Siamo abituati al nesso causa effetto. Diamo per scontato che ad una determinata azione poi ne segua un’altra che necessariamente viene fuori da quella precedente, come sua inevitabile conseguenza. Succede con le cose, con i macchinari, ma anche con le persone. Meglio le conosciamo, più dovremmo essere in grado di prevedere le loro reazioni.
Ma non solo diamo per scontata la conseguenza, spesso siamo certi anche del tempo necessario alla sua esecuzione. E se il tempo non è quello che pensiamo, l’attesa diventa snervante, anche fosse di pochi secondi. Come quando aspetti che il computer ti dica che puoi togliere la chiavetta USB. Oppure mentre sei lì che guardi la macchinetta del caffè prima che cominci a sbuffare fuori il liquido nero e bollente. Per non parlare degli attimi in cui rallenti quando arrivi al casello telepass e ti attraversa un brivido fugace insieme all’ipotesi che qualcosa non funzioni e la sbarra rimanga giù.
Il caldo impaziente che ti assale quando hai acceso l’aria condizionata, ma lo split resta immobile, come se si divertisse a vederti sudare. O quando aspettiamo che si spenga la spia dell’ascensore e ascoltiamo i rumori del lento procedere, le porte che si aprono e poi si richiudono, ma quella rimane ancora rossa, come se ci facesse i dispetti.
Quel tempo in attesa ci mette in agitazione. Fa vacillare la nostra incondizionata fiducia nel futuro. Oggi è la macchinetta del caffè, domani potrebbe essere l’antibiotico che ci fa passare la febbre. E la sbarra del casello autostradale non è forse la perfetta metafora dell’ostacolo improvviso che blocca il nostro viaggio nella vita?
Ma proprio in quegli attimi di smarrimento, in quei momenti sospesi sul ciglio del burrone, riscopriamo le nostre certezze, sappiamo su chi possiamo contare. In cuor nostro sappiamo che lo split, magari tarderà un po’, ma poi comincerà a ronzare e l’aria si raffredderà in un baleno. Conosciamo la sbarra che si alzerà e ci permetterà di continuare il nostro viaggio. E ovviamente, se non si fosse capito, non parlo di cose o di macchinari.
In realtà in quei momenti ci salvano i legami che abbiamo stabilito. Quei legami che durano nel tempo, che sfidano le distanze e non temono nulla, perché sono le nostre certezze. Legami che come ricorda saggiamente Borges, nel bene o nel male, sono gesti irreparabili.
…ma che bello!
🙂
bello, sì
Ho letto tutto il tuo articolo mentre attendevo la macchinetta del caffè …
In pratica ce la siamo rimpallata! 🙂