“Fino alla fine, ci giurammo amicizia eterna, sulle strade secondarie, nascondendoci sulle strade secondarie…”
Trent’anni sono una giusta distanza. Il tempo è davvero un grande medico, che cura le ferite, ma soprattutto cristallizza i sentimenti, aiutando a dimenticare i ricordi che fanno male, restituendo invece intatti quelli più belli. Almeno per me funziona così. Come dice il mio saggio amico Pank, ogni cosa è illuminata all’interno della memoria. Ci sono stati anni che questo 21 gennaio era un incubo: il giorno più brutto dell’anno. Il dolore, il senso di colpa, la sensazione di impotenza. Un mix venefico di tristezza nera e acidità che dalla stomaco arrivava al cervello.
Ora non è più così. Non so perché, non so come sia successo. Forse semplicemente sono riuscito a fare pace con me stesso. E quindi anche con te. Forse perché ora ho dei figli quasi di quell’età, forse perché ho capito ormai che certe cose non si possono capire, fatto sta che non sono più arrabbiato. Non sono più arrabbiato con me stesso per quello che avrei potuto/voluto/dovuto fare o dire. Non sono più arrabbiato con te per quello che hai fatto, per quello che non mi hai detto, banalmente per non avermi chiesto aiuto. Non ho più nemmeno quell’energia di per sé positiva, che mi dava la forza per andare avanti, per affermare che tu eri nel torto ed io avevo ragione, che tu avevi sbagliato tutto ed io te lo avrei dimostrato con la mia vita. Anche quella non c’è più. Non voglio e non devo dimostrarti nulla. Vorrei solo riaverti qui.
Vorrei averti qui per ricominciare una delle nostre lunghe disquisizioni musicali (una ve l’ho già raccontata qui a proposito dei Beatles). Come quella notte in cui stavamo lì, ubriachi di sonno, a sentire alternativamente i Led Zeppelin ed i Genesis, per cercare di dimostrare l’uno a l’altro chi fosse la voce del rock tra Peter Gabriel e Robert Plant (per la cronaca, continuo a pensare che Gabriel sia inarrivabile, ma tu ora continuerai a dire il contrario). Eh sì. Di musica eri un grande esperto.
Molto meno di motori. Un’altra cosa che ci accomunava. Ricordo un pomeriggio che andammo a prendere un gelato al bar del tennis, al Foro Italico, con Federica e Ale. Come spesso accadeva la già ricordata 127 decise di non ripartire. “Proviamo a spingere!“……”ma com’è che non parte, eppure quando lo facciamo con papà funziona“. E meno male che, non ricordo chi delle fanciulle, ci disse che se non avessimo ingranato la seconda, con la macchina in folle, avremmo potuto continuare a spingerla dallo stadio fino a Tor di Quinto! Non capivamo nulla di macchine e motori. Eppure ne abbiamo percorse di strade secondarie e molte altre ne faremo ancora. Ciao indimenticabile amico.
Bellissima, commovente lettera ad un amico. Decisamente ci sai fare, però… scusa se te lo dico, ha ragione lui, era meglio Robert Plant anche se Poter Gabriele… è beh…insomma… tu che dici, Giac?
E che ti devo dire…forse avevamo ragione tutti e due!
Bellissimo e commovente questo post…Chissà se in cielo passano gli Who cantava Liga…beh chissà se passano anche i Genesis o i Led Zeppelin…
Ma devi farmi piangere per forza tu?
Vedi di rimediare quanto prima con un post minchione, va’…😊😘
Oggi è così….però dai, il maiale al tramonto dell’altro giorno pareggia i conti!
Ci sono persone che restano “dentro” per sempre, impossibile dimenticare … l’amicizia non è forse una delle forme più grandi d’amore? E l’amore va oltre … e sì, forse avevate ragione entrambi! 🙂
Che bellissima lettera, che bellissima canzone.
Che post, mi sono dovuto recuperare i precedenti per avere un quadro della situazione…
Strano come, dei ricordi, si tengano solo certe parti, ma questo l’hai già detto in maniera egregia te in questo scritto.
Vorrei solo dire una cosa musicale: la Voice Of Rock, comunque, è Glenn Hughes 🙂
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