Io e il vecchio Walt

Il 15 dicembre di 56 anni fa in testa alla classifica di Hit Parade nei 33 giri c’era Revolver (l’album dei Beatles che preferisco), da pochi giorni c’era stata l’alluvione di Firenze, (le catastrofi naturali non sono un’esclusiva dell’attualità come forse pensiamo), l’Inter era in testa al campionato (che poi vinse la Juve) e proprio in quel giorno moriva Walt Disney.

Sebbene il mio inguaribile ottimismo mi porti sempre a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, devo prendere atto di aver ormai superato quel “mezzo” del cammin di nostra vita. In effetti non me lo auguro nemmeno di campare 112 anni: non credo che a quell’età potrei ancora giocare a calcetto. Sì, certo probabilmente continuerei a leggere Tex e a seguire la Lazio, ma per il resto, non la vedo proprio entusiasmante la giornata tipo di un centododicenne.

Quindi inevitabilmente uno è portato a fare un qualche tipo di bilancio (anche se, essendo sagittario ascendente gemelli, non ho grandi dimestichezza con le bilance). Una cosa ormai mi sembra chiara: non sono uomo da grandi passioni. La mia sconfinata curiosità mi porta ad interessarmi di tutto o comunque di gran parte delle cose in cui mi imbatto. Ma se dovessi dirne una in particolare, avrei difficoltà. Mi hanno sempre affascinato quelli che hanno conoscenze tecniche approfondite, che so, sugli impianti WiFi. Quelli che sono disposti a spendere mezzo stipendio per quel tipo di amplificatore o quel tipo di casse speciali: io vivo ascoltando musica, ma francamente non mi sono mai interrogato più di tanto sul mezzo con cui l’ascolto. Così come bevo volentieri un bicchiere di vino, ma non saprei certo dire nulla di intelligente ad un primo assaggio (se non, al massimo, “sa di tappo”!).

E così via, potrei elencare decine di specializzazioni, chiamiamoli hobby, chiamiamole passioni, che impegnano le persone e fanno sì che si possano definire esperti. Ma io, in questi 56 anni di vita, in cosa sono diventato esperto? (A parte diffondere luce e dolcezza, ovviamente). Che poi spesso queste passioni sviluppano anche delle capacità, delle conoscenze tecniche: chi riesce a riparare un impanto elettrico, chi sa riconoscere un pittore o una tecnica pittorica, chi è capace di suonare uno strumento. Ma io, in questi 56 anni di vita, che so fare? (A parte scrivere minchiate sul blog, ovviamente).

Sarà che all’università ho studiato filosofia (e questo non è un caso), sarà che da trent’anni lavoro con le parole più che con i fatti (ma questo forse è un caso), però devo prendere atto che tecnicamente parlando, cioè prendendo in esame gli aspetti tecnici di una questione, non so fare un fico secco (a parte giocare a pallone, ovviamente). Questo potrebbe portarmi un qualche genere di frustrazione, potrebbe farmi sentire incapace o inadeguato in mille situazioni. Ma neanche per sogno! La cosa mi lascia del tutto indifferente, perché ormai ho fatto pace con le mie incapacità. Non dico che ci sono affezionato, ma sicuramente ho smesso di combatterle.

Chissà, magari anche il vecchio Walt era un disastro con una brucola in mano. Forse anche per lui la pennellessa era un oggetto misterioso e neanche lui impazziva appresso a motori, francobolli o barche a vela. Di una cosa però sono certo. Anche lui diffondeva luce e dolcezza. A piene mani e ancora ne beneficiamo. E allora mi son detto, con l’umiltà che non mi contraddistingue, senza disegnare cartoni animati (ovviamente sono un disastro anche con una matita in mano) perché non provare a prenderne il testimone?

A metà strada fra Roma e la luna

Quando si gioca a tombola a casa nostra ed esce si dice “ciccia con ciccia”. E in effetti ha un ché di rotondo, di pienezza, quando lo pronunci ti riempe la bocca come un bigné alla crema: cinquantacinque! Esattamente a metà strada tra…….già, tra che? Che cosa ho alle spalle che si può dire concluso? E cosa mi aspetta domani di così radicalmente diverso dall’oggi?

