Che di par suo certo non credo potrebbe laurearsi in astrofisica. E probabilmente avrebbe difficoltà anche con la riduzione eidetica di Husserl. Però, al di là delle facili ironie che si sono scatenate sui social sulla sua decisione di non cantare Bella Ciao (anche da parte mia), purtroppo tutti i torti non ce li ha avuti.
“E’ un bellissima canzone che io adoro, un canto di libertà contro ogni dittatura, che purtroppo però nel mio Paese è diventata il simbolo di una parte politica“. Ecco, avesse detto così, penso nessuno avrebbe avuto da ridire. Infatti il problema non è il noumeno Bella Ciao (ma stesso discorso potremmo fare per il 25 aprile), ma il fenomeno che ci è cresciuto accanto. Sarebbe bello poter dire che quello non è un canto divisivo, che non appartiene ad una parte politica, che dovrebbe invece rappresentare tutti coloro che credono nella democrazia. Come sarebbe bello che il 25 aprile fosse davvero la festa della liberazione, contro ogni tirannide. Ma perché non è così?
A destra si dice che è colpa della sinistra, perché si è impossessata dell’uno (il canto) e dell’altro (il 25 aprile), per farne un qualcosa appunto di parte. A sinistra, ovviamente, si dice che la colpa è della destra che di fondo non è democratica e quindi rifiuta i simboli della resistenza contro il nazifascismo. Io penso che abbiano ragione entrambi e che entrambe le spiegazioni siano valide.
Ha ragione la sinistra, perché finché un persona di destra non canterà a squarciagola e non si sentirà rappresentato da quello che significa quel canto e quella festa, non saremo un Paese normale. Ma ha ragione anche la destra, perché (ahimè!) la sinistra ha fatto molto poco per cercare di allargare questi valori, anzi si è sempre sforzata di mantenerli all’interno del suo recinto. Come non ha fatto nulla per dialogare e quindi legittimare una destra autenticamente antifascista.
E così Bella Ciao (che detto per inciso, come ricordava Bocca, non era un canto partigiano, bensì una melodia tradizionale a cui fu aggiunto il testo che conosciamo solo nel 53, quando la resistenza era bella che finita), diventa un canto di liberazione universale, cantato nei telefilm spagnoli, nei balconi durante il lockdown in Germania, dalle donne curde, ma in Italia non si può cantare, perché è diventato un canto di parte. Come sempre accade, raccogliamo quello che abbiamo seminato, ma stavolta la colpa non è di una parte sola. E nemmeno della Pausini.
Belle considerazioni!
Però io “Bella Ciao” continuerò a cantarla, e spero che non venga presto proibita per legge
Sono perfettamente d’accordo con te!
D’altro canto ho anche però letto un commento su Twitter che mi ha molto fatto riflettere. Diceva “non cantare Bella Ciao non è già di per sé una scelta politica?”. E per quanto non sia una grande fan di Laura Pausini penso che qualsiasi cosa avesse fatto qualcuno (alternativamente la destra o la sinistra) si sarebbe appropriata di quel gesto dandogli una lettura politica.
Sì, anche non cantarla infatti è stato valutato come gesto politico. Ma appunto è un errore, perchè quella è una canzone che dovrebbe essere di tutti!