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Grazie, no grazie

Questo post è una specie di corollario a questo qui, che elencava 40 motivi per essere grati. Sono sempre più convinto che la gratitudine sia l’atteggiamento più giusto verso la vita, gli altri, noi stessi. Ma è anche vero che ci sono cose, situazioni, motivi per cui la gratitudine non è il primo sentimento che emerge nel nostro animo. Anzi. Tutt’altro. E quindi, siccome siamo persone ben disposte verso il prossimo e dedite al diffondere luce e dolcezza, ringraziamo comunque, ma aggiungiamo una postilla, a seconda del livello di insoddisfazione. Al primo livello direi un “no grazie“, al secondo livello mettiamo un “preferisco di no“, al terzo la scala con un “bravi, ma basta” (di botturiana memoria). E andiamo quindi ad elencare.

Le bevande calde. Da tempo immemore, con qualsiasi temperatura esterna, fossero anche dieci sotto zero, non riesco a buttare giù nulla che sia superiore ad una temperatura appena appena più calda di quella che mi circonda. Il brodo, il Thè, la cioccolata, al massimo posso fare un’eccezione per il caffè, che è poco e comunque anche quello lo preferisco al vetro, in modo che disperda subito il calore in eccesso. Qui siamo al livello “no grazie”.

Le bevande ghiacciate. Come sopra, ma ad un livello meno parossistico. Per esempio d’estate un vinello freddo non lo disdegno: ma l’acqua, anche in pieno agosto e con 40 gradi all’ombra, per me deve sempre essere a temperatura ambiente. Tra l’altro in questi casi, più che il gusto è l’effetto simultaneo che le cose ghiacciate hanno sul mio colon che non me le fa preferire. Qui direi, “preferisco di no”.

La mozzarella o il formaggio fuso sulla pizza. Da anni ormai sono diventato un esperto di tutti i tipi di pizza che non contemplano fra gli ingredienti il formaggio fuso, che di per sé mi piacerebbe pure, ma mi stomaca abbastanza presto. Anche qui “preferisco di no”.

I bis ai concerti. Se uno va ad un concerto, ovviamente, è perché gli piace il cantante, il musicista o comunque il performer che sta eseguendo la manifestazione. Però a volte arriva un certo punto che sei stanco, rintontito dal frastuono, oppure devi andare in bagno, hai le gambe anchilosate, la mattina dopo devi alzarti presto e quindi quando arriva l’ultimo pezzo, dici “evvai”, anche questa è fin…no, c’è il bis. A volte anche due. A volte persino tre. Ecco allora che scatta il “bravi, ma basta”.

I bis a tavola. Un po’ la stessa situazione può capitarti quando sei ospite a pranzo o a cena con qualcuno. Qualcuno che ci tiene a farti apprezzare la sua cucina. Qualcuno che sembra avere a cuore il tuo sostentamento, neanche fossi un orfano proveniente dall’Africa sub equatoriale e che quindi vorrebbe rimpinzarti come il maiale prima del Natale. Tutto buono, per carità, ma anche qui “bravi, ma basta”.

Le telefonate prolungate. Fa piacere parlare al telefono con un amico. Magari con qualcuno che non senti da tempo. Se però ti accorgi che l’interlocutore non ha nient’altro da fare nelle successive otto ore e comincia a raccontarti fatti e situazioni con dovizia di particolari, il piacere può via via scomparire. “Preferisco di no”.

L’ennesima stagione delle serie TV. Fra le varie cose non del tutto negative della pandemia, almeno nel mio caso, ci fu la scoperta di Netflix e delle serie TV. In realtà qualcuno la seguivo pure prima, Grey’s Anatomy, a suo tempo Lost, ma a casa nostra era un fenomeno sporadico. Ora è diventato decisamente prevalente e se escludiamo le partite di calcio, praticamente non vediamo altro, anche grazie al moltiplicarsi delle piattaforme che offrono serie TV come se non ci fosse una domani. E la maggior parte di queste ha diverse stagioni. In alcuni casi troppe stagioni secondo me, decisamente troppe. Anche qui, “bravi ma basta”!

Le giornate di pioggia. Sì, lo so, anche la pioggia ha la sua grande utilità, soprattutto in certi periodi dell’anno e in certe zone d’Italia (ma non solo). Ma a me comunque mal dispone. E non solo per il traffico che impazzisce o perché devo asciugare il cane dopo la passeggiata: una volta ogni tanto va bene, magari di notte, ma già bastano 3 giorni di seguito per farmi piombare nell’umor cupo e in un’insofferenza generale da cui mi salva solo il ricomparire del sole. Insomma, “preferisco di no”.

Le trasmissioni che indugiano sulla cronaca. E’ vero, dobbiamo essere informati, la circolazione delle notizie è importante e ci rende consapevoli della realtà che ci circonda. Ma è proprio necessario soffermarsi così tanto sugli orrori del mondo? E’ giusto/lecito dare spazio alla cattiveria gratuita degli uomini? Non si scatena un pericoloso effetto di imitazione? Non dico che bisogna tornare alla censura, ma un “preferisco di no” qua secondo me ci sta tutto.

Chiudo quest’elenco parziale e rivedibile (hai voglia quante cose mi suscitano questi sentimenti!) con i consigli non richiesti. Le persone che ci vogliono bene, che ci sono vicine (ma non solo loro) si sentono sempre in dovere di dispensare consigli: dal banco dove fanno la spesa, al gastroenterologo che ha indagato i loro orifizi, dal posto dove si sono trovati tanto bene in vacanza, al film imperdibile che dovremo andare a vedere. E fin qui potrebbe anche andare bene. I consigli sono spesso utili, anche quelli non richiesti. Quello che è molto meno utile è l’insistenza o la verifica successiva: ma l’hai più chiamato? Ci sei andato? Ma l’hai visto? No! Non l’ho chiamato, non ci sono andato e non l’ho neanche visto. Grazie, no grazie!

E voi, viaggiatori ermeneutici, quand’è che pensate che la sostenibilità di certe situazioni sia superata? Quando vi esce naturale un “grazie, no grazie”?