54, come le facce del cubo di Rubik

E così siamo arrivati a 54. Il cappello, secondo la smorfia napoletana. Infatti, sarà l’età che avanza, saranno i capelli che diminuiscono, d’estate per non scottarmi, d’inverno per non sentire freddo, il cappello è uno di quegli oggetti sconosciuti fino a qualche tempo fa, che ora invece fanno parte del mio abbigliamento.

54 sono le carte dei mazzi francesi, 54 sono le facce del cubo di Rubik che da ragazzino non riuscivo mai a concludere. 54, ancora per poco più vicino a 50 che a 60. Ma in effetti, come ho letto su una vignetta di Shultz, quest’anno l’ho usato poco quindi forse potrei non conteggiarlo.

Come per tutti è stato un anno davvero strano, sospeso in una realtà irreale, con tanto lavoro, ma senza ufficio. Con tanta voglia di muoversi, ma con la necessità di stare fermi. Sentendo più vicini i lontani e stando più lontani dai vicini. Senza la possibilità di dare calci ad un pallone, che resta una delle cose più belle che si possono fare su questa terra, ma con possibilità di fermarsi e di riflettere su quello che è veramente importante. Ad esempio, fino a qualche anno fa, chi l’avrebbe detto che oltre il pallone, mi sarebbe mancata una bella nuotata?

Qualche post fa scrivevo che abbiamo bisogno di un sogno ribelle e forse la notizia è proprio questa qui. Cambiano i sogni, ma nonostante tutto quella che non cambia è la voglia di sognare. Non sogno più di completare il cubo (detto in amicizia, caro Rubik, il tuo cubo era veramente una grandissima sfracassatura! E poi, perché mai bisognava farl? Qualcuno l’ha mai saputo?). Invece sogno l’estate che verrà e una tranquilla nuotata in una calda notte estiva. Magari con il sottofondo dei Rem. Potrebbe essere un bel regalo per i 54. Sempre meglio di un cappello. O di un cubo di Rubik.

The photograph reflects, every streetlight a reminder. Nightswimming deserves a quiet night, deserves a quiet night.