Sento chiaramente di essere nel mezzo di qualcosa. Un libro in cui cominci a capire la trama, ma che ha ancora molte pagine da leggere, una serie TV con altre stagioni da vedere, un campionato di calcio con diverse partite ancora da giocare. Ma insieme mi rendo pure conto della strada fatta. Delle svolte prese, delle scelte fatte, delle occasioni lasciate andare. Lo sapevate che 55 è esattamente la somma di tutti i numero dell’1 al 10? (Vi vedo che ora state facendo a mente i conti, malfidati!)

E quindi, per arrivare a 55, devi averli già messi in fila tutti appunto, dall’uno al dieci, tappa per tappa, senza saltarne nessuno. Poi certo, nella mia mente, un cinquantacinquenne resta un uomo di mezz’età con la pancetta, i capelli sale e pepe, dentro casa con le pantofole, la vestaglia, camicia e cravatta. Ed il fatto che io non mi ci sento, cambia solo relativamente le cose. D’accordo non hai mai pensato di essere Fonzie, tutt’al più ti immaginavi come Richie Cunningham. E invece ti rendi conto che potresti tranquillamente essere Howard. Son cose che fanno riflettere.

D’altra parte finché continuerò a giocare a calcetto “any given Thursday“, finché mi divertirò con Rose e mi emozionerò per un nuovo CD del Boss o per un goal di Ciruzzo, finché sarò innamorato della mia donna, continuerò la mia missione di diffondere luce e dolcezza, ricercando la leggerezza dei pensieri e la profondità dei sentimenti e lo farò con “la capa fresca”, come mi dice la mia sorellina. Nonostante, anzi forse proprio grazie, ai cinquantacinque.

When you get caught between the Moon and New York City
I know it’s crazy, but it’s true
If you get caught between the Moon and New York City
The best that you can do (the best that you can do)
The best that you can do is fall in love

54, come le facce del cubo di Rubik

E così siamo arrivati a 54. Il cappello, secondo la smorfia napoletana. Infatti, sarà l’età che avanza, saranno i capelli che diminuiscono, d’estate per non scottarmi, d’inverno per non sentire freddo, il cappello è uno di quegli oggetti sconosciuti fino a qualche tempo fa, che ora invece fanno parte del mio abbigliamento.

54 sono le carte dei mazzi francesi, 54 sono le facce del cubo di Rubik che da ragazzino non riuscivo mai a concludere. 54, ancora per poco più vicino a 50 che a 60. Ma in effetti, come ho letto su una vignetta di Shultz, quest’anno l’ho usato poco quindi forse potrei non conteggiarlo.

Come per tutti è stato un anno davvero strano, sospeso in una realtà irreale, con tanto lavoro, ma senza ufficio. Con tanta voglia di muoversi, ma con la necessità di stare fermi. Sentendo più vicini i lontani e stando più lontani dai vicini. Senza la possibilità di dare calci ad un pallone, che resta una delle cose più belle che si possono fare su questa terra, ma con possibilità di fermarsi e di riflettere su quello che è veramente importante. Ad esempio, fino a qualche anno fa, chi l’avrebbe detto che oltre il pallone, mi sarebbe mancata una bella nuotata?

Qualche post fa scrivevo che abbiamo bisogno di un sogno ribelle e forse la notizia è proprio questa qui. Cambiano i sogni, ma nonostante tutto quella che non cambia è la voglia di sognare. Non sogno più di completare il cubo (detto in amicizia, caro Rubik, il tuo cubo era veramente una grandissima sfracassatura! E poi, perché mai bisognava farl? Qualcuno l’ha mai saputo?). Invece sogno l’estate che verrà e una tranquilla nuotata in una calda notte estiva. Magari con il sottofondo dei Rem. Potrebbe essere un bel regalo per i 54. Sempre meglio di un cappello. O di un cubo di Rubik.

The photograph reflects, every streetlight a reminder. Nightswimming deserves a quiet night, deserves a quiet night.

 

Cinquantatre, ce li hai o te li senti?

A vederlo così, devo dire che mi sembra proprio un numero antipatico. Come tutti i numeri indivisibili ha un ché di ostico, un qualcosa di irriducibile che di per sé non mi appartiene. Sono un uomo conciliante, cerco sempre un modo, una strada per trovare un incontro, invece come diceva quel fortunato titolo di un bel libro uscito qualche tempo fa, i numeri primi sembrano soggetti chiusi in sé, hanno questa solitudine che li accompagna in modo quasi intrinseco.

