Il 1986 è uno dei miei anni del cuore. A vent’anni tutto è bello, il futuro è un libro bianco tutto da scrivere, ogni sogno, ogni progetto, ogni prospettiva sono ancora da provare. Tornando indietro assapori ancora quella sensazione di spazio aperto. Puoi cadere nella nostalgia di quei momenti, puoi rammaricarti per certe scelte compiute, oppure ringraziare la tua buona stella per quelle che hanno dato buoni frutti.
Nell’estate di quell’anno cominciai una storia d’amore che continua anche oggi e ovviamente quella resta in assoluta la scelta migliore della mia vita, da cui a cascata discendono quasi tutte le altre. Ma non voglio parlarvi di questo, cari viaggiatori ermeneutici. Piuttosto voglio raccontarvi un’altra scelta, anche questa nata un po’ per caso, che prosegue ancora oggi. Non c’entra nulla con la prima, non ha neanche lontanamente la stessa importanza, ma se vogliamo è anch’essa una storia d’amore ed esattamente come tutte le storie d’amore che si rispettino, prosegue uguale a se stessa, proprio nella sua capacità di rinnovarsi, di rigenerarsi, di scoprirsi sempre nuova.
Prima c’era stata la scuola, le medie, il liceo. Nel nostro istituto c’erano molti campi sportivi ed è lì che giocavo a calcio con gli amici. Terminato quello, con l’inizio dell’Università, altri interessi, altre attività avevano preso il sopravvento, ma la voglia di tirare calci ad un pallone era rimasta inalterata. Così, al termine di quell’estate fantastica, quando alcuni amici della parrocchia mi invitarono a giocare con loro, accettai con entusiasmo. Erano ragazzi più grandi di me, giocavano il giovedì sera in un circolo sulla Nomentana che aveva anche campi coperti.
Sono passati 37 anni, di quel gruppo iniziale non gioca più nessuno, negli anni si sono succedute tante persone. Alcuni per una partita solamente, altri per periodi più lunghi. Alcuni che cominciarono a giocare solo qualche anno dopo sono ancora con me, dal più giovane che ero sono diventato fra i più vecchi. In questi anni abbiamo arruolato gente di tutti i tipi: loschi figuri, poeti, santi, navigatori, persino i nostri figli. La cosa più bella è che siamo invecchiati insieme, gli acciacchi il venerdì mattina aumentano, abbiamo cambiato circolo, ma la voglia e la magia per le Volpi del giovedì (così ci chiamiamo da qualche anno, in onore dell’impresa del Leicester!) rimangono gli stessi.
Ogni benedetto giovedì, noi ci siamo, almeno finché “ci regge la pompa“. E chi non ce la fa più è comunque parte integrante del gruppo nelle cene sociali che spesso concludono le serate sportive. Continuiamo nelle nostre classifiche per stabilire il vincitore di fine anno (a cui spetta la pizza gratis nella cena conclusiva) e il cucchiaio di legno, ambito trofeo per chi arriva ultimo. Continuiamo ogni venerdì a scrivere esilaranti resoconti della partita appena giocata, che restano a futura memoria per ricordare imprese e disgrazie della serata precedente.
Stasera inizieremo il nuovo anno con un velo di tristezza, perché uno fra coloro che iniziarono con me, il mitico Silvano, purtroppo non c’è più. Pur non giocando più da tempo, era stato nominato Presidente onorario ed era lui che assegnava i trofei con tanto di certificato autografato. Ci mancherà molto, ma stasera dopo la partita brinderemo a lui, con la consueta goliardia che ci ha sempre contraddistinto.
Stamattina raccontavo ad un collega questa magica atmosfera che nonostante gli acciacchi continua ad animarci come fossimo ragazzini. “Giocate ancora a calcetto alla vostra età? Ma siete pazzi? Ma perché non vi drogate come fanno tutti?” Forse potrei dire che la nostra droga è il calcetto. In effetti dopo oltre trent’anni è acclarato che crei dipendenza. Ma in realtà è molto di più. E’ una storia d’amore, che si rinnova ogni settimana, con il sole o sotto l’acqua, nonostante il freddo umido o il caldo afoso. Una storia che spero non finisca mai. Lunga vita alle Volpi!
