Dite che sono partito troppo in alto? In effetti se uno si mette in testa di aprire una rubrica musicale e parte con il top dei top, come si fa poi a proseguire senza scendere di livello? Quindi per non deludere i miei affezionati viaggiatori ermeneutici, mi sono chiesto, cosa vorresti ascoltare ora, cosa non ti stanchi mai di riascoltare ancora e ancora?
Come tutte le persone non più giovanissime sono esageratamente affezionato alla musica che ascoltavo da ragazzo. I cantanti e i gruppi con cui sono cresciuto, quelli che con le loro musica hanno scandito i momenti più importanti della mia vita, restano quelli che ascolto di più e più volentieri. Poi però ci sono delle tappe successive, autori che via via ho scoperto e apprezzato al punto da farli entrare nel mio personale Olimpo musicale.
Fra questi il posto d’onore ce l’hanno questi ragazzi della Georgia, che scoprii agli inizi degli anni 90 con l’album Out of Time e che poi non ho più lasciato finché hanno continuato a suonare insieme. Parliamo dei REM, una colonna del rock americano con una produzione impressionante di brani e di album, uno più bello dell’altro. Il vertice della loro produzione, a mio personalissimo giudizio, si trova nell’album già citato e nei due successivi, Automatic for the people (del 1992) e Monster (1994). E il brano che ho scelto è tratto proprio da quest’ultimo.
Strange Curriences, dove la “strana valuta” di cui parla la magica voce di Michael Stipe è l’amore. Un amore tormentato che lotta, che non si arrende, che ha bisogno di una possibilità e poi di un’altra e un’altra ancora, perché appunto è una strana moneta, che non può essere scambiata con nessun’altra cosa, non ci si può comprare nulla e l’unico valore che ha è sè stesso.
Sul serio pensate possa esistere una regola dell’amore? E siete così ottimisti che credete di trovarla nel mio blog? A volte la fiducia degli altri mi commuove. E come ve la immaginate? Tipo quelle inserite in un decalogo, con divieti assoluti a non fare questo e inviti pressanti a fare quest’altro? Oppure potrebbe essere simile a una regola logica, come quelle che si trovano nei manuali di grammatica.
Secondo voi è possibile fare un’analisi grammaticale dell’amore? Qual è il sostantivo? In amore contano gli aggettivi o possiamo farne a meno? E con quale articolo si può accompagnare, determinativo e indeterminativo? Il verbo è presente, passato o futuro? E la forma è attiva o passiva? Allora forse potremmo provare con l’analisi logica. Ma siamo sicuri che sia facile individuare il soggetto, il predicato e i vari complementi? Ugualmente complicata sarebbe l’analisi del periodo: l’amore si svolge su proposizioni principali o secondarie? Indipendenti o subordinate? No, non sarebbe affatto facile.
Magari allora si potrebbe provare con una regola matematica. Ma se volessimo fare un’equazione per calcolare l’algebra dell’amore, probabilmente scopriremmo che non sempre con l’addizione si ottengono numeri maggiori, anzi a volte per aumentare bisogna sottrarre e per moltiplicare è necessario dividere. La distanza non si calcola in metri, il peso non si calcola in chili e le equivalenze non sempre funzionano. Puoi essere vicino e stare a distanze siderali e viceversa. Può essere pesante così tanto da soffocarti e al contrario leggero fino a farti volare. Per trovare il minimo comune denominatore potrebbe servire una vita. Non parliamo della geometria dell’amore! Il triangolo sicuramente non è la forma più adeguata e a volte può anche capitare che due rette parallele si incontrino, trovando un punto in comune.
Forse potrebbe funzionare una regola musicale: potremmo trovare la regola dell’amore in una intonazione perfetta, con i diesis e i bemolle, con le leggi dell’armonia, trovando il tono giusto, con le pause e l’incrocio di voci differenti, che insieme però danno la melodia, seguendo un ritmo determinato. Ma se poi a qualcuno piacessero gli amori stonati o quelli dissonanti, come la metteremmo? Dobbiamo arrenderci al fatto che in amore non esiste una regola uguale per tutti?
Il fatto è che ognuno di noi pensa di sapere quale sia questa regola. Come quando bisogna riepiegare il bugiardino dei medicinali: lo tiriamo fuori ed è scontato che poi riusciremo a rimetterlo dentro, che ci vuole? Stava tutto compatto in zero centimetri, ora basta chiudere qui, ripiegare qua, no, forse va girato così, proviamo di là………….
Forse hanno ragione i REM: l’amore è una strana moneta. Per trovare la regola dell’amore ci vorrebbe un cambiavaluta oppure un bravo interprete, per prendere la regola e tradurla nella propria lingua. Non ci credete? Pensate a Cyrano de Bergerac, alla più bella definizione di bacio che è stata data dalla letteratura: “l’apostrofo rosa fra le parole t’amo“. Ma gli inglesi dicono “love you” e non “t’amo” oppure “Je t’aime” come nella frase originale e quindi non c’è nessun apostrofo. E quindi? Quindi in inglese il bacio è diventato “The Pink Exclamation Mark after I love you!”
