Ecco che arriva, puntuale come ogni pomeriggio intorno alle 14 e 30, per ordinare il solito caffè corretto con la sambuca. Il dottor Benaltro è un personaggio tipico del mio bar. Prende l’ordinazione e si siede al tavolo in fondo, quello all’angolo con la sala da biliardo, vicino al bagno. Aspetta il ragioner Tepareva e il commendator Amiainsaputa, per affrontare insieme la dura traversata del pomeriggio, disquisendo di calcio e politica, ma soprattutto scrivendo l’ennesima partita fra tempi andati contro tempi moderni. Partita, che inevitabilmente finisce tanto a poco per i bei tempi andati.
I clienti buoni bisogna mantenerseli. E così ogni giorno fomento le loro discussioni ponendo quesiti futili, situazioni banali, a cui ovviamente lui non sa resistere. C’era un problema? Sì, d’accordo, ma i problemi veri sono ben altri. C’era un motivo? Sì, forse, ma i motivi veri sono ben altri. C’era una cosa importante? Sì, certo, ma le priorità sono ben altre. Quel posto è bello? Sì, te lo concedo, ma i luoghi più belli sono ben altri.
E ovviamente il massimo del gusto, una soddisfazione paraorgasmatica, per lui è spiegare a noi, poveri mortali, quali sono le realtà autentiche. Quali i problemi, quali le soluzioni, le priorità, i posti, i politici, i calciatori, i piatti, davvero super. Sicuramente, “altri”, rispetto a quelli attuali.
Il compito che si è dato il dottor Benaltro è la sistematica rimozione della realtà. Hai una cosa bella? Sappi che ne esistono di più belle. Ti capita un guaio? Sappi che ne esistono di peggiori. Di fronte al quotidiano, bello o brutto che sia, lui ha subito pronto un termine di paragone straordinario, al cui cospetto la mera realtà sfuma i suoi colori.
Una volta però l’ho affrontato. “Con questo suo modo di ragionare, non rischia di svilire l’esistente? Non ha paura che a forza di immaginare l’altro, sempre più di quello che è, le scivoli fra le dita la sua vita? Non rischia di far scolorire le emozioni, belle o brutte che siano, perdendosi per strada quello che la vita le pone di fronte?”
Mi ha guardato un po’ sorpreso, con quell’aria interrogativa e un po’ ironica che assume spesso. “Amico mio, lei è ancora giovane. Quando avrà la mia età, probabilmente avrà preso coscienza delle tre avvertenze legate ai desideri, o se preferisce ai sogni. Bisogna fare attenzione a cosa si sogna, perché a volte c’è il rischio che poi i sogni si realizzino. Quanto è brutto scoprire di non poter più realizzare i propri sogni. Ma ancora più brutto è realizzare di non aver più sogni da realizzare. Mi dia retta, amico mio, non si accontenti. Non si accontenti mai!”
Non accontentarsi mai.
Il dottor Benaltro ha spiazzato anche me.
E ne conosco anche io di personaggi come lui.
Il fatto è che hanno ragione.
Ma come lo dici tu è meglio.
Hai il tuo tocco leggero e quello che passa è ottimismo e possibilità.
Questo blog, tu, siete il mio posto sicuro.
Voglio spiegarmi meglio.
Io arrivo qui, leggo, e torno indietro con le mie sensazioni.
Anche in altri blog succede lo stesso, e le mie sensazioni sono tante.
Solo che qui è un posto sicuro.
Volevo spiegarmi meglio, ma meglio di “sicuro” non mi viene niente.
Bel post. Veramente.
Mi ricorda una frase che ho detto ad un gruppo di miei amici (nel senso proprio di band, una gruppo musicale). Mi hanno detto: “che bella questa canzone. Forse è la migliore”. Io ho risposto con noncuranza: “spero proprio di no. La migliore è quella che deve venire, mai quella che è stata”.
Non bisogna accontentarsi. Compiere il passo successivo è un’emozione. Io voglio questo passo successivo. Fermarsi un secondo significa rimanere indietro, non riposarsi.
Sono andato fuori tema? Nel caso scusa, mi scappano le parole dalle dita…
E’ la cosa più bella che qualcuno abbia scritto del mio blog. E non penso sia un caso che me l’abbia scritta tu!
No, sei esattamente in tema! Ma del resto, è facile per te, dall’alto dell’Olimpo…:-)
In questo articolo ci trovo la tua anima danielpennacchiana, molto carino! Ci vuole benaltro per trovare un difetto nella tua scrittura!
Troppo buona!
Giacani mio, mentre leggevo pensavo: “Oggesù e io però somiglio un po’ a sto Benaltro, mo come glielo dico a Giacani?”.
E’ che io mi secco delle persone che rimangono fisse sulle cose, su ogni cosa, pensiero, valutazione, conoscenza. Mi spacco le palle, sbuffo e allora mostro e paleso. Perchè per me svilire l’esistente è non riconoscerne il persistente dinamismo.
Ma infatti com’è il titolo? Unitevi o meglio, uniamoci!
Frequentiamo mica lo stesso bar ? 😉
Davvero bello!
Soprattutto il finale mi fa pensare, perchè è da un po che pondero sull’argomento sogni, e credo davvero di non avere più, spero solo per adesso.
🙂
No, no, è proprio un testo alla Daniel Pennac, bravissimo!