Ieri mi sono avventurato in una discussione su FB prendendo spunto da questo articolo di Repubblica, “La pedofilia come salvezza. Il romanzo inaccettabile di Walter Siti”. Premetto che non ho letto il libro, né tanto meno mi è venuta voglia di leggerlo. Da quello che emerge dall’articolo però sembra proprio che nel romanzo si dia una qualche paradossale giustificazione della pedofilia. Ripeto, non ho letto il libro, quindi magari non è così e in realtà la giornalista che ha scritto l’articolo ha completamente travisato il messaggio dell’autore. Diamo per buono che invece l’interpretazione sia esatta.
Le persone con cui mi sono trovato a discutere sostenavano, con una certa determinazione, che l’arte non deve avere nessun limite o censura e che quindi sia libera di esaltare la pedofilia o qualsiasi altra atrocità, proprio perché non ha funzioni educativo o etiche. Un po’ quello che si diceva di Charlei Ebdò e della necessità di non mettere vincoli alla satirà, in quanto libera espressione. Oppure sull’impossibilità di limitare la libertà di bufale che girano sul web
Libertà di espressione! E’ vero, l’arte esprime il bello (o il brutto), non il bene (o il male) o il giusto, non dovrebbe quindi essere giudicata da altri canoni che non siano quelli estetici. Ma come forma di espressione è giusto che non debba rispondere a null’altro? Secondo questa tesi scrivere un trattato scientifico o politico in cui si giustifica la supremazia di una razza su un’altra sarebbe da contrastare, invece un romanzo o un quadro che esalti la pedofilia sarebbe accettabile.
Ma un par di palle! Io non sono per niente d’accordo. L’arte, come qualsiasi altra forma di espressione, è libera e tale deve restare. Ma questa libertà finisce dove inizia la libertà altrui. E inneggiare al nazismo o alla pedofilia, che tu lo faccia con un quadro, con un romanzo o con un trattato pseudoscientifico per me è esattamente la stessa cosa.
Chi stabilisce questo limite? Vuoi ricreare il Minculpop? A parte che tutto sommato…(!), ma certo non può essere quella la soluzione. E allora, visto che il comune sentire si è così imbarbarito da accettare una rivista satirica che si prende gioco dei morti o un romanzo che giustifica la pedofilia, come, o meglio chi, deve stabilire questo confine?
Io non ce l’ho una risposta. Mi piacerebbe tanto averla, ma non ce l’ho. So solo che in questo periodo, grazie al kindle sono tornato a leggere in media 3 libri al mese, 36 l’anno. Visti i miglioramenti della medicina, se non mi viene l’Alzheimer e se non divento cieco prima, diciamo che un’altra cinquantina d’anni di letture potrei anche averli. Fanno 1800 libri. Senza dubbio troppo pochi rispetto a quelli che vorrei leggere e rispetto a quelli che meriterebbero di essere letti.
Quindi caro il mio Walter Siti non so chi avrebbe dovuto impedirti di scrivere queste oscenità. Una cosa però la so. Non farai parte di questi milleottocento.
A volte la tentazione di rimpiangere un po’ di censura viene anche a me, poi penso a come da sempre viene usata e cambio subito idea. Nessuno ha mai trovato un modo per rendere la censura condivisa universalmente, credo che nessuno mai lo troverà e se accadesse quasi mi farebbe più paura ancora (i plebisciti sono pericolosi). Non esiste un galateo della satira, diceva Robin Williams (potrei forse non essere d’accordo?), e lui era uno che la usava per sottolineare punti importanti e mettere in discussione fatti presi per scontati ma mai per colpire i deboli, anzi. Credo che valga anche per l’arte e anche per i saggi, in realtà. Una volta ho comprato un saggio razzista, per capire “chi era il nemico” e poi non ho avuto il coraggio di leggerlo. Ma in casi come quello che citi tu penso anche che molti giornali fanno finta di indignarsi quando si sa benissimo che questa falsa indignazione è per certi libri la forma più efficace di pubblicità. Con tutte i i libri che escono ogni anno (alcuni sicuramente belli sotto ogni punto di vista(, forse varrebbe la pena di parlare d’altro, Per il resto, come dici tu, ognuno esercita la sua personale censura selezionando. Pensa che io non ho mai letto e non credo leggerò Lolita, eppure è considerato un capolavoro da molte persone che ammiro e di cui tengo l’opinione in altissima considerazione. Ma non mi interessa, e sicuramente sbaglio, ma esercito il mio diritto di lettrice.
Hai perfettamente ragione, anche secondo me è tutta un’operazione commerciale. Riguardo la questione in sé, purtroppo di R.W. ne nascono uno ogni mille e anche più…la decenza e il buon gusto sono merce rara
E’ vero, ma decenza e buon gusto non si possono imporre. In lui erano innati 🙂 E a parte gli scherzi, anche Robin è stato accusato di essere di cattivo gusto, sai? Proprio per questo rispondeva così, a chi gli chiedeva se non sarebbe stato il caso di porsi dei limiti.
Io sono una di quelle che pensa che l’arte debba necessariamente rimanere libera. E così dipinti, romanzi, e qualsiasi espressione di creatività. Non ci sono argomenti da non trattare, da condannare, da boicottare. È arte e in quanto arte e si deve esprimere con la massima libertà.
La censura non può esistere come forma statale, ma può esistere a livello personale. Se si trattano campi che mi terrorizzano, infastidiscono, irritano, semplicemente censuro la cosa, non mi interesso e la dimentico. Non faccio crociate verso il pensiero di altri, per quanto possa ritenerlo sbagliato o a volte vergognoso.
Robin Wiliams? Quello della boy-band? 😀
Comunque… posso fare una nota a margine? Sei uno dei più accesi sostenitori del Kindle eheh… sto pensando di comprarlo, ma non mi decido mai.
In effetti una soluzione non c’è. Se non evitare di dargli importanza, alimentando le polemiche che volutamente vogliono sollevare
Teniamoci aggiornati. Magari fare il passo insieme potrebbe risultare meno penoso 🙂
Sono combattuta da anni anche io. Vorrei cedere, ma poi ci ripenso. La carta è un mio fetish, probabilmente.
Graditissimi Mela cara! Tanti auguri anche a te!
Anche io combatto e ci penso. Lo guardo e mi dico, non potrà mai sostituire la carta stampata… poi guardo il mio pavimento e dico: forse sarebbe il caso.
Censura no ma esercitare il proprio senso critico sì. Il mio confine lo stabilisco io, così come decido cosa lasciar entrare, del resto non mi curo e vedrai che il libro andrà al macero presto, esattamente allo scadere dei quindici miserabili minuti di popolarità che si è procurato in modo meschino.
Ciao Romolo, posso farti gli auguri per queste feste? 🙂
“Dunque, vediamo un po’… Se scrivo un libro in cui giustifico o esalto la pedofilia, in quanti si indigneranno? Sì, ma attirerò l’attenzione. E per uno scrittore è questo che conta.”
Credo che la prima forma di censura debba scattare dentro di noi, quando ci apprestiamo a dire, a scrivere o anche solo a vagheggiare un abominio.
Ma ormai non ci sono più regole che tengano. Un po’ come in amore e in guerra, anche nella caccia ai quindici minuti di celebrità, tutto è giustificato, tutto vale.
Ma non è arte. Io di certo non la chiamo così.
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