Allora forse potremmo dire che la regola dell’amore è far diventare un apostrofo un punto esclamativo. Non ne trovo una migliore.
I need a chance, a second chance, a third chance, a fourth chance A word, a signal, a nod, a little breath Just to fool myself, to catch myself, to make it real, real These words, “You will be mine” These words, “You will be mine,” all the time, oh
A volte facciamo cose senza senso. E perché le facciamo? Forse perchè all’inizio sembravano fichissime e sembrava che un senso ce l’avessero. Magari nascosto, magari che sarebbe venuto fuori col tempo. Oppure perché ognuno di noi è un po’ Don Chichotte e lottare contro i mulini a vento ci piace un casino. Perché saranno anche mulini a vento però vuoi mettere correre a per di fiato con la lancia dritta contro il bersaglio e corri, corri…ma ‘ndo cazzo corri?
Facciamo cose senza senso perché le abbiamo sempre fatte. O forse perché altri le hanno sempre fatte prima di noi. E siccome abbiamo visto altri farle, ci è sembrato giusto proseguire nella scia. Il problema è il tempo che passa, che non è una variabile indipendente. Magari quando le facevano gli altri quelle cose un senso ce l’avevano. Un senso che ora non esiste più. E noi come quei Giapponesi negli atolli del Pacifico continuiamo la nostra guerra contro un nemico che non esite più.
A volte continuiamo a fare cose senza senso semplicemente per non ammettere che stiamo facendo una cazzata. La costanza nell’errore è un male generalizzato. Molto spesso, troppo spesso, chiamiamo coerenza quella che è semplice testardaggine: la dote dei somari.
Perché come i somari ci impuntiamo senza motivo e ci rifiutiamo di andare avanti. Tutto intorno a noi ci dice che sarebbe meglio procedere, che voltare pagina non è solo utile, ma anche sano. Il problema, come sempre, è che siamo bravissimi a capire le cose senza senso che fanno gli altri…Ma ora vi lascio. Devo ancora riportare al piano di sopra l’elefante. In ascensore non c’entra, mi toccherà rifare le scale.
I’m pushing an elephant up the stairs I’m tossing up punchlines that were never there Over my shoulder a piano falls Crashing to the ground
Help me when I fall, to walk unafraid, I’ll be clumsy instead, Hold my love or leave me high. Walk unafraid, I’ll be clumsy instead, Hold my love or leave me high
C’è chi cammina sicuro, con passo spedito, senza paura, guardando dritto avanti a sé, proiettato sulla strada che ha davanti, sfidando il futuro negli occhi. E c’è invece chi cammina in modo incerto, quasi claudicante. E’ difficile che riescano a camminare insieme, ma non è impossibile. Soprattutto se chi cammina sicuro non ha paura di rischiare anche lui di cadere. Se vuole davvero aiutare l’altro, deve imparare ad essere claudicante. Deve smetterla, una volta tanto, di essere senza paura. Perché solo in questo modo può caricarsi sulle spalle le paure dell’altro.
Aiutami quando cado, a camminare senza paura, perché io invece sono claudicante, stringi forte e sorreggi il mio amore oppure lasciami andar via per sempre
E ce l’ho fatta anche io! Mica potevo mancare…quando il mio amico Zeus chiama non ci si può tirare indietro (veramente anche Papillon mi aveva solleticato un giochino analogo, basato sui titoli dei film, ma mi mancano troppe lettere!) Il giochino è quello di ripercorrere l’alfabeto citando titoli di canzoni. Poi lo sapete che le liste di qualsiasi cosa, soprattutto se minchiona, mi fanno impazzire. Tanto per rendere la cosa un po’ meno minchiona (mica tanto eh!) ho cercato di mettere dentro una sola volta a testa, tutti i miei gruppi e cantanti preferiti. Potreste dirmi, va be’ ma a noi che ce frega? Lo so, invece a me il giochino è piaciuto assai, anche perché riuscire a far partecipare alla cosa i best 25, ti costringe a pensare e poi a scegliere. Certamente qualcuno manca, ma le lettere a disposizione erano finite!
As Tears go by – Rolling Stones. Gli Highlander. Li ho sentiti dal vivo l’anno scorso al Circo Massimo e davvero cominci a pensare che in fondo la droga non sia poi così nociva.
Baba o’ Reily – The Who. Una canzone che bisognerebbe sentire ogni mattino, a palla di cannone, appena alzati, così tanto per ricordarci quant’è bella la vita
Cowgirl in the sand – Neil Young, come cantante lui è nella mia top five, la canzone in questione è straziante e bellissima come solo lui potrebbe cantare
Desperado – Eagles, loro sono bravissimi e la canzone merita assolutamente, al pari di molte altre (fra l’altro ce n’è un’altra, sempre con la D che mi piace un sacco, ma già l’ho usata per altri post e non volevo ripetermi)
Easy does it – Supertramp, loro sono il “mio” gruppo. Non i preferiti in assoluto, ma quelli che sento più miei, come fossero miei amici, come li conoscessi da trent’anni, un po’ come i compagni di scuola. E in fondo un po’ è anche vero.
