Non è necessariamente così

Ho letto parecchi commenti sulla terribile vicenda di Alatri, dove una rissa nata per chissà quali motivi ha portato alla morte di un ragazzo di ventanni. Il branco contro il singolo, la noia della provincia senza valori, la droga e l’alcol, la mancanza di controlli da parte dello Stato, ognuno ha provato a spiegare, a dare e darsi una ragione.

La cosa più terribile quando succedono tragedie come queste, è infatti il non trovare una ragione. Ci dev’essere un motivo, seppure stupido, seppure aberrante. Per questo si arriva anche ad inventarsene uno, come la presunta nazionalità albanese degli aggressori, poi smentita dai fatti. Oppure ci si arrende dietro alla constatazione che fatti come questi siano sempre accaduti e che di fornte alla cattiveria gratuita, alla violenza cieca, brutale, animalesca (quando poi siamo l’unico animale che uccide senza motivo) non ci sia nulla da fare. Ma non è così. Non è necessariamente così.

La violenza da sempre è il modo più crudo e più immediato per affermare l’ego, se stessi, la volontà di possedere il mondo, la realtà, l’altro. “Immagina un mondo senza possesso“: persino ad un sognatore come John Lennon appare irrealizzabile. Nella sua canzone più famosa tutte le cose che si immagina, si augura che un giorno si realizzeranno. Ma su questa e solo su questa, dice lui stesso “mi stupirei se ci riuscissi“.

Non è vero che non c’è una spiegazione, che non ci sia un motivo. E’ anzi il vero ed unico motivo che sta dietro tutti gli altri: che sta dietro la violenza sulle donne, che si maschera dietro questioni razziali o dietro motivazioni politiche o calcistiche. Ma queste sono solo maschere appunto. Quando l’alcol o la droga liberano i freni inibitori la volontà di possesso, di affermazione si manifesta in tutta la sua mostruosità. Ma non deve necessariamente succedere. Non possiamo accettarlo passivamente, come fosse una tragedia naturale, inevitabile come un terremoto.

Cosa fare? Deterrenza. Cos’altro? Pene severe, nessuno sconto, controlli e carcere duro, durissimo. Certamente non eliminerà il problema, ma senza dubbio costituirà un’argine molto forte. Resto contrario alla pena di morte, perché il carcere a vita penso sia un deterrente altrettanto efficace. E poi qui non parliamo di vendetta, ma di rispetto delle regole di convivenza e di strumenti dissuasivi. Mi stupisco sempre che su questi temi, sulle questioni della sicurezza e della certezza della pena, ci sia una sorta di ritrosia da parte della sinistra, che li ha più o meno cosciamente appaltati alla destra. Che è un falso storico ed un errore strategico enorme. E lo dico da uomo di sinistra. Come se uno Stato in grado di difendere i più deboli e garantire sicurezza ai cittadini fosse uno Stato fascista. Dove sta scritto? Provate a spacciare droga o a girare con un’arma a Cuba. Ma senza andare al di là dell’Oceano. Provate a guidare ubriachi o ad infrangere un limite di velocità in Svezia. Poi ne riparliamo.

 

 

5 thoughts on “Non è necessariamente così

  1. hai toccato proprio il tasto dolente: etichettare ogni pensiero, ogni idea. Sei fai questo sei di sinistra, se pensi quest’altro sei fascista, se dici cosi’ e’ populismo. Scomparsi il buon senso, la logica, il bene comune, le regole e le leggi per il buon vivere civile degno di un paese, non democratico, ma libero ed aperto, che sia di destra, di sinistra, del centro, messo e concesso che esistano ancora concetti o distinzioni di questo genere. Io non credo

  2. Il motivo c’è sempre, ma in questo caso c’è anche una schifosa omertà (e non parlo solo delle persone che erano presenti) e la paura di affrontare i cosi detti “duri”, niente vale la vita?
    Sai cosa penso? Che il vero motivo è che oggi la vita non è considerata. (punto)