E’ vero che qualche tempo fa, se avessi pensato ad un uomo di 53 anni, l’avrei immaginato molto diverso da come sono. O meglio, da come mi sento. Più vicino alla pensione che alla laurea, con più cose da raccontare che da aspettare. Un uomo saggio, equilibrato, abituato a decisioni chiare e senza dubbi. Come era (o meglio, come pensavo fosse) mio padre a questa età. Per sfortuna (o chissà, forse invece per fortuna) non è esattamente così. Il mio equilibrio è abbastanza spesso il frutto di oscillazioni instabili, torno spesso su decisioni già prese e i dubbi sono sempre più delle certezze. Ma perché (sono) mi sento ancora giovane! E in effetti mio padre alla mia età non giocava mica a calcetto con gli amici!

Comunque sia, che ce li abbia solo di calendario o che li dimostri senza sentirli, anche con questi 53 sulle spalle continuerò nella mia missione di spandere luce e dolcezza nel mondo, cercando leggerezza nei pensieri e profondità nei sentimenti, perché questo so fare e poco altro. Da una parte ho letto che in Italia abbiamo esattamente 53 siti catalogati dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità. 53 tesori da visitare almeno una volta nella vita, da valorizzare e proteggere dal degrado e dall’incuria. Certo, gran parte di questi 53, non sono proprio di primo pelo, anzi possiamo anche dire che sono pezzi di antiquariato. Ma d’altra parte lo sapete che indica alla smorfia il 53? Il “vecchio”. E quindi tutto torna.

La strada delle 52 gallerie

La strada delle 52 gallerie, chiamata anche strada della Prima Armata, è una mulattiera militare costruita durante la prima guerra mondiale (dal febbraio al novembre 1917) sul massiccio del Pasubio, in Veneto. E’ lunga oltre 6 chilometri, dei quali quasi la metà è suddivisa in 52 gallerie scavate nella roccia. La sua realizzazione fu di grande importanza strategica, in quanto permetteva la comunicazione e il passaggio dei rifornimenti dalle retrovie italiane alla zona del fronte, al riparo dal tiro dell’artiglieria austro-ungarica. La strada, che ha un dislivello di circa 750 metri, è un percorso tuttora praticabile a piedi nel periodo estivo, e la salita fino al Rifugio Papa dura tra le 2,5/3 ore. È necessario avere con sé la torcia elettrica per poter agevolmente superare le parti maggiormente buie delle gallerie.

Le 52 gallerie hanno ognuna un nome, proprio per sottolineare che sono le tappe di un percorso. 52 come le settimane in un anno, oppure 52 come gli anni che compio oggi. La vita come un sentiero, costruito per una ragione specifica, magari non così strategica come quello, ma che può essere utile, un riparo dal fuoco dell’artiglieria per quelli che l’hanno percorsa e la stanno percorrendo insieme a me. Un sentiero da fare insieme, passo dopo passo, con la fatica e le grandi soddisfazioni che solo le camminate in montagna ti sanno dare, con i compagni di sempre e l’entusiasmo contagioso di un quadrupede scodinzolante. Fermandosi per ammirare le bellezze che ti circondano o solamente per farsi un goccetto rinfrancante.

Lo scorso anno mi domandavo come sarebbe stato se avessi fatto scelte diverse, se avessi preso strade alternative, insomma, come sarei stato se non fossi stato come sono. Domande bizzarre, devo ammettere: in fin dei conti ognuno è quel che è, ma non è detto che sarebbe stato diverso se i casi della vita ci avessero fatto imboccare altre strade. Anzi, sono sempre più convinto che alla fine, con un giro più largo, magari in maniera più tortuosa (o forse chi lo sa, più dritta!), saremmo comunque arrivati dove siamo.

E poi, sono davvero una persona fortunata: ancora una volta e pensate sono ben 52, il mio compleanno cade esattamente il giorno in cui sono nato. Non vi sembra una cosa incredibile?

And when you stop to let em know, you got it down…Its just another Town along the Road!

