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Nuntereggae più. Ovvero le 10 cose che mi urtano i nervi

Abbasso e Alè con le canzoni senza fatti e soluzioni…

Come sapete (forse, chissà, almeno qualcuno fra quelli che leggono abitualmente) sono una persona molto tollerante, che tende a giustificare oltre misura gli altri. Non è una dote, non penso sia un pregio e comunque non è questo che volevo dire. Era solo una premessa utile per affermare che però anch’io, nella pur grande magnanimità e nello sforzo di voler capire sempre le ragioni altrui, ho dei punti deboli. Delle idee fisse. A volte illogiche o stravaganti, altre volte eccessive. Delle cose che tendono a rompere il mio equilibrio psicofisico e la mia bonomia verso il prossimo. Cose insomma che mi danno un po’ come l’impressione che qualcosa stia ballando la rumba, la samba ed il cha cha cha sul mio apparato riproduttivo. E quindi, considerato che stiamo invecchiando e quindi non abbiamo raggiunto il numero legale per la consueta partita di calcetto del giovedì, giusto per continuare sulla scia dei post minchioni e delle liste dei 10, ecco le mie 10 fisime, le 10 cose che davvero mi urtano i nervi.

Le persone che puzzano. E’ vero, sono tollerante, accetto quasi sempre le altrui stranezze, ma ho capito che l’olfatto è il mio senso debole. Volete vestirvi accoppiando insieme il verde pistacchio e il rosa confetto? Nulla da dire. Avete una voce stridula e fastidiosa come una gesso sulla lavagna? D’accordo. Mi proponete di mangiare cibi dai gusti improbabili? Ce la posso fare. Ma perché tenersi due gatti morti sotto le ascelle? Perché? E potrei anche arrivare a capirlo la sera, dopo una giornata di duro lavoro sui campi. Ma alle 7 e 30 della mattina, in metropolitana, in giacca e cravatta, perché?

Le persone che vanno piano. In macchina, camminando per strada, in fila. Perché? Soprattutto perché tutti davanti a me che invece vado di corsa anche quando non c’è motivo? Non è che sono contro la lentezza in assoluto. Anzi! Le cose belle vanno assaporate…mangiare, ascoltare musica, bere vino, leggere, fare l’amore (non in questo rigoroso ordine cronologico, s’intende), dovrebbero essere fatti con tutta la lentezza del mondo. Ma tutto il resto no! Tutto il resto anzi va fatto presto (e bene). In modo che poi puoi dedicare tutto il tempo che vuoi alle cose che davvero la meritano.

I vestiti tolti e lasciati al contrario. Lo so, questa è proprio una fisima. Ma è più forte di me! Mi urta i nervi! Ti sei tolto la maglietta? Ma rimettila dritta. Ovviamente questo è una di quelle cose che cerchi di insegnare ai figli fin da piccoli. E che regolarmente non fanno.

Il rotolo di carta igienica vuoto. Vedi sopra. Battaglia persa.

Certe pubblicità in tv mentre si mangia. Ad esempio, la crema contro i funghi delle unghie o quella contro i pruriti vaginali. Perché pensate che la gente, guardando questa pubblicità mentre sta mangiando, possa essere mai invogliata a comprare il vostro prodotto? Cos’è in realtà, una scommessa?

I Decoder quando saltano i programmi. Perché? Ieri sera li avevi tutti lì, belli in  fila, ti accendo oggi e niente. Avviare ricerca canali? E certo! Ma perché? Hai la memoria corta?

Qualsiasi cosa che abbia un abbinamento cromatico giallorosso. Ad esempio due mollette sui panni stesi o due libri vicini nella libreria, i piatti di Ikea. Va be’, questa è un po’ da malati di mente, lo riconosco. Ma è più forte di me.

I ritardi. Odio arrivare in ritardo. Sono molto più tollerante con i ritardi altrui. Molto di più! Ma arrivare in ritardo da qualche parte mi dà davvero un fastidio urticante.

Le porte dell’ascensore aperte. Lo so. Diventerò vecchio anch’io. E inevitabilmente anch’io lascerò l’antina dell’ascensore a metà, mezza aperta e mezza chiusa. Quel tanto che basta per bloccarlo ad un piano qualsiasi e non permettere agli altri, soprattutto a quelli che hanno fatto la spesa e sono pieni di buste, di poterlo chiamare. Ma fino a quel momento permettetemi di farmi bonarimanete insultare il reparto geriatrico in cui vivo.

Le catene di email inviate per conoscenza. Scrivi a me? Ok. Non mi scrivi? E allora perché devi scassarmi la uallera e intasarmi la casella? Sul lavoro è una paraculata, lo capisco. Della serie, io te l’ho detto! Un domani non potrai dire che non lo sapevi. Ma ultimamente ho potuto constatare che anche la catena di email e i ripetuti “rispondi a tutti” che non trattino materie lavorative riescono a sfrancicarmele ben benino lo stesso…cos’è, vi pagano? Ricevete un premio ad ogni inoltro di email? Dai, sul serio, spiegatemi!

A parte quindi queste 10 minuzie, se escludiamo poi i politici populisti, i giovedì sera senza il calcetto, i bottoni delle camicie che saltano, la pasta scotta (ma anche quella troppo al dente), i nazisti dell’Illinois, il pezzetto d’aglio che si confonde con le patate arrosto, il traffico sul raccordo, il filo di cicoria che si incastra fra i denti, uscire con il cane quando piove, la batteria del cellulare che si scarica improvvisamente, gli attacchi di colite, i call center che telefonano all’ora di cena, le sere in cui mi accorgo che ho finito il vino, gli amici che non rispondono al cellulare e neanche richiamano…a parte ciò, non potete non riconoscere che sono un tipo molto comprensivo, che non perde mai la calma e il buon umore, paziente e conciliante verso il mondo circostante.

