del mattino. Perderemo qualche ora di sonno, ma se non altro il programma resta inalterato. Il volo Blu Panorama è lungo, noioso, scomodissimo, ma senza sorprese. L’unica paura me la prendo ogni volta che il cubano chiattone seduto avanti a me abbassa lo schienale, perché potrebbe sembrare a tutti gli effetti un approccio erotico. Il problema vero è che quando sei in aereo il tempo non vola…va be’, non lo dico più.
Comunque tra una lettura sulla rivoluzione cubana, una biografia del Che, l’ultimo di Lansdale, un tentativo di sonnellino, un pasto improbabile, le dieci ore e tre quarti passano e finalmente arriviamo. Quelli che sembrano non arrivare sono i bagagli. Non so a voi, ma a me il nastro trasportatore ogni volta mette un po’ d’ansia. Penso sempre che il mio bagaglio si sia smaterializzato chissà dove e quindi, ogni volta che poi compare – rigorosamente fra gli ultimi – mi sembra come se avessi vinto alla lotteria. O come se lui (il bagaglio) avesse superato chissà quale prova. Come se avesse passato un duro esame e come si fa con i figli, mi verrebbe da gridare: “Eccolo è lui! Guardate quant’è stato bravo, ce l’ha fatta anche stavolta!”
Insomma, recuperati i bagagli, superati i controlli di rito, abbiamo incontrato la nostra guida ed il nostro autista, Giuliano, di cui vi ho già parlato e Semir che nel tragitto verso l’albergo ci spiegano le varie tappe del nostro tour. Soprattutto Giuliano parla bene l’italiano, ha amici e parenti qui da noi e poi ci racconta che da sempre gli italiani sono i turisti più numerosi, forse solo recentemente superati dai tedeschi (che infatti incontreremo in ogni tappa). Dopo un paio d’ore di sonno ed una doccia abbiamo fatto il tour dell’Avana: la mattina la città vecchia, le 4 grandi piazze dov’è ben presente l’impronta della dominazione spagnola e quella dei moti di liberazione tra fine ottocento ed inizio novecento. Poi i luoghi di Hemingway, i bar, i ristoranti, gli alberghi con sue foto un po’ ovunque. Dopo un passaggio in una distilleria di Rum nel pomeriggio giro nella città nuova, con i luoghi della rivoluzione ed immagini del “Che” in tutte le salse.
Il secondo giorno dedicato al sigaro, altra icona dell’isola. Prendiamo la Autopistas di cui vi ho già raccontato e dopo due ore di guida arriviamo a Pinar del Rio dove visitiamo una fabbrica del tabacco. Per il pranzo ci spostiamo a Vinales, dove c’è la riproduzione di graffiti preistorici: una cosa un po’ kitch, ma comunque scenografica. Nel pomeriggio visitiamo una piantagione di tabacco e poi rientriamo all’Avana. Serata dedicata al Buena Vista Social Club con l’orchestra di scatenati vecchietti e giovani ballerine e mojito come se piovesse. Tra l’altro qui è molto meno alcolico rispetto a quanto siamo abituati, ma sarà la menta, sarà lo zucchero di canna, sarà il Rum, mi sembra decisamente più saporito di quello che beviamo noi.
Terzo giorno, lasciamo l’Avana e riprendiamo l’autopistas stavolta per andare verso est. Mattinata alla famosa Baia dei Porci, dove stava per scoppiare la terza guerra mondiale. Visitiamo un parco naturale con i coccodrilli e poi con un’improbabile barchetta giriamo per vari isolotti in un ambiente paludoso molto suggestivo visitando la ricostruzione di un villaggio indoamericano. Dei primi abitanti dell’isola non esiste più alcuna traccia perché furono sterminati dagli spagnoli nel giro di una cinquantina d’anni dopo l’arrivo di Colombo sull’isola. Nel pomeriggio arriviamo a Cenfuegos, graziosa cittadina di mare, molto più pulita ed ordinata della altre città visitate (è famosa per essere “la linda”), con la particolarità di avere diversi edifici in stile francese, a causa della presenza di un numerosa comunità emigrata qui nel 1700.
