In ritardo per il cielo

Ci sono certi cantanti che, al di là dei meriti oggettivi, fosse solo per la voce che hanno, per la musicalità che li accompagna, per i ricordi che riescono a far rivivere, hanno un posto speciale nei nostri cuori. Per questo motivo, al di là (non direi né al di sopra, né al di sotto, ma in un’altra dimensione) dei mostri sacri, coloro che hanno scritto la storia della musica, gli autori che sentiamo nostri, come fossero vecchi amici, sono – almeno per quanto mi riguarda – esentati dalle critiche. Sì, certo, possono fare canzoni più o meno indovinate e riscuotere maggior o minor successo, ma non cambia la sostanza, perché ormai fanno parte, veramente come vecchi amici, della mia vita.

Jackson Browne appartiene a pieno titolo a questa categoria. I suoi primi 5 album, tutti usciti negli anni 70, li ho praticamente consumati, prima in vinile, poi in CD e ora con spotify. Se devo dare un consiglio direi Late for the Sky (1974), The Pretender (1976) e Running on Empty (1977): in quest’ultimo c’è fra le altre la famosa The Road, resa celebre anche in italiano da Ron (Una città per cantare). Dopo questi ho seguito tutta la sua produzione successiva, perché appunto, solamente il suono della sua voce, inconfondibile, risveglia una serie di sensazioni legate per lo più all’adolescenza e mi riesce sempre a rasserenare. Come una bibita fresca d’estate o il profumo del pane caldo d’inverno. Endorfine le chiamano e nulla più della buona musica, riesce a riattivarle!

Anche quando canta di un amore finito male, come in questa canzone che vi propongo oggi: “non hai mai saputo cosa ho amato in te, non so cosa tu amassi in me, forse l’immagine di qualcuno che speravi potessi essere“. Versi che mi sono tornati in mente a proposito della fine della storia di Totti e Ilary: magari riuscissero ad essere così teneri anche loro, ma tempo che invece finirà in maniera molto meno poetica.

Il suo impegno ecologista, portato avanti negli anni, la sua critica alle ingerenze americane nel centro america me lo rendono anche affine politicamente, ma se anche non fosse così non cambierebbe nulla. Insomma, non sarà Dylan, non sarà Neil Young, ma il buon Jack per me è sempre stata la voce dolce e chiara dell’America, nostalgica ed insieme aperta sul futuro, nonostante tutto.

La strada delle 52 gallerie

La strada delle 52 gallerie, chiamata anche strada della Prima Armata, è una mulattiera militare costruita durante la prima guerra mondiale (dal febbraio al novembre 1917) sul massiccio del Pasubio, in Veneto. E’ lunga oltre 6 chilometri, dei quali quasi la metà è suddivisa in 52 gallerie scavate nella roccia. La sua realizzazione fu di grande importanza strategica, in quanto permetteva la comunicazione e il passaggio dei rifornimenti dalle retrovie italiane alla zona del fronte, al riparo dal tiro dell’artiglieria austro-ungarica. La strada, che ha un dislivello di circa 750 metri, è un percorso tuttora praticabile a piedi nel periodo estivo, e la salita fino al Rifugio Papa dura tra le 2,5/3 ore. È necessario avere con sé la torcia elettrica per poter agevolmente superare le parti maggiormente buie delle gallerie.

Le 52 gallerie hanno ognuna un nome, proprio per sottolineare che sono le tappe di un percorso. 52 come le settimane in un anno, oppure 52 come gli anni che compio oggi. La vita come un sentiero, costruito per una ragione specifica, magari non così strategica come quello, ma che può essere utile, un riparo dal fuoco dell’artiglieria per quelli che l’hanno percorsa e la stanno percorrendo insieme a me. Un sentiero da fare insieme, passo dopo passo, con la fatica e le grandi soddisfazioni che solo le camminate in montagna ti sanno dare, con i compagni di sempre e l’entusiasmo contagioso di un quadrupede scodinzolante. Fermandosi per ammirare le bellezze che ti circondano o solamente per farsi un goccetto rinfrancante.

Lo scorso anno mi domandavo come sarebbe stato se avessi fatto scelte diverse, se avessi preso strade alternative, insomma, come sarei stato se non fossi stato come sono. Domande bizzarre, devo ammettere: in fin dei conti ognuno è quel che è, ma non è detto che sarebbe stato diverso se i casi della vita ci avessero fatto imboccare altre strade. Anzi, sono sempre più convinto che alla fine, con un giro più largo, magari in maniera più tortuosa (o forse chi lo sa, più dritta!), saremmo comunque arrivati dove siamo.

