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Quarant’anni è un battito di ciglia

Quarant’anni fa. Ci sono due teorie, due filosofie, due impostazioni di vita diametralmente opposte. Un po’ come destra sinistra, doccia o bagno, mamma o papà, mare o montagna: chi ama i “ritorni al passato”, chi ama ritrovare gli amici di un tempo per rivedere pezzi delle sue vite precedenti e chi invece odia tutto ciò.

Alcuni dicono “Ma se non ci siamo più visti da quarant’anni, ci sarà un motivo?” Logica stringente la loro, indubbiamente. Ma che come tutte le cose logiche e ragionevoli a me non convince. Ci possono essere cause occasionali o semplicemente casi della vita che ci allontanano. La vita è un treno in corsa, le situazioni cambiano, le cose e le persone sono in movimento. Eppure, alcune cose rimangono sempre uguali. Almeno per me. Sarò un’eccezione? Sarò un uomo con poca fantasia? Può darsi. Però.

Però se mi fermo a riflettere, non posso non riconoscere che, se escludo i figli, sono poche le cose o le persone veramente fondamentali che la vita mi ha aggiunto in questi ultimi quarant’anni. Amo la stessa donna (o quasi: a voler essere pignoli lei arrivò giusto un anno dopo), i miei amici, le persone a cui sono più legato sono le stesse, leggo ancora Tex, sono un filosofo della minchioneria e la Lazio è in grado ancora di esaltarmi o di deprimermi. Uomo di poca fantasia, senza dubbio.

Fatto sta che quarant’anni fa, in questo momento, probabilmente ero sui libri a studiare. Per la maturità. E così, in occasione di questo anniversario, ieri abbiamo organizzato una rimpatriata, cercando anche chi non avevamo più visto per tutto questo periodo. E se è vero che in realtà i compagni di classe con cui ero più legato continuo a sentirli (spesso) e a vederli (molto meno di quanto vorrei), però sono stato proprio felice di rivedere tutti gli altri. Persone che hanno fatto percorsi diversissimi, con cui però ho vissuto gli anni più belli della mia vita, quando il mondo era un quaderno bianco su cui scrivere, quando tutto era ancora possibile.

E il fatto di non avere rimpianti, il fatto di essere soddisfatto del percorso fatto da allora ad oggi, della storia scritta su quel quaderno, non toglie la nostalgia delle sensazioni che ho vissuto con loro quarant’anni fa. Non c’è contraddizione fra le due cose: possiamo essere pienamente realizzati, possiamo essere legittimamente orgogliosi di quello che abbiamo costruito e possiamo non avere alcun rimpianto per quello che poteva essere e non è stato. Ma nulla, nulla al mondo mi potrà impedire di sorridere sognante ed incantato, ripensando a quell’anno. A quel leggendario, straordinario, irripetibile, millenovecentottantacinque. I ragazzi stanno bene, come cantano i Negrita, ed è sufficiente ritrovarsi di nuovo insieme, chiudere gli occhi e tornare ad essere noi, perché quarant’anni posso essere cancellati con un battito di ciglia.

Ma non mi va di raccogliere i miei anni dalla cenere, voglio un sogno da sognare e voglio ridere, non mi va! Non ho tempo per brillare voglio esplodere, ché la vita è una poesia di storie uniche. E intanto vai, vai che andiamo dentro queste notti di stelle, con il cuore stretto in mano e con i tagli sulla pelle. Ma i ragazzi sono in strada, i ragazzi stanno bene, non ascoltano i consigli e hanno il fuoco nelle vene. Scaleranno le montagne e ammireranno la pianura. Che cos’è la libertà? Io credo: è non aver più paura.