Il passo indietro (dedicato a DDR, ma non solo)

Quant’è difficile dire “è finita”! Ammettere che una storia si chiude, che una carriera è conclusa, che un compito finisce, che un obiettivo è raggiunto. Riconoscere, prima di tutto con se stessi, che è inutile insistere, andare avanti, far finta che ci sia altro tempo da spendere o altro spazio da occupare. Penso che in assoluto sia una delle cose più complicate del mondo. E vale in ogni situazione: nelle vicende amorose, come in quelle lavorative, nei rapporti fra le persone ed in quelli con il mondo che ci circonda.

Un caso eclatante (l’ennesimo) riguarda il capitano (o dovrei dire ormai l’ex) della seconda squadra della capitale. Il povero Daniele De Rossi, a forza di aspettare che il monumento della storia romanista togliesse le tende, è passato nel giro di un anno da capitan futuro a capitan passato, come se per lui non ci fosse mai stato un presente. Dicevo l’ennesimo caso perché di campioni che con il passare degli anni non riescono a capire che il loro tempo migliore è ormai alle spalle ne è piena la storia del calcio. Ma del resto, se è difficile per un politico o per un grande manager accettare che a settantanni (a volte anche più) sarebbe meglio dedicarsi ai piccioni ai giardinetti o ai cantieri della metro, come pretendiamo che un ragazzone di trentacinque anni, possa rassegnarsi a farsi da parte serenamente quando ha ancora una vita davanti?

Qualcuno riesce anche a reinventarsi in altri campi (mitico il portiere Sepp Maier della Germania campione del mondo nel 74 che diventò un clown o il milanista Weah che è diventato presidente della repubblica della Liberia), qualcuno rimanendo nel mondo del calcio addirittura ha una carriera migliore di quando giocava (quante seconde linee sono diventati grandissimi allenatori o addirittura presidenti di squadre). Ma tanti, soprattutto grandi campioni, hanno avuto difficoltà, perché non è facile quando si è all’apice del successo, quando si è raggiunti la cima, riuscire a trovare nuove motivazioni, nuovi traguardi.

Per questo fare un passo indietro, riconoscere che quella cosa è finita, saper dire basta è durissima. Per questo ci si ostina ad andare avanti lo stesso, facendo finta che il tempo non sia passato. Un po’ come chi si tinge i capelli o si tira le rughe. Oppure chi rimane attaccato alla poltrona come una patella ad uno scoglio. Ma dimettiamoci amici miei, togliamoci di torno! E facciamolo noi prima che siano gli altri a presentarci il ben servito. Non bariamo con il tempo, perché prima o poi verrà a vedere le carte e scoprirà il bluff, prendendosi il piatto e lasciandoci miseramente in mutande. Ripeto, non è facile, ma che soddisfazione, che dignità quando ci si riesce! Perché come dice Sun Tzu, ne “L’arte della guerra”, dobbiamo fare le battaglie che sappiamo di poter vincere. E contro il tempo, ahimè, non vince nessuno.

Detto questo, riconosco l’onore delle armi a DDR, avversario scomodo, duro, antipatico, ma con una dignità che altri non hanno avuto e gli auguro di trovare nuovi successi (anche perché calcisticamente parlando non è che….) e nuovi stimoli nella nuova vita che comincerà a breve.

 

4 thoughts on “Il passo indietro (dedicato a DDR, ma non solo)

  1. Bella la citazione di Sun Tzu, e saggia. Purtroppo viviamo in una società che mette al primo posto l’apparire, l’esserci e tirarsi indietro, uscire di scena è sempre più difficile. Specialmente per chi ha rincorso il classico posto al sole e non riesce ad ottenerlo. Chi ha avuto oneri ed onori può anche dire ad un certo punto “basta, ho chiuso”, ma chi corre senza riuscire mai ad afferrare il sogno è dura, mi risulta peraltro che non sia un giocatore di grande spessore. Ma purtroppo bisogna saper accettare, soprattutto quando si scelgono carriere che ti mettono così in risalto. Nel mondo dello sport poi la faccenda è esasperata dai limiti d’età.

  2. Mi viene in mente un paradosso storico, pensando a questa faccenda: in un’epoca di tremende lotte fratricide, di liste di proscrizione, di bassezze politiche d’ogni genere e senza limite, il solo che riuscì a morire nel suo letto fu il terribile Lucio Cornelio Silla: prese il potere, fece tutto quello che riteneva opportuno con una freddezza calcolatrice di quelle che ti lasciano allibito e disarmato, poi decise che aveva finito e se ne tornò a casa. Un Cincinnato nel lato oscuro della politica. Già allora c’erano molti che non avrebbero mai accettato di smettere, e anche dopo ve ne furono parecchi, uno su tutti Cicerone. Oggi… be’, facciamo finta di niente. Andreotti non si ricandida solo perché da morti è inelegante…

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