Dell’attesa, del tempo e dello spazio

Che l’uomo di oggi abbia una percezione del tempo e dello spazio diversa da quella che aveva 50 o 100 anni fa penso sia un dato assodato. La velocità e la disponibilità dei mezzi di comunicazione e di interconnessione fra le persone, tende ad annullare le distanze. Se voglio vedere una persona non ho bisogno di aspettare chissà quanto, se ci voglio solo parlare mi basta un click.

E come diceva Guzzanti, la possibilità di essere in contatto con l’aborigeno australiano (senza ovviamente avere una mazza da dirsi) è diventata ormai una realtà assodata. Ma come giustamente faceva notare Suprasaturalanx in questo post, abbiamo annullato le distanze anche della conoscenza. Grazie a Internet, a Google, a Wikipedia, possiamo in un secondo controllare che sì, Orazio è nato in Basilicata (sempre ammesso e non concesso che la Basilicata esista per davvero) e che quel tal pittore milanese ha fatto quel quadro e anche quell’altro.

Il rischio della perdita del senso di meraviglia è effettivamente reale. Se posso sentirti ogni giorno, ogni momento, non ci sarà il rischio che non avremo più niente da dirci? La possibilità di sapere tutto e subito, non ci toglierà il piacere di cercare? Perché poi è vero che come diceva Pascal si gusta più la caccia della preda. La semplice “possibilità di”, ovvero la disponibilità assoluta ad avere o a sapere tutto, siamo sicuri sia un vero arricchimento?

Ma soprattutto l’annullamento delle distanze, mi sembra nasconda un rischio ben maggiore. Il tutto e subito (che in fondo è la vera regola del modo di vivere attuale, in ogni campo) ha un’implicazione connaturata che difficilmente può essere superata. La sua caratteristica intrinseca è la superficialità. E così possiamo credere che Wikipedia sia la fonte del sapere, che essere amici su FB significhi conoscere le persone, che sia inutile viaggiare quando basta vedere un video su youtube, che chattare su What’up significhi aprire il cuore alle persone.

Non sono un nostalgico, non credo che senza telefonini o senza internet si stesse meglio. Ricordo che mia mamma diceva che “chi ha la comodità e non se ne serve, nemmeno il confessore lo può assolve”. Però ai miei figli spero di far capire che a volte l’attesa non è tempo perso. Che è bello camminare ore per arrivare in cima alla montagna perché per certi traguardi vale anche la pena sforzarsi. Che per quanto bella possa essere la musica, a volte è bello anche il suono del silenzio. E soprattutto, che per quanto belli, comodi, utili, la vera vita è altrove. Fuori da qualsiasi schermo.

Fiori e frutti sono maturi quando cadono; gli animali si sentono e si trovano l’un l’altro e sono soddisfatti. Ma noi, che ci siamo prefissi Dio, non possiamo essere pronti. Spostiamo in avanti la nostra natura come le sfere dell’orologio. Abbiamo ancora bisogno di tempo (R.M. Rilke)