Manuale per andare in altalena. O giù di lì

Commentando un post della mia amica Sonia, meravigliosa autrice del blog Mispiego, mi è tornato alla memoria un episodio dell’infanzia. Strani i ricordi! Stai leggendo qualcosa ed improvvisamente le sinapsi fanno un collegamento con un fatto accaduto 50 anni prima e te lo fanno rivivere come fosse accaduto ieri. Ve lo racconto anche a voi.

In quel periodo abitavamo in una casa in affitto in via Nemorense, nel quartiere Trieste, prima della nascita di mio fratello, quindi dovevo avere al massimo 4 anni. Il parco Nemorense era il mio campo giochi, gli scivoli, le altalene, le prime amicizie. Come accadrebbe anche adesso però il centro della mia attenzione era sempre correre dietro ad un pallone rotolante. Ricordo perfettamente mio padre che vigilava su di me che gridava le sue raccomandazioni: “stai attento Rò, non passare davanti alle altalene“. Ed io, che già allora forse non ero poi così sveglio come pensavo, ma in compenso seguivo i buoni consigli (non potendo seguire il cattivo esempio), non passai davanti ai bambini che andavano su e giù sulle altalene: ci passai dietro.

Ricordo come fosse successo ieri la bambina, il calcio in testa, il sangue, la corsa al Pronto Soccorso, i punti. Ricordo la preoccupazione e poi l’arrabbiatura di mio padre, forse più con se stesso che con me. Negli anni poi l’episodio è stato spesso tirato fuori per sottolineare la mia dabbenagine, ma a rigor di logica io mi ero scrupolosamente attenuto alle indicazioni ricevute. Se fossi passato davanti alle altalene, chi lo sa, forse i bambini che ci stavano sopra mi sarebbero volati addosso, quindi passando dietro…

Chissà quante volte ho dato io indicazioni che mi sembravano chiare e invece non erano chiare affatto. Come quando spieghi la strada ad uno sconosciuto (allora, è facilissimo, gira a destra, vai dritto, poi la seconda a sinistra) e poi ti rendi conto alla prima svolta che prende, che in realtà non ha capito nulla. E passi con gli sconosciuti, ma temo che succeda pure con chi ci sta affianco, ad esempio con i figli.

Il linguaggio è ingannevole, ha mille sfaccettature, mille significati e a volte quelli più ovvi, quelli più scontati, si nascondo proprio perché sono davanti ai nostri occhi. Se per esempio vi chiedo cosa ha quattro lettere, solitamente undici e mai tre? Tutti voi, ci scommetto, cominciate a pensare a chissà cosa, scervellandovi per trovare la risposta. Che in realtà è semplicemente “sì”. Cosa ha 4 lettere (C O S A), solitamente ne ha undici e mai invece ce ne ha tre.

E qui sta la morale della storia, anzi le tre morali della storia. Quando è troppo complicato specificare tutti i dettagli di un problema, forse sarebbe meglio dare un’indicazione generica, perché anche le indicazioni più chiare possono nascondere insidie. A volte per fuggire da una minaccia, rischiamo di fare peggio cadendo dalla padella alla brace. Ma soprattutto: bisogna fidarsi degli altri, bisogna seguire i consigli che ci danno, ma se poi facciamo di testa nostra è meglio!