E poi, sono davvero una persona fortunata: ancora una volta e pensate sono ben 52, il mio compleanno cade esattamente il giorno in cui sono nato. Non vi sembra una cosa incredibile?

And when you stop to let em know, you got it down…Its just another Town along the Road!

L’alfabeto delle canzoni

E ce l’ho fatta anche io! Mica potevo mancare…quando il mio amico Zeus chiama non ci si può tirare indietro (veramente anche Papillon mi aveva solleticato un giochino analogo, basato sui titoli dei film, ma mi mancano troppe lettere!) Il giochino è quello di ripercorrere l’alfabeto citando titoli di canzoni. Poi lo sapete che le liste di qualsiasi cosa, soprattutto se minchiona, mi fanno impazzire. Tanto per rendere la cosa un po’ meno minchiona (mica tanto eh!) ho cercato di mettere dentro una sola volta a testa, tutti i miei gruppi e cantanti preferiti. Potreste dirmi, va be’ ma a noi che ce frega? Lo so, invece a me il giochino è piaciuto assai, anche perché riuscire a far partecipare alla cosa i best 25, ti costringe a pensare e poi a scegliere. Certamente qualcuno manca, ma le lettere a disposizione erano finite!

As Tears go by – Rolling Stones. Gli Highlander. Li ho sentiti dal vivo l’anno scorso al Circo Massimo e davvero cominci a pensare che in fondo la droga non sia poi così nociva.

Baba o’ Reily – The Who. Una canzone che bisognerebbe sentire ogni mattino, a palla di cannone, appena alzati, così tanto per ricordarci quant’è bella la vita

Cowgirl in the sand – Neil Young, come cantante lui è nella mia top five, la canzone in questione è straziante e bellissima come solo lui potrebbe cantare

Desperado – Eagles, loro sono bravissimi e la canzone merita assolutamente, al pari di molte altre (fra l’altro ce n’è un’altra, sempre con la D che mi piace un sacco, ma già l’ho usata per altri post e non volevo ripetermi)

Easy does it – Supertramp, loro sono il “mio” gruppo. Non i preferiti in assoluto, ma quelli che sento più miei, come fossero miei amici, come li conoscessi da trent’anni, un po’ come i compagni di scuola. E in fondo un po’ è anche vero.

Fat bottomed Girls – Queen. Altro gruppo storico nei miei ascolti e l’omaggio alle ragazze culone penso sia uno dei loro pezzi più significativi, per ironia, ritmo, spontaneità. Secondo me un po’ troppo sottovalutati.

Good Riddance – Green Day fra le nuove generazioni forse i più ascoltati. Questa canzone in particolare la trovo bellissima.

Horizons – Genesis. ecco dovessi scegliere un solo gruppo, non avrei dubbi, sono loro. Ho scelto volutamente un pezzo minore, brevissimo, solo strumentale, perché basta anche solo questo per far capire secondo me che quando fra trecento anni studieranno la storia della musica del 900, loro saranno nei libri di testo.

Knockin’ on Heavens Door – Bob Dylan. Che vogliamo dire su quest’uomo e su questo pezzo. Silenzio e alziamo il volume

Inbetween Days – Cure. Torniamo alla mia adolescenza con questo gruppo di matti che però in questa canzone diedero veramente il massimo. Pezzo monumentale, un altro di quelli da ascoltare la mattina per darsi la carica

Love Boat Captain – Pearl Jam. Pensavo ad un certo punto che il rock avesse già detto tutto quello che aveva da dire. Loro e il gruppo che segue a due distanze mi hanno fatto ricredere. I Nirvana sono l’emblema, loro la sostanza, fra i due, a mio avviso, c’è un abisso.

Mother – Pink Floyd. Questi certo non potevano mancare. Li ho consumati a furia di ascoltarli: probabilmente hanno scritto brani molto più belli di questo, ma ultimamente l’ho riascoltato casualmente e mi è venuto da piangere

Nightswimming – Rem. E questo è l’altro gruppo che mi ha fatto pensare che effettivamente ancora è presto per fare il de profundis al rock. Grande gruppo, grande pezzo!

On almost sunday morning – Counting Crows. Anche loro appartengono alla nuova generazione, ma per intensità dei pezzi, meritano di essere nell’olimpo. Spero di riuscire ad andarli a vedere a luglio!

Police on my back – The Clash. Nuovo salto all’indietro per un gruppo che mi ha sempre fatto impazzire. Come fai ad ascoltarli senza che ti venga voglia di salire su un tavolo e metterti a ballare?

