Di foglie vecchie e foglie verdi

L’altra notte c’è stato un bel nubifragio. Bello per modo di dire, ha piovuto tutta la notte e come al solito ha allagato mezza città: rami caduti, traffico in tilt, insomma il solito caos. Fortunatamente a Roma non piove mai, ma quando piove ce la fa scontare con gli interessi.

Il giorno dopo nella solita passeggiata al prato con Rose c’era un mare di foglie cadute. Foglie secche, ma anche foglie verdi, che probabilmente, se non ci fosse stato quell’uragano notturno, sarebbero rimaste attaccate agli alberi. Magari sarebbero cadute la settimana prossima, o fra due mesi. E questo mi ha fatto pensare alla situazione che stiamo vivendo. La pandemia ha rivoluzionato le nostre vite? Sì e no. Gli ha dato un’accelerata improvvisa, sicuramente ha velocizzato dei processi che avrebbero avuto un’altra maturazione. Ma non possiamo dire che le abbia stravolte.

In fondo tutte le rivoluzioni sono così: accelerano processi che comunque prima o poi sarebbero venuti fuori. Evoluzioni che fanno cadere le foglie vecchie, i retaggi del passato, le false sicurezze che si poggiano sulle tradizioni, ma che nella realtà già sono morte e sepolte. Ma che inevitabilmente fanno cadere anche le foglie verdi, quelle che avrebbero avuto ancora un futuro, delle possibilità, ma che hanno avuto la ventura di essere al momento sbagliato nel posto sbagliato.

Si poteva evitare la pandemia? Allo stesso modo in cui si può evitare un nubifragio notturno. Potevamo essere più preparati? Forse, anzi probabilmente sì. Ma le foglie verdi sarebbero cadute lo stesso, insieme a quelle vecchie, inutile star lì fra recriminazioni e rimpianti. Spunteranno nuove foglie, più forti e più belle, ci vorrà un po’ più di tempo, magari non saranno quelle che pensavamo, magari non spunteranno dove le avevamo immaginate. Perché se una cosa possiamo dire di aver imparato con certezza in questi due anni è che non sappiamo cosa ci riserva il futuro. Anzi forse una cosa la sappiamo, che non sarà come ce l’eravamo immaginati. Ma forse è meglio così.

Rabbia, stupore, la parte, l’attore. Dottore, che sintomi ha la felicità? Evoluzione, il cielo in prigione, questa non è un’esercitazione. Forza e coraggio, la sete, il miraggio, la luna nell’altra metà, lLupi in agguato, il peggio è passato. Forse fa male eppure mi va, di stare collegato, di vivere di un fiato, di stendermi sopra al burrone, di guardare giù. La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare…

La verità, vogliamo la verità!

Io vorrei tanto sapere cos’è successo…ci sarà di mezzo una scommessa non onorata? Un patto violato, un impegno non mantenuto, una promessa tradita? Forse è una vendetta trasversale, una questione di malavita o un affare di donne?

Noi dobbiamo sapere la verità! Gli doveva dei soldi? Gli ha rubato la fidanzata? Ha dato fuoco alla sua casa al mare? Gli ha bucato le gomme della bicicletta? Gli ha fatto la pipì sui geranei?

Non è una fatto di poco conto, senza dubbio. Gli avrà attaccato le caccole nel sedile dell’auto nuova? Gli avrà fatto uno scureggia nel cuscino? E’ andato in giro dicendo che gli puzzano i piedi? Gli ha investito il cane? Ha fatto delle avances a sua nonna?

Insomma, esattamente, cosa gli aveva fatto Caruso a Jovanotti???

Il passo e la gamba

La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare…

Se non facciamo il passo più lungo della gamba non rischiamo di inciampare. Così ci hanno sempre insegnato, fin da bambini. Bisogna tenere il passo, essere al passo con i tempi, saper passare la mano quando è il caso e trovare i passi giusti per attraversare le montagne che incontriamo nella vita. Allo stesso tempo, bisogna essere in gamba e quando c’è da intraprendere un’impresa non ci possono tremare le gambe, anche perché le più grandi idee viaggiano sempre sulle gambe degli uomini.

Ma in ogni caso, qualunque sia il nostro passo, comunque siano le nostre gambe, ognuno di noi, nei limiti delle sue capacità, dovrebbe provare una volta a non seguire i consigli dei saggi e lasciare andare la gambe oltre i nostri passi. Viene attribuita a Thomas Jefferson la frase “se vuoi qualcosa che non hai mai avuto, devi fare qualcosa che non hai mai fatto”. Bella frase, ma riduttiva: se io volessi esattamente quello che ho sempre avuto, mi posso limitare a fare quello che ho sempre fatto? Manco per niente! Io la girerei così: se vuoi continuare ad avere quello che hai, ma di più, se vuoi continuare ad essere quello che sei, devi provare (almeno provare) a fare qualcosa che non hai mai fatto. E’ vero, rischi di inciampare, rischi di perdere qualcosa. Ma se non ci provi rischi di perdere tutto.