Il problema è un altro

Ma il problema è un altro! Quante volte abbiamo sentito questa frase? Il padre beveva. La madre non lo amava. A scuola lo picchiavano. Ha perso il lavoro. La moglie l’ha lasciato. Ha avuto una malattia. Il problema è sempre altrove. Ma non è una scusa. Non è un modo per giustificare. È solo il modo per cercare di capire.

Così vi svelo (qualcuno me l’ha chiesto!) il significato di “ermeneutica”. Originariamente è l’arte dell’interpretare i testi. Ma dai testi si passa poi (soprattutto a partire dal 900), alla realtà. Interpretare per capire il significato, per non fermarsi ai semplici fatti, ma per cercare di svelarne le ragioni, le condizioni che hanno reso possibile che le cose fossero esattamente così come poi si sono realizzate.

E come si fa a capire la realtà? Il mio maestro Marco Maria aveva trovato una regoletta semplice semplice. Se vuoi capire (i fatti, le situazioni, le persone) complica le cose semplici e semplifica quelle complicate. Se le cose (e le persone) sembrano facili, chiare, assodate, bisogna arricchirle, aggiungere particolari, collocarle in un contesto più ampio. Se invece sono già belle articolate, allora bisogna riportarle a nudo, bisogna cercare le cose essenziali, riducendo ogni complessità per metterne in luce gli elementi base.

Per questo il problema è un altro. E non possiamo (dobbiamo) fermarci alle apparenze. Anche perché altrimenti potremmo pensare di essere in un mondo di pazzi. Quello che per un nonnulla scatta come una molla, quell’altra che per un’inezia comincia ad urlare come una pazza….ma il problema è un altro. Un po’ quello che dicevo qui https://giacani.wordpress.com/2013/09/18/ce-sempre-un-motivo/

C’è sempre un motivo. Nascosto, rimosso, inconscio, volutamente dimenticato. E se vale per noi, perché non dovrebbe valere per gli altri?

Complica le cose semplici, semplifica quelle complesse.

Sempre ammesso che tu abbia la curiosità di tentare di capire chi ti sta di fronte. E io, com’è noto, sono molto curioso.

 

18 thoughts on “Il problema è un altro

  1. La strategia del complicare/semplificare mi piace, ma pone dei problemi. A furia di complicare le cose semplici potremmo trovare, per esempio, 20 ipotetiche ragioni differenti per spiegare il comportamento altrui. E tra quale scegliere allora? Sarebbe tutto più semplice con una bella chiacchierata sincera davanti a un té caldo. Ma il problema è un altro: il più delle volte nemmeno noi sappiamo perché ci comportiamo così e non riusciamo razionalmente a spiegarlo agli altri. Esiste una via d’uscita?

  2. Ciao Romolo! Ci proverò ad essere più curiosa, sembra interessante! Certo devo lavorarci un po’ su.. Ma credo si possa fare!

  3. No che non esiste. O forse sì. Non esiste già bella e pronta, spianata e ben illuminata, che aspetta solo noi per essere percorsa. Forse sì, se siamo disposti a rimboccarci le maniche per costruirla. Almeno questo è quello che penso…a meno ché il problema non sia altro! Ovvero (tornando alle 20 ipotetiche ragioni) che magari la ragione è una, ma non ci piace

  4. Dillo a me. Io sono pigro, sono il re dei pigri. Se facessero un concorso per stabilire il pigro dei pigri…non parteciperei, perché sono troppo pigro. Però sono anche curioso. E la curiosità a volte vince la pigrizia. E la curiosità ti spinge a capire. E per capire – mi dispiace, ma è così – devi complicare!

  5. Complicare le cose semplici fino a renderle complicate al punto di doverle semplificare per poi ricomplicarle… un pendolo semplicomplicatorio molto, molto faticoso 🙂

  6. Esattamente! Perché non si finisce mai di capire (le cose, le situazioni, le persone). Detto in altri termini, “lo scopriremo solo vivendo”!

  7. Molto bella questa spiegazione, che arricchisce ciò che peraltro era secondo me – forse perché nell’essenza conosco l’autore di questi Viaggi ermeneutici – chiaro. Apprezzo molto e anche mi commuovo per il ricordo di … Marco Maria, indimenticato prof. Olivetti, ordinario di Filosofia della religione per tanti anni alla Sapienza e anche direttore di Facoltà. Ci ha lasciato presto e in punta di piedi, con la stessa trasparenza con cui insegnava.

  8. Sono d’accordo sul fatto di cercare di allargare lo sguardo, di mettere insieme gli elementi del contesto, di mirare a spiegazioni complesse anziché fermarsi alla formula pronta pre-confezionata. Sono stanca anche io della faciloneria di coloro che hanno sempre la risposta (giudicante) giusta, la linearità causa-effetto scritta nel dna come lente di lettura di ogni fenomeno umano.

    Però attenzione a non correre il rischio di giustificare, sempre e comunque, il comportamento altrui. Perché, indipendentemente dal disastro in cui ognuno di noi può essere immerso in un momento o in un altro, non si prescinde mai dalla responsabilità delle proprie azioni… e dal dovere morale di provare, almeno, a non far pesare il nostro disagio sugli altri.

  9. Assolutamente d’accordo con te. Tra l’altro, per quanto mi riguarda, il giustificare sempre tutto e tutti è uno dei leit motiv della mia dolce metà…e debbo ammettere (sottovoce così non mi sente ;-)) che non ha tutti i torti.

  10. Una volta mi hanno fatto notare che giustificare gli altri è un modo di sentirsi superiori: gli altri dobbiamo capirli, poverini, mentre da noi (che siamo più in gamba), ci dobbiamo aspettare di più.

    Da allora ci sto molto attenta.

  11. Sono d’accordo in linea di principio.. Anche se questo implica un dispendio importante di risorse mentali senza davvero poter aiutare gli altri.. Diventa un esercizio di controllo personale no? Scusa se mi permetto… Mi piace scambiare idee 😄

  12. Un esercizio di controllo personale dici? Anche. ma soprattutto il tentativo di comprendere (di più? meglio? in modo più approfondito?) le realtà che ci circonda. Io penso che questo sia poi il presupposto per poter aiutare gli altri nella maniera più corretta o comunque, se non altro, il presupposto per cercare di sbagliare di meno!

  13. Capisco il tuo punto di vista.. E mi fa piacere questo scambio di idee 😄 Continuo tuttavia a pensare che sia meglio dire all’altra persona cose tipo: <> etc piuttosto che prendersi sulle spalle i loro problemi. Cosi facendo responsibilizziamo gli altri e magari li aiutiamo a capire che siamo animali sociali e come tali non possono comportarsi come lupi solitari 😄
    Dal tuo post peró prenderó spunto per analizzare i miei vicini di casa, strane creature che é meglio comprendere piuttosto che responsabilizzare-non vorrei mai scatenare una guerra di condominio.. 😜😝😛

  14. “Se le cose (e le persone) sembrano facili, chiare, assodate, bisogna arricchirle, aggiungere particolari, collocarle in un contesto più ampio. Se invece sono già belle articolate, allora bisogna riportarle a nudo, bisogna cercare le cose essenziali, riducendo ogni complessità per metterne in luce gli elementi base.”
    Azz, mi hai aperto un mondo! Grazie! 🙂

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