Il quarto giorno è dedicato a Trinidad, la città museo, rimasta pressoché inalterata così come la fondarono gli spagnoli. Visitiamo la città, girovagando per i suoi vicoletti, la cattedrale ed anche un inquietante tempio della Santeria, un culto di origine africana ancora diffuso nell’isola. All’ora di pranzo l’immancabile, travolgente flusso degli studenti, con le loro divise colorate a seconda del ciclo di studi: rosso granata per le elementari, giallo ocra per le medie, azzurro per le superiori. Dopo pranzo visitiamo la bottega di un vasaio e poi una torre fatta costruire nel nulla da un signorotto spagnolo del 700, per vincere una gara e conquistare il cuore di una fanciulla. Il nostro albergo si trova sul mare: una sorta di villaggio all-inclusive dove riusciamo anche a fare un salto in spiaggia per il primo bagno nel Mar dei Caraibi!
Ma il clou marino è il giorno seguente: due ore di navigazione sul Katamarano per arrivare su un isolotto in mezzo all’oceano, Cayo Macho (detto anche Cayo Iguana per la presenza abbondante di questi lucertoloni, brutti ma innocui, unici abitanti dell’isolotto). Giornata di mare, in completo relax fra bagni in un’acqua calda e trasparente e tanto sole, i nostri accompagnatori riescono anche a pescare un barracuda di circa un metro che la sera mangeremo in albergo.
La domenica passiamo dal mare alla montagna, facendo un bel tour al parco Tapes de Collantes. Dopo un breve tragitto con una vecchia 4×4 sovietica facciamo una lunga passeggiata nella foresta, in mezzo ad un’esplosione di piante esotiche e cascatelle d’acqua che creano piscine naturali dove qualche coraggioso si fa anche il bagno (io no, troppo freddo!). Dopo il pranzo presso una comunità montana, ci rimettiamo in macchina in direzione Santa Clara, la città del “Che”. Riusciamo a visitare la piazza della rivoluzione ed il Mausoleo dove riposano i resti mortali dell’eroe argentino di nascita, ma cubano di elezione.
Il giorno dopo, ahinoi l’ultimo di questa vacanza meravigliosa, lo dedichiamo ancora a Santa Clara, visitando il museo del treno blindato fatto saltare dai rivoltosi ed episodio clou della rivoluzione contro Batista e poi facendo un giro per la città, che con i suoi 800 mila abitanti è la terza dell’isola, dopo Cuba e Santiago. Nel pomeriggio, dopo un pranzo presso una Hacienda campesina, ci dirigiamo all’aeroporto dove, dopo 13 ore di volo, ritorneremo a casa.
Se qualcuno fosse interessato a ripercorrere questo tour, vi segnalo che noi siamo andati con l’agenzia ufficiale Cubana (Havanatour). Il nostro amico Giuliano però si sta attrezzando per organizzare personalmente dei tour analoghi, sfruttando una rete di “case particular” di sua fiducia, personalizzandoli a seconda delle richieste: ad esempio qualche giorno di mare a Varadero o in qualche altra spiaggi famosa sarebbe valsa sicuramente la pena, ma noi non avevamo molti giorni di ferie. Chi fosse interessato può contattarmi in privato e gli do i riferimenti.
Un bel viaggio, insomma. Le foto danno l’idea di un gran panorama, un posto sospeso tra mondi diversi, e il tuo resoconto semiserio mantiene quel che promette nel titolo. Divertente e interessante.
Sei meglio di quel sito di viaggi zingarate.com!
(Bellissime foto, Giacani.)
Grandissimo viaggio, spero di poterlo fare anche io un giorno.
Magari… bella la foto col sigaro, hai un qualcosa di De Niro.
È vero Giac, anche a me hai richiamato alla mente De Niro. Bellissimo tutto quanto, viene voglia di volare là… peccato che mio marito abbia il terrore dell’aereo e non ci salirà mai sopra. Potrei andarci con un’amica però…
Avranno suonato i brani di Compay Segundo…
Ottimo resoconto!!!
Il *vero* mojito è con pochissimo alcool: lo usavano per dissetarsi nelle giornate più calde, ma per loro bere “solo” acqua e ghiaccio era insapore, pertanto aggiungevano un poco di rum per vivacizzare la bevanda! 🙂