Non so se avete presente l’ultima pubblicità della Nokia. C’è una specie di teatro amatoriale con il pubblico che si accalca per fotografare sempre più da vicino gli improbabili attori che si esibiscono. In fondo alla sala, al di fuori della calca, due persone tranquillamente sedute, riprendono la scena da lontano grazie al mirabolante zoom dell’apparecchio. Che c’è di strano, direte voi? Nulla, se non fosse che l’oggetto pubblicitario non è una macchinetta fotografica, ma un cellulare.
Fantastico no! Per promuovere il prodotto l’azienda (e non parliamo di una sprovveduta azienducola di paese, ma di una cazzutissima multinazionale giapponese leader di mercato), non punta sullo specifico utilizzo con cui dovrebbe essere adoperato l’oggetto, ma su un suo….come dire, optional? Che evidentemente però è tutto meno che opzionale.
Già un’altra volta un bizzarro cartello pseudo pubblicitario, mi sollecitava delle riflessioni più generali (https://giacani.wordpress.com/2013/09/21/192/), sul come ci presentiamo agli altri.
Perché in effetti, la pubblicità di questo fotocellulare, potrebbe ben rappresentare un fenomeno più ampio, aiutandoci magari a riflettere sulla differenza fra il centro e la periferia della cose, sull’ornamento e il monumento, direbbe l’esimio Gianni Vattimo. Su ciò che davvero conta e quello che invece è in più, o comunque non è poi così fondamentale.
Ad esempio, un conduttore di una trasmissione sportiva deve necessariamente sapere di sport? O è più utile che sia tettecoscieculo munita? La macchina dev’essere comoda, sicura, veloce o deve avere un impianto dolby surrend da sala d’incisione? E i vestiti, devono essere comodi, caldi (o freschi) oppure devono essere di quella particolare marca? Un ristorante deve far mangiare bene o dev’essere cool, o trendy o chic (le freak so chic)? E un politico deve essere competente, o basta che sia nuovo, fuori dalla casta? Ad esempio, tanto carucci ‘sti 5stellati, ma mi verrebbe da domandargli…siete onesti, siete nuovi, siete laggente comune, ma insomma ’st’ aereo, lo sai porta’ o nun lo sai porta’?
Perché in fondo, cos’è che chiede la gente? Su quali basi sceglie?
E noi? Cosa cerchiamo noi negli altri? Cos’è davvero importante, cosa andiamo a vedere principalmente in quelli che ci stanno di fronte? E allo stesso tempo. Cosa mostriamo di noi? Tornando all’esempio iniziale, come ci facciamo pubblicità, diciamo che sappiamo far parlare o forse pensiamo (magari anche a ragione) che gli altri preferiscono vedere come fotografiamo bene?
Potremmo rischiare di essere fuori mercato. Magari abbiamo sempre pensato, che so, che faceva tanto fico dire che sapevamo sciare e invece la neve era andata fuori moda. Oppure davamo sfoggio di cultura, in una compagnia in cui primeggiava la gara di rutti. Poi potremmo anche scegliere di non fare pubblicità e di mostrare semplicemente il prodotto. Scelta rispettabilissima e condivisibile (soprattutto se si ritiene la merce buona). In questo caso l’andare “fuori mercato” non dovrebbe essere un problema. Basta esserne consapevoli.
E non incazzarsi più di tanto se…“cavolo, ma io c’ho quattro tacche anche in pieno deserto, c’ho una batteria che non si scarica mai, la voce si sente senza interferenze, perché non mi si compra nessuno”?
Mio caro, da professionista di spettacolo dal vivi mi sono caduti i capelli a ciocche dopo le prime due righe. Ma dimentico di esserlo e ti dici, da cittadina comune… Il valore aggiunto. Posto che un telefono debba farti telefonare dov’è il v. a.? Nella capacità di catturare immagini. E perché le immagini devono essere a tot pixel ? Perché sennò non è fico condividerle sui social network. E qui veniamo al nocciolo : siamo la società dell’apparire e non dell’essere.
Di grazioso aiuto a porci domande rilevanti. Grazie, Romolo.
essere o non essere, essere o avere, essere o esistere?
ci stiamo avviando verso l era dell immondesizzazione che sarà la futura glaciazione che ci estinguerà. mentre ci riprenderemo morenti sotto pile di rifiuti di ogni tipo ci potremo l ultima domanda “sarò venuto bene?”
(miiiii che pensiero apocalittico!!) 🙂
un’amica di Ivana, che sarei io o! 😀
Tu, Ivana…ma quante siete??? 🙂
ma…dove è finito il commento “ivanato”?? ce lo hai tra quelli in moderazione!
ho ben presente la pubblicità che citi. ma non il prodotto. sono rimasta parecchio disgustato dall’uso della violenza in quello spot. forse è vero: siamo competitivi ormai anche nelle situazioni più serene ed è questo l’unico messaggio che ho avuto, non la qualità della fotocamera del telefono. per questo stesso motivo quando la vedo cambio canale, perché la trovo grottesca.
Ma io ‘sto WordPress mica ancora l’ho capito bene…perché alcuni me li mette in moderazione e altri no? Diciamo che fa un po’ come je pare!
ma quindi sei all’associazione consumatori piemonte?
mi conoscono bene lì…sono la regina delle cause a wind, enel, telecom… 😀 😀
un caffè ci poteva pure scappare tra villamirafiorani! 😉
Il problema è che, troppo spesso, fotografie e video si sostituiscono all’occhio umano. La gente non va agli spettacoli e ai concerti per divertirsi, per cantare, per ballare, per pogare, per emozionarsi. No. Va per fare video da pubblicare su youtube. È qui che la tecnologia diventa patologia: quando si sostituisce alle emozioni, ai sorrisi, al sudore, alle lacrime, agli abbracci, alle mani alzate.
E’ vero! Ai miei figli rimprovero di essere la generazione del video…non leggono, non interagiscono, non giocano, se non stanno davanti ad un video. Il rischio è che alla fine, se non hanno un video, non vivono