Queen of Supermarket – Bruce Springsteen. A parte che trovare una canzone con la Q non era proprio facilissimo, ma lui è lui…il Boss, unico e solo. Insieme ai Genesis, nella mia classifica, sempre al primo posto.

Revolution – Beatles. Loro sono la storia, il porto sicuro in cui torni ogni volta che hai bisogno di sentirti a casa. Possono anche passare mesi senza ascoltarli, ma tu sai che loro sono lì. Una certezza.

Stay – Jackson Browne. Un altro dei miei preferiti, un altro di cui ho consumato gli LP quando ancora non c’era l’elettronica che ti veniva incontro. E quindi quando finiva la prima facciata toccava alzarsi, rigirare il disco e rimettere su il braccio, calcolare la traccia e abbassare la levetta.

Tunnel of Love – Dire Straits. Ultimamente li ho citati in un ricordo di qualche anno fa. Nei favolosi eighteen loro non mancavano mai. Questa, per la cronaca, è nella colonna sonora di Ufficiale Gentiluomo, film cult di quegli anni.

Uptown Girl – Billy Joel. Un altro di quei cantanti di cui ho la discografia completa. Sparito ormai da qualche anno dalle scene, ma questo testimonia una volta di più la sua grandezza. Se non hai più niente da dire, perché continuare a rompere i timpani? Non sarebbe meglio tacere? Grande Billy!

Valencia – The Decemberists. Dei gruppi nuovi o comunque emergenti questi sono quelli che forse mi piacciono di più. Un mix molto interessante di rock, country, prog. veramente notevoli!

With or Without you – U2. I loro primi 5 dischi li pongono nell’Olimpo dei più grandi di tutti. Poi si sono persi e difficilmente si ritroveranno. Ma arrivare a certe vette non è da tutti!

Xanadu – Elo. Insieme ai Supertramp l’altro gruppo che sento mio, perché fa parte dell’adolescenza in maniera pervasiva. La prima facciata di Discovery è forse in assoluto il disco che ho ascoltato di più. Anche in questo caso, forse, anzi sicuramente, ne hanno scritte di più belle, ma trovatemi un’altra canzone con la X?

Your song – Elton John. Un altro gigante che in una classifica del genere non può mancare. Canzone struggente e bellissima.

Zombie – Cranberries. Loro sono un grande gruppo, che hanno saputo dire qualcosa di nuovo, poi la voce di Dolores O’ Riordan è una di quelle che ti fanno fare pace col mondo.

Sentieri interrotti

I sentieri ufficiali in montagna, quelli segnati e catalogati dal Cai, hanno dei bei segnali rossi e bianchi che ti dicono dove devi andare. Basta avere un po’ di colpo d’occhio, seguire i segni e sei sicuro di non sbagliare mai. A volte il sentiero sembra prendere da un’altra parte, a volte la via più grande, quella apparentemente più semplice gira da un lato, ma il segno indica altrove. Magari su per un viottolo stretto e quasi nascosto: se lì ci sono le strisce bianche e rosse puoi stare tranquillo, perché quella è la strada giusta. Malgrado ogni apparenza.

Se segui i sentieri già battuti non rischierai di perderti. Non avrai sorprese, né belle, né brutte. Sai che arriverai dove volevi arrivare. Non devi star lì a ragionare più di tanto: non devi valutare i pro e i contro, né hai l’imbarazzo della scelta. Qualcuno, più esperto di te, ha fatto le scelte più giuste e ora tu non devi fare altro che fidarti di lui e seguire le sue orme.

Può capitare però a volte che senza accorgertene, ti trovi su una pista non segnata. Basta non vedere uno dei segni, magari seguendo quello che sembra essere il sentiero principale e ti ritrovi su un terreno non battuto. A quel punto puoi tornare indietro per recuperare la strada giusta. Oppure puoi improvvisare, puoi tentare di andare avanti, orientandoti con il sole o con le cime dei monti. Andare avanti su una strada sconosciuta, su un sentiero incerto, poco battuto, con la speranza che prima o poi ti riporterà sulla via principale.

Perché anche in mezzo ai boschi le apparenze possono ingannare e quando pensi di aver trovato una via alternativa, quando sei pieno di orgoglio e ti senti un novello Cristoforo Colombo, quel sentiero ampio e incredibilmente pulito, si interrompe improvvisamente in mezzo al nulla.

Ogni volta la montagna mi dice tante cose. Mi dice che per quanto possiamo essere bravi, difficilmente ci inventeremo un sentiero alternativo. Mi dice che a volte dobbiamo avere l’umiltà di tornare sui nostri passi. Che se vogliamo arrivare in cima, dobbiamo saper cercare i segni, senza lasciarsi ingannare dalle apparenze. Soprattutto mi dice che in fondo l’obiettivo può anche essere il cammino stesso, più ancora di quello che ci sarà alla fine del sentiero.

