Questa mattina ho messo su FB l’immagine di un tweet di Maurizio Crosetti, giornalista sportivo di Repubblica, che partendo dallo sport riesce spesso a delineare un quadro della realtà che ci circonda, cogliendone gli aspetti più nascosti e più importanti, quelli che riescono a farci a riflettere. Partendo dalla vicenda che vede protagonista Sinisa Mihajlovic e la sua confessione pubblica di essere stato colpito da una forma di leucemia, Crosetti scrive: “esiste una retorica del cancro secondo la quale vince chi lotta di più, chi non si arrende, insomma chi ha più carattere. Oltre che falso, è offensivo per chi soccombe e muore. Non si arrende: muore. E chi vive non vince: guarisce.”
Sinisa è un personaggio controverso. Uno di quelli che non passa mai inosservato: o lo ami o lo odi. Fin dai tempi in cui giocava alla Lazio, ha sempre avuto posizioni nette, spesso discutibili, ma certamente non è uno che si nasconde nelle banalità o nelle frasi fatte. Ha tanti difetti, sicuramente non la retorica. Però, proprio un combattente come lui si può prestare a quell’inganno che giustamente sottolinea Crosetti. Per battere il cancro c’è bisogno di tanta prevenzione, di investimenti nella ricerca, di uno stile di vita giusto. E neanche tutto questo basta. Figuriamoci se lo si batte con la volontà! La forza di volontà è certamente importantissima, fondamentale. Ma per continuare ad andare avanti, per aiutare se stessi e chi ci sta vicino a portare questo fardello. Non per guarire. Purtroppo.
Ho vissuto quindici anni di guerra contro il tumore, che combatté mia madre. Tre operazioni in 4 anni, poi oltre dieci anni di silenzio e quando la malattia sembrava definitivamente sconfitta, un nuovo episodio ancora più violento degli altri che se la portò via in due mesi. Mamma era una delle persone più volitive, tenaci, caparbie, innamorate della vita, che abbia mai incontrato. Riusciva persino ad ironizzare sulla malattia (lo faceva su ogni cosa, come avrebbe potuto non farlo su questo?). Diceva che la sua era una famiglia “tumorata” di Dio (su 7 fratelli, 5 morti di cancro) e pochi giorni prima di morire mi disse che se non altro era riuscita a fregare l’Alzheimer (con tanto di gesto dell’ombrello!). Insomma, sono certo che se la volontà fosse stato un rimedio efficace, me la sarei goduta qualche anno in più. Purtroppo però non è così.
Questo significa allora che è inutile lottare e che bisogna rassegnarsi senza combattere? Niente affatto! Anzi per dirla più chiaramente, col cazzo! Questo significa invece che non è una gara in cui vince chi si impegna di più. La mia piccola grande guerriera non fu certo sconfitta per mancanza di volontà o perché non le andasse più di combattere. Avrebbe forse potuto smettere di fumare prima, oppure avrebbe dovuto farsi maggiori controlli. Banalmente, avrebbe dovuto nascere qualche anno dopo, perché magari la medicina nel frattempo avrebbe trovato una soluzione. Certo non la considero una che si è arresa, perché so bene che fino all’ultimo non l’ha fatto. Non è servito? Forse non a sconfiggere il cancro, ma certamente a vivere la vita fino all’ultimo come voleva lei, con la stessa voglia e lo stesso entusiasmo di sempre.