Rancorosi ingrati e ricattatori affettivi

Non fare del bene se non hai la forza di sopportare l’ingratitudine. (Confucio)

Il vecchio Confucio la sapeva lunga (in effetti era Confucio, mica confuso….va be’ me la pianto). Chi di noi non si è sentito abbattuto, deluso, tradito quando ha avuto a che fare con quel mostro verde che è l’ingratitudine? L’ingrato ti colpisce quando meno te lo aspetti, quando hai le difese abbassate, ti colpisce lì dove al contrario ti aspettavi un riscontro positivo. E’ come una tazzina di caffè amaro o come un piatto di pasta senza sale.

Da un punto di vista clinico l’ingratitudine è stata studiata e ne hanno tirato fuori questa sindrome rancorosa del beneficato, che starebbe ad indicare la frustrazione di colui che ha ricevuto un beneficio e non riuscendo a sostenere il peso del debito di riconoscenza verso il benefattore, trasforma quest’ultimo in una persona da allontanare, dimenticare e a volte anche diffamare. Un atteggiamento che può venire fuori in maniera inconscia, frutto di antiche insicurezze che ci fanno pensare di non essere meritevoli del favore ricevuto, sminuendo il favore  ricevuto (“cosa mi avrai mai fatto?”), fino quasi a non considerarlo (“non te l’ho mica chiesto io”).

Vai a far del bene ai somari, ne rimedi solo calci“, diceva la mia saggia mamma. D’altra parte però una delle sue massime preferite era “fai del male e pentiti, fai del bene e scordatelo“, perché il bene che facciamo dovrebbe bastare a se stesso, senza ulteriori pretese (o anche attese). Ma non è sempre così. Anzi, dietro certi atteggiamenti da apparenti benefattori, a volte si nasconde chi ha bisogno di sentirsi indispensabile: chi fa del bene basandosi sul proprio tornaconto e non solo si aspetta, ma pretende di aver gratitudine, cercando di imprigionare l’altro con ricatti affettivi, più o meno espliciti. E a quel punto, tra il rancoroso ingrato e il ricattatore affettivo, non so mica chi sia meglio. Bene faremmo ad evitare entrambi come la peste e a cambiare strada se ne incontrassimo per strada.

Ma sappiamo bene che è impossibile. Dovremmo stare attenti piuttosto a non cadere noi stessi in uno dei due eccessi, cercando di non aver timore né di dare, né di ricevere, ma soprattutto cercando di rimanere liberi rispetto ad entrambi gli atteggiamenti. Quella libertà che ci permette di sorprende (e sorprenderci) di fronte a benefici inaspettati. Da offrire e da ricevere. Come uno che col carrello pieno ci fa passare avanti al supermercato quando dobbiamo comprare solo una cosa o come quando diamo la precedenza in macchina a qualcuno che in realtà non ce l’avrebbe. Quei benefici inaspettati che sono poco quando c’è poco da dare o da ricevere e sono molto quando c’è molto da dare o da ricevere, perché vengono fatti spontaneamente senza pensare al molto o al poco.

Cosa c’è di meglio di questi sorprendenti gesti di altruismo, gratuiti ed inaspettati, che ti arricchiscono giusto di un sorriso? E cosa più prezioso di un grazie possiamo dire quando li riceviamo o avere in cambio quando li compiamo? In fondo basterebbe poco per cambiare il colore delle nostre giornate.

 

 

13 thoughts on “Rancorosi ingrati e ricattatori affettivi

  1. Non è il bene che uno fa ad essere messo in discussione, se lo fa senza aspettarsi un tornaconto. È il male che si fa che non può e non deve rimanere impunito.

  2. Secondo me, ci sono tanti tipi, d’ingratitudine

    a volte, essere grati non controbilancia quanto è costato beneficiare di un certo trattamento

  3. Ma forse è proprio il discorso della bilancia che dovremmo mettere da parte. Anche perché un valore oggettivo alle cose non esiste e quindi ognuno potrà continuare a sentirsi in credito o in debito, se vuole. Molto meglio allora non fare calcoli, dare o ricevere senza pensare ad altro, facendolo bastare

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