Che cos’è sarà mai la sindrome Nimby, si chiederano i miei affezionati viaggiatori ermeneutici: il solito uragano estivo che flagella le coste degli Stati Uniti? Un nuovo elettrodomestico che prepara risotti, lava i piatti e stira i pantaloni? Un nuovo social media che supera Tik Tok, che ha superato Instagramm, che ha mandato in pensione Facebook, così tanto per farci sentire vecchi e superati anche a noi?
Niente di tutto ciò. Nimby è l’acronimo che sta per “Not In My Back Yard“, che da noi potremmo tradurre “non nel mio cortile”. Ovvero quell’atteggiamento, quella presa di posizione, per cui qualsiasi cosa potrebbe anche essere positiva, l’importante è che non si faccia nelle nostre vicinanze spazio temporali. L’accoglienza ai profughi può anche essere giusta, anzi sicuramente lo è: basta che non ci sia un campo di accoglienza dietro casa nostra. E il termovalorizzatore o una linea ferroviaria ad alta velocità? Idem, non si discute se siano più o meno utili, l’importante è che non stiano da qualche altra parte. La riforma delle pensioni o gli interventi per la salvaguardia del clima? Vanno benissimo, più che giusti. Però magari rimandiamoli di qualche anno.
La questione si ripropone ciclicamente ed è impressionante come, anche riguardando temi diversissimi tra loro, segue sempre lo stesso schema: fate come volete, ma fatelo lontano da qui, fatelo altrove. Un altrove che diventa un luogo e un tempo metafisico, una specie di al di là, che non ci riguarda più. Un atteggiamento comprensibile, “umano troppo umano”, direbbe il mio amico Nietzsche che però ovviamente porta alla stasi. Sia nel tempo che nello spazio infatti è impossibile trovare un punto che non sia vicino a qualcuno.
Ma perché proprio vicino a me? In un Paese come il nostro, con una spiccata assenza di sensibilità riguardo i “beni comuni”, con quella domanda si scatenano vere e proprie guerre civili, pronte ad essere cavalcate dal politico populista di turno, ben felice di passare per paladino dei poveri cittadini vittime della calamità di turno o di riforme impopolari: no tav, no tap, no triv, no expo, no mose, no profughi, e via dicendo. Ultimo solo in ordine cronologico il termovalorizzatore annunciato da Gualtrieri.
Non se ne esce: ci vorrebbe un sussulto di dignità, una presa di coscienza individuale, che metta da parte il cortile per guardare l’intero circondario. Altrimenti questo Altrove non bene identificato (guai ad identificarlo!) diventa un “da nessuna parte”: in inglese suona meglio, da somewhere a nowhere.