A Bologna fra due settimane ci sarà un referendum per abrogare il finanziamento alle scuole materne paritarie voluto dal sindaco Merola (del Pd).
Uno studente di una qualsiasi scuola pubblica costa allo Stato Italiano 7.500 euro annui.
Uno studente di una scuola paritaria gliene costa 600 euro.
Ma l’idea che lo stato debba finanziare le “scuole dei preti e delle monache” è indigeribile ai più (mi sa che con questa nota rischio di rovinarmi qualche amicizia…).
Eppure il discorso è molto semplice. Fatto 100 il numero di studenti in Italia, lo Stato ha i soldi (ovvero, i docenti, le aule, gli edifici) per garantire la scuola a 80.
Gli altri 20 che fa, li butta in mezzo alla strada? Li manda a lavorare?
Potrebbe essere un’idea – invece, guarda un po’ – si organizza coinvolgendo un soggetto diverso. E così a 72 ci pensa direttamente lui, agli altri 28 ci fa pensare i privati e in cambio gli dai i soldi per 8.
Togliere i soldi alle scuole paritarie sarebbe, come si dice a Roma, il risparmio di Maria calzetta. Con le risorse “risparmiate” infatti non si garantirebbe affatto un miglioramento della scuola pubblica, anzi. Si aiuterebbe la chiusura di quelle paritarie (che già stanno in crisi per conto loro) e quindi si manderebbe in tilt tutto il sistema.
Senza contare – tra l’altro – che mandando i figli alle scuole paritarie, non solo faccio risparmiare lo stato (che per i miei figli spende il 92% in meno), ma con le mie tasse finanzio una struttura pubblica di cui non usufruisco.
Ma vuoi mettere quant’è fico dire “aboliamo i finanziamenti alle scuole private”!
Tipico esempio di populismo tafazzista che fa sì che la sinistra rimanga minoritaria nel paese e riesca a perdere le elezioni anche quando le vince.