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Ebbene sì, ammettiamolo

Perché le persone fanno cose stupide? Qualcuno potrebbe dire, citando il mitico Forest Gump “stupido è chi lo stupido fa”, quindi se fai cose stupide è perché sei stupido (già in passato avevo approfondito il tema, parlando del bellissimo libro di Carlo Cipolla sulle 5 leggi fondamentali sulla stupidità). Ma non necessariamente è così. Fanno cose stupide anche le persone intelligenti. Che poi sarebbe la famosa “botta der cojone” come si dice dalle mie parti. Quella che appunto ti fa fare una cosa che mai nella vita avresti fatto, ma chissà perché quel giorno, ti viene in mente di fare.

Le stupidate occasionali però sono eccezioni, più o meno spiegabili, più o meno ragionevoli (le stupidate difficilmente sono ragionevoli). Quelle meno spiegabili sono le stupidate ricorrenti. Come quelli che tirano le porte dove sta scritto spingere o chi che si mette in macchina la domenica pomeriggio sperando di non trovare traffico. Ma i primi potrebbero essere distratti, i secondi potrebbero non avere alternative: insomma una qualche spiegazione ad un comportamento stupido, potrebbe esserci. Ci sono però stupidate ricorrenti e generalizzate davvero inspiegabili. E al primo posto metterei quelli che un nanosecondo dopo che l’aereo è atterrato scattano in piedi come le molle. Ma perché lo fate? E perché mi guardate male se invece io resto seduto? Oppure quelli che scrivono sui social vieto questo, non autorizzo quell’altro. Ma sul serio fate?

Poi ci sono le stupidate ricorrenti, ma volontarie. Scelte e volute. Ad esempio c’è chi continua a fumare, ben sapendo i danni che questo comporta. Chi vota partiti improbabili e chi si avvelena le domeniche tifando squadre che vincono raramente. E poi ci siamo noi cinquantasettenni, che continuiamo a mettere a rischio caviglie, ginocchia e polmoni giocando a calcetto il giovedì sera con il freddo e sotto l’acqua. Mi vedo e ci penso. Soprattutto vi vedo, amici carissimi. Vi vedo e mi domando: quand’è che i miei coetanei sono diventati anziani? Com’è accaduto e perché io nel frattempo non me n’ero accorto? Mi conforta però un pensiero. Sarà pure una follia, una stupidata. Ma è la nostra. E siamo tutti convinti di continuare a farla, ogni santo giovedì. Almeno finché ci regge la pompa!

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Any given Thursday

Il 1986 è uno dei miei anni del cuore. A vent’anni tutto è bello, il futuro è un libro bianco tutto da scrivere, ogni sogno, ogni progetto, ogni prospettiva sono ancora da provare. Tornando indietro assapori ancora quella sensazione di spazio aperto. Puoi cadere nella nostalgia di quei momenti, puoi rammaricarti per certe scelte compiute, oppure ringraziare la tua buona stella per quelle che hanno dato buoni frutti.

Nell’estate di quell’anno cominciai una storia d’amore che continua anche oggi e ovviamente quella resta in assoluta la scelta migliore della mia vita, da cui a cascata discendono quasi tutte le altre. Ma non voglio parlarvi di questo, cari viaggiatori ermeneutici. Piuttosto voglio raccontarvi un’altra scelta, anche questa nata un po’ per caso, che prosegue ancora oggi. Non c’entra nulla con la prima, non ha neanche lontanamente la stessa importanza, ma se vogliamo è anch’essa una storia d’amore ed esattamente come tutte le storie d’amore che si rispettino, prosegue uguale a se stessa, proprio nella sua capacità di rinnovarsi, di rigenerarsi, di scoprirsi sempre nuova.

Prima c’era stata la scuola, le medie, il liceo. Nel nostro istituto c’erano molti campi sportivi ed è lì che giocavo a calcio con gli amici. Terminato quello, con l’inizio dell’Università, altri interessi, altre attività avevano preso il sopravvento, ma la voglia di tirare calci ad un pallone era rimasta inalterata. Così, al termine di quell’estate fantastica, quando alcuni amici della parrocchia mi invitarono a giocare con loro, accettai con entusiasmo. Erano ragazzi più grandi di me, giocavano il giovedì sera in un circolo sulla Nomentana che aveva anche campi coperti.

