In Africa ogni mattina quando sorge il sole (part. 2)

In Africa ogni mattina quando sorge il sole, la gazzella non avrebbe proprio nessunissima voglia di alzarsi. Non ha chiuso occhio tutta la notte, perché l’aria condizionata non funziona, il gazzello russa come un rinoceronte e i gazzellini l’hanno svegliata più e più volte per colpa degli incubi.

Però, in Africa ogni mattina quando sorge il sole, qualcuno deve andare a fare la spesa ed è meglio arrivare alla Conad che c’è il tre per due, almeno fino a fine mese. Allora la gazzella comincia la sua corsa tra i sacchetti dei rifiuti neanche fosse una gimcana di Giochi senza Frontiere e arriva al supermercato.

Quindi in Africa ogni mattina quando sorge il sole, la gazzella prepara il pranzo, mentre il telefono non smette di squillare, perché le propongono di cambiare tariffa per luce gas e acqua, le fanno un’offerta per la fibra e le offrono un abbonamento ai vini Giordano, ai contenitori Bofrost e ai saponi della Stanhome con tanto di bicicletta con cambio shimano in omaggio. Lei imita una voce straniera fingendosi la zebra delle pulizia (“io non capire, signora non c’è, io vengo di Romania“), ringrazia le operatrici del call center, declina l’offerta e va avanti fra gli applausi del pubblico.

Nel pomeriggio in Africa quando il sole è sorto da un pezzo, i gazzellini tornano da scuola e la gazzella, sempre correndo tra un sacchetto dell’umido e una busta di bottiglie di plastica sparpagliate sull’asfalto, li accompagna nell’ordine: a chitarra, a calcetto, dal dentista, a catechismo e a casa dell’amichetto per giocare alla play. Tra una corsa e l’altra trova il tempo di andare dal parrucchiere, fare un salto dalla madre (che nonna gazzella ci tiene) e andare alla lezione di acqua gym (la gazzella, si sa, nuota come un pesce). Tutto questo prima di cena che poi torna il gazzello, più affamato del leone.

Ah già, il leone. Perché voi sicuramente vi starete chiedendo, il leone, nel frattempo che fa? E’ troppo preso anche lui dai suoi impegni, e non ha più tempo di correrle dietro. Ma tanto lei l’aveva intuito che quella storia non aveva un futuro, che c’era solo un’attrazione carnale e poi lei – anche se mangia come un facocero – ci tiene al suo gazzello e non va dietro al primo leone che passa.

Quindi in Africa ogni mattina, non è importante che tu sia il leone, un operatore del call center o un addetto dell’AMA. Non è importante nemmeno se fai il cassiere alla Conad o sei l’insegnante di acqua gym. Perché sarà pur vero che in amore vince chi fugge, ma in questo periodo fa davvero troppo caldo e se vuoi conquistare una gazzella, non gli correre dietro. Alla gazzella offri una gazzosa. Magari una gazzosa Neri. Perché se bevi Neri ne ribevi.

Quella volta a Minneapolis che incontrai Prince

Era l’estate del duemila. Eravamo a Minneapolis, di passaggio, Toni e io. Lui provava a sfondare negli States, proponendo una versione in inglese di Vola, Lazio vola, reintitolata per l’occasione Fly an Eagle in the Sky. Dovevamo incontrare Giorgio Chinaglia (LongheJohn evviva LongheJohn, eh eh), che si era autocandidato come promoter per il mercato americano. Come al solito era in ritardo e allora cominciammo ad ordinare da bere: Toni una birra, io una cedrata Tassoni. Vi sembrerà strano, ma a Minneapolis non conoscono la cedrata Tassoni. Ripiegai su un Chinotto Neri (anche perché se bevi Neri, ne ribevi).

Toni si stava innervosendo, non gli piaceva aspettare. Giorgio (LongheJohn evviva LongheJohn, eh eh) tardava. Solo qualche anno dopo venimmo a sapere che era impegnato in una partita di traversone con Papadopulo, Manservisi e Polentes, che gli avevano fatto un’improvvisata. Per ingannare il tempo, Toni si era messo a parlare con una bionda con un fisico da urlo, gambe lunghe, grandi tette. Cercava di impressionarla dicendole che era in grado di toccarsi la punta del naso con la lingua. Lei era rimasta un po’ freddina, allora le aveva detto che era capace anche di pulirsi le unghie dei piedi con la mano sinistra, ma lei niente, lo mollò così su due piedi. Nudi, perché appunto cercava di farle vedere come si puliva le unghie.

Andata via la bionda, rinfilatosi i calzini, il povero Toni era veramente giù di corda. E anche mezzo ubriaco. Allora cominciò a inveire ad alta voce contro, nell’ordine: la Fiorentina, la mamma di Cecchi Gori e l’arbitro Treossi. Tutto questo sempre per via di quel rigore di Mirri su Salas, che ci aveva fatto perdere lo scudetto del 99. Effettivamente anche a me non era andato giù e allora cominciammo a fare qualche coro contro la Viola. E proprio in quel momento arrivò lui, in tutto il suo splendore. Ma no, non Giorgio Chinaglia (LongheJohn evviva LongheJohn eh eh), il principe di Minneapolis, Prince.

Forse attratto dai i nostri cori contro la Viola si sedette al nostro tavolo. Senza dire nulla finì il mio Chinotto, dicendo: “Ehi, lo sai che io leggo sempre il tuo blog!“. E io “Ma davvero Prince?” e lui “No, in realtà leggo quello di Zeus, anche se di musica non ci capisce una sega“. Poi ci disse: “Com’era quel coro sulla viola e sulla pioggia? Ma lo sapete che non era niente male!“. E se ne andò, così come era venuto, canticchiando una canzone di Barry White, solo molto più magro. Io e Toni ci guardammo perplessi. Lui fece un gran rutto, però a bocca chiusa e ce ne andammo anche noi, discutendo se el piojo Lopez fosse davvero più forte di Inzaghino.

P.S. Resto sempre più convinto di quello che scrivevo qui (invece che osannarli da morti, non era meglio comprare i CD o andare ai concerti a vederli da vivi?). In otto anni di FB nessuno dei miei 652 amici aveva mai messo, neanche per sbaglio, una canzone, una frase, un’immagine del Principe di Minneapolis. Quindi se pensate che questa storia sia un po’ farlocca…be’, se non altro è in buona compagnia!