51 Montesacro tutto cominciava

Chissà come sarebbe stata la storia se non fossi nato qui, all’ombra del Cuppolone. Se non fossi cresciuto nel quartiere più bello, più fintamente snob e più autenticamente amabile della città più bella del mondo.

E chissà se non mi fossi innamorato di Tex, se non fossi stato della Lazio, se non avessi inseguito le nuvole, se non avessi amato i sentieri delle montagne, i profumi del vino, il ritmo del rock, l’adrenalina che ti dà il tirare calci ad un pallone.

Chissà se avessi preferito il chi o il cosa, il quando o il dove. Chissà come sarebbe stata se non avessi scelto sempre il perché. Chissà se avessi preferito l’oggettività nei giudizi, invece della presunzione dell’essere di parte. Se non mi fossi intenerito di fronte all’affetto smisurato ed incondizionato dei cani e non mi fossi emozionato di fronte a una puntata di Grey’s Anantomy.

Chissà se fossi stato intonato, se avessi saputo parlare le lingue, se avessi imparato a nuotare, se non avessi avuto paura delle analisi del sangue, se mi fosse piaciuto il latte. Se avessi imparato a dire di no. Se fossi stato un po’ più coerente e un po’ meno fedele.

Chissà se non ci fosse stata Ale. Questa però è la cosa fra tutte che riesco ad immaginare di meno.

Insomma, sarei potuto essere un altro. Invece eccomi qui. Da 51 anni, su per giù sempre lo stesso. Grazie ai miei compagni di viaggio, a chi c’è oggi e chi c’era da ieri, a chi c’è sempre stato e a chi continuerà a starci. Il viaggio continua!

 

Che ti regalo per i 50 anni?

E così siamo arrivati! 365 giorni dopo questo post, dove elencavo tutto quello che avrei voluto fare prima di oggi, ci siamo. Mi sa che ora mi toccherà anche aggiornare l’about del blog! Come era largamente prevedibile ho bucato gran parte dei dieci obiettivi che mi ero ripromesso di raggiungere: per la precisione, non ho giocato più partite, non ho letto più libri, non ho preso più metropolitana, non sono tornato in America (ma sono andato a Cuba), non sono andato a più concerti (a quello del Boss però sì!), non ho discernuto…discernito…non ho saputo discernere (tiè!) meglio le persone, non ho pubblicato un nuovo romanzo (a breve però…), ma in compenso ho continuato a scrivere post minchioni (e va be’, questo era facile) e posso dire di essermi abbastanza avvicinato a quello che avevo detto essere il vero obiettivo. No, non quello di fare la colonscopia, anche se sono molto soddisfatto di averla fatta perché per me era un po’ come affrontare il Ciciarampa. Se è per quello sono anche molto soddisfatto di aver rinnovato la patente. Infatti dopo i 50 i rinnovi vanno fatti ogni 5 anni. Quindi, avendolo fatto ai 49, anche solo per pochi mesi, mi vale per dieci anni. Un bella soddisfazione!

Ma per restare nella stretta attualità, tutti mi chiedono, cosa vorresti per regalo? A parte rispondere un gratta & Vinci con 500 mila euro, sono molto in difficoltà. Primo perché i regali mi piace molto più farli che riceverli. Secondo perché i regali che apprezzo di più sono i libri e i CD. Ma i CD nuovi decenti ormai sono sempre più rari, i libri li leggo praticamente solo su kindle e quindi ecco lì che davvero non so cosa rispondere. 50 anni però non è che si compiono tutti gli anni e quindi, per chi volesse proprio cimentarsi, ecco la lista dei regali che mi piacerebbe ricevere.

Una bussola per orientarsi per davvero. Non quello che ti dicono dov’è il nord. Diciamo la verità, ma chissene importa di dov’è il nord! Una bussola che ti indichi quando sarebbe meglio tacere e quando invece sarebbe meglio parlare. Un ago che indichi se sia meglio stare fermi o andare, che ti dica dove andare e con chi.

Un rilevatore di bugie. Un aggeggio che, appena qualcuno dice una bugia si illumina, oppure si mette a suonare. O magari fa una pernacchia. Immaginate che bello accenderlo davanti al telegiornale. O in ufficio, quando sei ad una riunione con i capi. Ovviamente ci vorrebbe un interruttore così da metterlo in stand by, perché a volte qualche bella bugia fa anche piacere.