Sono passati 37 anni, di quel gruppo iniziale non gioca più nessuno, negli anni si sono succedute tante persone. Alcuni per una partita solamente, altri per periodi più lunghi. Alcuni che cominciarono a giocare solo qualche anno dopo sono ancora con me, dal più giovane che ero sono diventato fra i più vecchi. In questi anni abbiamo arruolato gente di tutti i tipi: loschi figuri, poeti, santi, navigatori, persino i nostri figli. La cosa più bella è che siamo invecchiati insieme, gli acciacchi il venerdì mattina aumentano, abbiamo cambiato circolo, ma la voglia e la magia per le Volpi del giovedì (così ci chiamiamo da qualche anno, in onore dell’impresa del Leicester!) rimangono gli stessi.

Ogni benedetto giovedì, noi ci siamo, almeno finché “ci regge la pompa“. E chi non ce la fa più è comunque parte integrante del gruppo nelle cene sociali che spesso concludono le serate sportive. Continuiamo nelle nostre classifiche per stabilire il vincitore di fine anno (a cui spetta la pizza gratis nella cena conclusiva) e il cucchiaio di legno, ambito trofeo per chi arriva ultimo. Continuiamo ogni venerdì a scrivere esilaranti resoconti della partita appena giocata, che restano a futura memoria per ricordare imprese e disgrazie della serata precedente.

Stasera inizieremo il nuovo anno con un velo di tristezza, perché uno fra coloro che iniziarono con me, il mitico Silvano, purtroppo non c’è più. Pur non giocando più da tempo, era stato nominato Presidente onorario ed era lui che assegnava i trofei con tanto di certificato autografato. Ci mancherà molto, ma stasera dopo la partita brinderemo a lui, con la consueta goliardia che ci ha sempre contraddistinto.

Stamattina raccontavo ad un collega questa magica atmosfera che nonostante gli acciacchi continua ad animarci come fossimo ragazzini. “Giocate ancora a calcetto alla vostra età? Ma siete pazzi? Ma perché non vi drogate come fanno tutti?” Forse potrei dire che la nostra droga è il calcetto. In effetti dopo oltre trent’anni è acclarato che crei dipendenza. Ma in realtà è molto di più. E’ una storia d’amore, che si rinnova ogni settimana, con il sole o sotto l’acqua, nonostante il freddo umido o il caldo afoso. Una storia che spero non finisca mai. Lunga vita alle Volpi!

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A metà strada fra Roma e la luna

Quando si gioca a tombola a casa nostra ed esce si dice “ciccia con ciccia”. E in effetti ha un ché di rotondo, di pienezza, quando lo pronunci ti riempe la bocca come un bigné alla crema: cinquantacinque! Esattamente a metà strada tra…….già, tra che? Che cosa ho alle spalle che si può dire concluso? E cosa mi aspetta domani di così radicalmente diverso dall’oggi?

Sento chiaramente di essere nel mezzo di qualcosa. Un libro in cui cominci a capire la trama, ma che ha ancora molte pagine da leggere, una serie TV con altre stagioni da vedere, un campionato di calcio con diverse partite ancora da giocare. Ma insieme mi rendo pure conto della strada fatta. Delle svolte prese, delle scelte fatte, delle occasioni lasciate andare. Lo sapevate che 55 è esattamente la somma di tutti i numero dell’1 al 10? (Vi vedo che ora state facendo a mente i conti, malfidati!)

E quindi, per arrivare a 55, devi averli già messi in fila tutti appunto, dall’uno al dieci, tappa per tappa, senza saltarne nessuno. Poi certo, nella mia mente, un cinquantacinquenne resta un uomo di mezz’età con la pancetta, i capelli sale e pepe, dentro casa con le pantofole, la vestaglia, camicia e cravatta. Ed il fatto che io non mi ci sento, cambia solo relativamente le cose. D’accordo non hai mai pensato di essere Fonzie, tutt’al più ti immaginavi come Richie Cunningham. E invece ti rendi conto che potresti tranquillamente essere Howard. Son cose che fanno riflettere.

D’altra parte finché continuerò a giocare a calcetto “any given Thursday“, finché mi divertirò con Rose e mi emozionerò per un nuovo CD del Boss o per un goal di Ciruzzo, finché sarò innamorato della mia donna, continuerò la mia missione di diffondere luce e dolcezza, ricercando la leggerezza dei pensieri e la profondità dei sentimenti e lo farò con “la capa fresca”, come mi dice la mia sorellina. Nonostante, anzi forse proprio grazie, ai cinquantacinque.

When you get caught between the Moon and New York City
I know it’s crazy, but it’s true
If you get caught between the Moon and New York City
The best that you can do (the best that you can do)
The best that you can do is fall in love