  3. Non so, sono sempre molto perplessa non tanto perché non creda nel difendere i deboli e le regole di convivenza, ma perché non ho molta fiducia nell’effetto deterrente del carcere. Quando si parla di certezza della pena si invocano sempre condanne più lunghe e l’abolizione delle cosiddette “misure premiali” come semilibertà, permessi ecc. concessi – a condizioni abbastanza severe- a chi deve scontare pene anche molto lunghe (il che tra l’altro significa che è stato “preso” e condannato, è quella la cosa importante secondo me ed è lì che ci sono i problemi più grossi). So che i giornali si buttano a pesce sui casi di rapine e altro commessi da persone che hanno “beneficiato” di queste possibilità, ma è ormai accertato e risaputo tra gli “addetti ai lavori” che il carcere aumenta il rischio di recidiva e questo si riduce drasticamente (qualcosa come il 75-80%) in chi è uscito per una di quelle misure. Quindi paradossalmente è proprio per meglio proteggere le vittime che bisogna trovare un deterrente molto più valido del carcere- include le misure premiali, Naturalmente questo è un discorso generale del tutto slegato dal terribile fatto di cronaca di cui parli tu. Hai risvegliato un lato di me stessa che tendo a dimenticare da quando ho lasciato l’avvocatura ormai (ahimè) parecchi anni fa 🙂

  4. In realtà la severità delle pene, su cui sono comunque d’accordo, non ha mai risolto un problema. Bisognerebbe riuscire in primo luogo a trasmettere valori diversi da quelli attuali, poi evitare di crescere bamboccioni viziati, dare una disciplina (e in questo il servizio militare aiutava allo scopo) e poi, se ciononostante la persona delinque, la certezza della pena, giusta e tempestiva (per come la penso io, pena di morte compresa).

  5. Grazie per aver toccato un tema di così grande importanza e delicatezza. Non sono un giurista ma sto leggendo Beccaria, quindi ho presente un pochino di riflessione sul problema: essa ha il vantaggio di essere anagraficamente antica ma contenutisticamente attuale, di modo che la si possa sventolare in faccia a qualsiasi governo accusandolo di essersi perso gli ultimi duecentocinquant’anni di riforme giudiziarie – lo so, sono perfido…
    Sulla cosiddetta “sinistra” sono pienamente d’accordo con te: temo che il problema sia una completa subalternità di questa ai programmi della destra. Se un Salvini od un Berlusconi dicono una cosa, costoro si mettono in testa che debbano dire esattamente il contrario, in un’ottica di pura apparenza. Sono il primo a sostenere, machiavellicamente se si vuole, che la politica sia anzi tutto un fatto di percezione. Ma il risultato finale è che la sinistra, per sembrare di sinistra, persegue politiche di destra: per fare i progressisti che cambiano le cose, hanno cancellato il posto fisso e schiacciato i diritti acquisiti dei lavoratori e dei pensionati normali (i diritti acquisiti loro e dei pensionati ricchi, invece, non si toccano); per non sembrare razzisti come la destra, hanno aperto le porte ai migranti senza un piano per occuparsene – ma un piano per lucrarci sopra c’era – pur sapendo che già Marx scriveva che l’immigrazione è un’arma del capitale; per fare gli internazionalisti, hanno ceduto la sovranità monetaria a una banca d’affari con sede a Francoforte che ci vende gli euro più un non pagabile interesse annuo del 2,5% che va tutto in debito pubblico (poi gli stessi che ci aumentano il debito ci fanno le procedure d’infrazione). Non stupiamoci che il popolo, una volta capito che la sinistra è di destra, voti infine per l’originale.
    Sulle pene, dicevano già Beccaria e Verri che non conta quanto siano severe, ma quanta probabilità vi sia di applicarle: se io avessi la certezza matematica, avendo commesso un delitto, di beccarmi una settimana di carcere e farla tutta intera senza sconti, la temerei molto più di dieci anni che, tra un cavillo, un indulto, una condizionale, uno sconto e un giudice blando, finirei molto probabilmente per non scontare mai.

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