Un metro per le persone. Non quelli in centimetri che servono a misurare quanto sei alto. Piuttosto un metro per capire quanto sia opportuno/sano/corretto/appropriato/utile avvicinarsi e quanto allontanarsi dagli altri.

Un raccoglitore di tempo. Una cosa tipo un registratore: stai vivendo un bel momento, tranquillo con gli amici, felice, con la persona che ami? E quello lì si mette a registrare. Poi più tardi ti metti comodo, schiacci un tasto, e te lo rivivi tutte le volte che vuoi. Poi potrebbe funzionare anche con il tasto FF (vai avanti veloce), per velocizzare i momenti noiosi. Questo sarebbe proprio un bel regalo.

Un trasformatore che converta le scoregge in palloncini colorati. Questo lo ammetto, sarebbe davvero un regalo un po’ naif. Però il mondo diventerebbe un posto più colorato. E anche meno puzzolente.

Una gomma da masticare autorigenerante. Premetto che io odio le gomme da masticare. Però, ad esempio contro l’alito cattivo, sono utili. Il problema è che appena le mangi sono buone, gustose, rinfrescanti. Ma dopo circa una quarantina di masticate, ecco lì che diventano stoppacciose, emerge prepotente la loro natura gommosa e diventano insopportabili. Se invece si rigenerassero, continuando ad essere morbide e succose per 4 o 5 ore, allora forse ricomincerei ad apprezzarle.

Un elimina rotturedicoglioni. Ancora devo immaginare come potrebbe funzionare. Tipo una pistola ad acqua: si presenta la rottura di minchioni tu spingi il grilletto, spruzzzzz e via, eliminata. Dai, non sarebbe mica male!

Un aspiratore di nuvole per far splendere il sole quando serve. Questo sarebbe davvero un bel regalo. Il giovedì sera calcetto? Ecco lì che a partire dal pomeriggio una bella aspiratina intorno al cielo nei dintorni del campo e giochi all’asciutto (che alla nostra età, non è che sia proprio salutare giocare sotto l’acqua). E vogliamo parlare dei fine settimana funestati dalle nuvole? Mai più.

Tornando all’obiettivo di 366 giorni fa, avevo detto che avrei voluto dare leggerezza ai pensieri e profondità ai sentimenti. Questo era l’obiettivo prima di arrivarci e resta l’obiettivo ora che sono arrivati. Ecco, il regalo più bello è il piccolo o grande aiuto che ognuno di voi mi vorrà dare per raggiungerlo. Senza dubbio il più bello ed il più gradito!

Se invece arrivate lunghi, proprio all’ultimo minuto, non sapete che fare, fra una bottiglia di amaro, la discografia completa di Raffaella Carrà o una scatola di cioccolatini, se posso scegliere, allora preferirei un biglietto aereo per Cuba. E fate sempre la vostra bella figura.

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Arriva Lancillotto…

Se ci pensate è abbastanza incredibile che una cosa successa quasi duecento anni fa abbia dato vita ad un modo di dire che usiamo ancora oggi: “è scoppiato un quarantotto”, “andare a carte quarantotto”…quanto ha cambiato il mondo, le persone, il modo di pensare quello che successe in quel fatidico anno? Eppure nel frattempo ci sono state le guerre di indipendenza, la riunificazione d’Italia, le guerre mondiali, la caduta della monarchia. In teoria ci sono stati anni molto più decisivi di quello. Chissà se anche nelle altre lingue europee c’è lo stesso modo di dire.

Il quarantotto. Ma lo sapete che alla smorfia napoletana vuol dire “morto che parla”? Ed io che ero sicuro che fosse il quarantasette. C’è sempre da imparare. Sarebbero meglio due da ventiquattro? Chi lo sa. Personalmente mica sono così sicuro che a 24 anni fossi meglio di ora.

Quarantotto fa rima con “osso rotto” e questa cosa avrebbe dovuto mettermi in guardia. E pensare che invece la rima che mi è sempre venuta automatica con questo numero è quella canzoncina di carosello (ma anche questo sta a significare che sono ormai vicino ai cinquanta!)

Comunque, pensate che fortuna, anche quest’anno, per l’ennesima volta,il mio compleanno è caduto esattamente il giorno in cui sono nato. Ma non trovate che sia una coincidenza incredibile?