 

 

Le mie 10 canzoni

Senza musica la vita sarebbe un errore. Friedrich Nietzsche

Era tanto che volevo scrivere un post così. La musica non è un elemento accessorio della mia vita, ma ne fa parte in modo essenziale, non mi lascia mai, mi accompagna in ogni situazione. Probabilmente è la cosa più bella che esiste, la più bella che l’uomo abbia mai inventato, ammesso che l’abbiamo inventata noi. Se mi guardo indietro ogni tempo ha avuto la sua musica, ogni sentimento, ogni situazione e non c’è nulla di più concreto e di più immediato di una canzone per far tornare alla mente le sensazioni provate, il passato, il presente e il futuro. E queste sono le mie dieci canzoni: le più belle, le più significative. Le mie!

Thunder Road. E’ la canzone del coraggio di vivere e del rialzarsi sempre. Non importa quanto sei stanco, non importa quanto non ti va: il Boss dice che si può fare, che ce la posso fare, basta volerlo. E se lo dice il Boss, chi sono io per contraddirlo?

Baba O’Reily. L’età adulta, la scelta di abbandonare un passato certo, per un futuro diverso, di chiudere definitivamente delle porte per poterne aprire delle altre. La paura e la speranza. Soprattutto, la certezza che fatto qual passo indietro non si torna.

Wish you were here. La nostalgia per chi non c’è più. Non riesco a farci i conti con questa canzone ed in generale con i Pink Floyd. Di una bellezza inaudita, ma troppo dolore, troppo.

The Pretender. La sicurezza. E’ la canzone della calma dopo la battaglia, quella del ritorno a casa, dei lunghi viaggi in macchina nella notte. Una notte brillante di stelle, che arriva dopo un giorno faticoso, ma pieno di soddisfazioni.

Goodbye Stranger. L’adolescenza. Ne avrei potute scegliere molte altre, ma questa è certamente la più significativa, quella che più di tutte mi fa ripiombare indietro di trent’anni. Quella che mi fa risentire i profumi, i sapori, le voci degli anni del liceo, dei pomeriggi spensierati, ma insieme pieni di pensieri. Degli anni delle grandi scelte, perché ancora era tutto da scegliere. Per inciso oggi è la suoneria della sveglia.

We’ve got tonight. I percorsi perduti, i sentieri interrotti della vita, non per forza scelte sbagliate, ma certamente quelle non portate avanti. Senza rimpianti. Quelle strade che avremmo potuto seguire, che ci sarebbe piaciuto seguire, ma che abbiamo deliberatamente scelto di non continuare a percorrere.

Blackbird. La tristezza. Quella con cui impari a convivere, quella che sta sempre insieme a te, anche nei momenti più belli, anche nelle gioie più grandi, quel senso di incompiutezza, di nodi irrisolti, di questioni aperte. Ma insieme anche quella tristezza tenera, a cui ti abbandoni, certo che lei non ti lascerà mai, a cui in fondo hai imaparto a voler bene.

With or without you. Le contraddizioni, i conflitti, il giusto e lo sbagliato insieme. L’andare quando bisognava fermarsi, il dire quando bisognava tacere. La vita in fondo, cos’altro?

Powderfinger. La forza. La certezza di farcela. E’ un passo in più di quella del Boss: andrebbero ascoltate insieme, una dopo l’altra, perché dove finisce quella comincia questa. Se vogliamo, forse questa potrebbe essere la canzone del domani.

Firth of  Fifth. Semplicemente la bellezza della vita. Ancora oggi mi incanta. Dovessi sceglierne una da ascoltare sempre, da qui all’eternità, non potrei non scegliere lei.

Ne mancano moltissime. Non c’è la “nostra” canzone, perché quella è di Ale e mia e basta. Non ci sono canzoni che hanno dietro dei ricordi precisi ed indelebili: non necessariamente grandi canzoni, ma che certamente hanno fatto parte della colonna sonora della mia vita. Penso ai Spandau o agli ELO, ai Queen o ai Dire Straits. Non c’è molto presente, non ci sono i Rem o i Green Day, i Pearl Jam, i Counting Crows, tutti gruppi che accompagnano le mie giornate oggi e in un recente passato. Ma non si possono ricordare tutti. Non ci sono canzoni italiane, semplicemente perché pur essendocene di molte belle e anche molto significative, nessuna, almeno nella mia personalissima opinione, può competere con queste.

Sarà difficile, ma spero sempre che la più bella sia quella che ancora dev’essere scritta.