Ora però vi lascio perché ho un pensiero che mi frulla per la testa che non riesco bene a focalizzare…

scimmia

 

 

 

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Le 10 minchiate più minchione

Pur non avendone ancora scritti nel blog sono sempre stato morbosamente attratto dai post fatti di elenchi di cose. Danno quel senso di completezza, di conclusività, che però lascia sempre aperta la porta a nuove cose, ad un “più uno” che naturalmente ti viene in mente solo dopo. Da qualcosa si doveva pur cominciare. E cosa meglio delle vaccate fatte in gioventù, poteva inaugurare questo filone in questi miei viaggi? La colpa in effetti è della scintillante Tilla che mi titilla la papilla e mi proietta indietro nel tempo così da solleticare vecchi ricordi e gesta eroiche (?) realizzate – ahimè – qualche annetto fa. Così fra il lusco e il brusco (che non so bene cosa voglia dire, ma suona bene), mi sono tornate alla mente un po’ di minchiate fatte anni addietro. Quelle cose che quando le fai ti sembrano molto fiche. Ripensandoci il giorno dopo pensi “ma cosa cazzo mi ero fumato ieri”  “be’ però effettivamente avrei potuto evitare”, rimembrandole oggi dici, possibile eravamo così cazzoni? “oh, che zuzzerelloni che eravamo!”

Tirare il freno a mano della macchina nella discesa del Muro Torto. Qui solo i romani mi capiscono. Una cazzata. Non la fate, neanche per scherzo. Neanche se siete ubriachi quanto lo eravamo noi quella sera.

Fare scherzi telefonici. Va be’ questo è proprio datato. Oggi gli scherzi te li fanno quelli di Wind o di Edison che ti scassano la uallera all’ora di cena. Eppure andavano molto di moda. Sospiri, canzoni…mi ricordo soprattutto un periodo in cui per mesi e mesi chiamavano a casa di Dario e mandavano Careless Whisper degli Wham…non abbiamo mai capito chi fosse, ma così tanto per aumentare lo sfrancicamento di zebedei del poveretto, per un po’ lo facemmo anche noi. Senza dirglielo, ovviamente!

Pisciare dallo Zodiaco. Anche questo lo capiscono solo i romani: lo Zodiaco è il punto più alto di Roma, sulla collina di Monte Mario. Una minchiata anche questa, però non posso nascondere una certa poetica e catartica soddisfazione illusoria, come si stesse facendo pipì sul tetto del mondo.

Giocare a vodkapoker. Non lo fate. Vomiterete anche l’anima e non berrete più vodka per anni, anni e anni.

Entrare ad un concerto scavalcando. Vale anche se era il concerto dei Level 42 ed era mezzo vuoto? Va be’, fatto anche questo.

Partecipare a corse con la macchina. Assolutamente da cancellare! Il percorso era via Livorno, ponte Lanciani e ritorno. Considerando che i concorrenti erano la mia 127, l’A112 di Dario, l’A112 di Massimo, la cinquecento di Stefano e la Panda di Paolo, c’è da dire che eravamo proprio scemi. Epperò quanto ci divertiva!

Imbucarsi alle feste. Questa era diventata una moda in 1 classico: in settimana si cercava in giro, soprattutto a ricreazione, chi e dove c’era qualche festa nel week end. Saputo l’indirizzo aspettavamo sotto casa del festeggiato che arrivasse qualcuno e ci aggregavamo. Si mandava avanti Daniele, che notoriamente era quello con la faccia da culo e la parlantina migliore di tutti. L’importante era togliersi i giacconi e salutare cordialmente tutti i presenti. A nostra discolpa posso dire che, a differenza di altri, non abbiamo mai fatto danni. Anzi, a volte abbiamo risollevato feste anche piuttosto moscette.

Rubare nei supermercati. C’è altro da aggiungere? Scommesse sceme!

Ruttare in faccia ad una professoressa. Guardandola negli occhi e rispondere così alle sue invettive sulla tua crassa ignoranza…va be’, questa è una bucia. Al momento più opportuno, di fronte alla famigerata professoressa di Fisica mi mancò il coraggio. Ma quante volte mi è venuto in mente di farlo!

Fare la cacca dentro un barattolo del caffè, portarlo in classe bello incartato e infiocchettato con l’intenzione di darlo come regalo dei 17 anni del già citato Dario. So che sembrerà strano, ma questo l’abbiamo fatto sul serio, io e quell’altro stordito di Sandro. Che però poi buttò tutto perché faceva davvero troppo schifo.

Effettivamente, non mi consola il fatto che siano ormai andate tutte in prescrizione, né  di averle compiute insieme a illustri cardiochirurghi, colonnelli dell’esercito, stimati professionisti. Minchiate erano, minchiate sono. Ripensandoci ora anzi mi chiedo se siamo diventati quello che siamo perché abbiamo fatto anche queste cose o nonostante le abbiamo fatte. Ma tant’è! Il blog è un luogo non luogo dove si possono anche rinvangare scheletri nell’armadio, cose di cui non essere fieri, che però inevitabilmente ti fanno tornare indietro a quando avevi più capelli e meno pancia, eri incerto del futuro, ma sicuro del domani. Quando se ci fermava la polizia e ti perquisiva la macchina come quella sera davanti alla Mosca Bianca, capitava che ti cacavi sotto dalla strizza (vero Pà?) Quando tutte le strade erano aperte e noi avremmo voluto percorrerle tutte. O almeno la buona parte!