Fat bottomed Girls – Queen. Altro gruppo storico nei miei ascolti e l’omaggio alle ragazze culone penso sia uno dei loro pezzi più significativi, per ironia, ritmo, spontaneità. Secondo me un po’ troppo sottovalutati.
Good Riddance – Green Day fra le nuove generazioni forse i più ascoltati. Questa canzone in particolare la trovo bellissima.
Horizons – Genesis. ecco dovessi scegliere un solo gruppo, non avrei dubbi, sono loro. Ho scelto volutamente un pezzo minore, brevissimo, solo strumentale, perché basta anche solo questo per far capire secondo me che quando fra trecento anni studieranno la storia della musica del 900, loro saranno nei libri di testo.
Knockin’ on Heavens Door – Bob Dylan. Che vogliamo dire su quest’uomo e su questo pezzo. Silenzio e alziamo il volume
Inbetween Days – Cure. Torniamo alla mia adolescenza con questo gruppo di matti che però in questa canzone diedero veramente il massimo. Pezzo monumentale, un altro di quelli da ascoltare la mattina per darsi la carica
Love Boat Captain – Pearl Jam. Pensavo ad un certo punto che il rock avesse già detto tutto quello che aveva da dire. Loro e il gruppo che segue a due distanze mi hanno fatto ricredere. I Nirvana sono l’emblema, loro la sostanza, fra i due, a mio avviso, c’è un abisso.
Mother – Pink Floyd. Questi certo non potevano mancare. Li ho consumati a furia di ascoltarli: probabilmente hanno scritto brani molto più belli di questo, ma ultimamente l’ho riascoltato casualmente e mi è venuto da piangere
Nightswimming – Rem. E questo è l’altro gruppo che mi ha fatto pensare che effettivamente ancora è presto per fare il de profundis al rock. Grande gruppo, grande pezzo!
On almost sunday morning – Counting Crows. Anche loro appartengono alla nuova generazione, ma per intensità dei pezzi, meritano di essere nell’olimpo. Spero di riuscire ad andarli a vedere a luglio!
Police on my back – The Clash. Nuovo salto all’indietro per un gruppo che mi ha sempre fatto impazzire. Come fai ad ascoltarli senza che ti venga voglia di salire su un tavolo e metterti a ballare?
Queen of Supermarket – Bruce Springsteen. A parte che trovare una canzone con la Q non era proprio facilissimo, ma lui è lui…il Boss, unico e solo. Insieme ai Genesis, nella mia classifica, sempre al primo posto.
Revolution – Beatles. Loro sono la storia, il porto sicuro in cui torni ogni volta che hai bisogno di sentirti a casa. Possono anche passare mesi senza ascoltarli, ma tu sai che loro sono lì. Una certezza.
Stay – Jackson Browne. Un altro dei miei preferiti, un altro di cui ho consumato gli LP quando ancora non c’era l’elettronica che ti veniva incontro. E quindi quando finiva la prima facciata toccava alzarsi, rigirare il disco e rimettere su il braccio, calcolare la traccia e abbassare la levetta.
Tunnel of Love – Dire Straits. Ultimamente li ho citati in un ricordo di qualche anno fa. Nei favolosi eighteen loro non mancavano mai. Questa, per la cronaca, è nella colonna sonora di Ufficiale Gentiluomo, film cult di quegli anni.
Uptown Girl – Billy Joel. Un altro di quei cantanti di cui ho la discografia completa. Sparito ormai da qualche anno dalle scene, ma questo testimonia una volta di più la sua grandezza. Se non hai più niente da dire, perché continuare a rompere i timpani? Non sarebbe meglio tacere? Grande Billy!
Valencia – The Decemberists. Dei gruppi nuovi o comunque emergenti questi sono quelli che forse mi piacciono di più. Un mix molto interessante di rock, country, prog. veramente notevoli!
With or Without you – U2. I loro primi 5 dischi li pongono nell’Olimpo dei più grandi di tutti. Poi si sono persi e difficilmente si ritroveranno. Ma arrivare a certe vette non è da tutti!
Xanadu – Elo. Insieme ai Supertramp l’altro gruppo che sento mio, perché fa parte dell’adolescenza in maniera pervasiva. La prima facciata di Discovery è forse in assoluto il disco che ho ascoltato di più. Anche in questo caso, forse, anzi sicuramente, ne hanno scritte di più belle, ma trovatemi un’altra canzone con la X?
Your song – Elton John. Un altro gigante che in una classifica del genere non può mancare. Canzone struggente e bellissima.
Zombie – Cranberries. Loro sono un grande gruppo, che hanno saputo dire qualcosa di nuovo, poi la voce di Dolores O’ Riordan è una di quelle che ti fanno fare pace col mondo.
Se escludiamo le comiche di Stanlio e Ollio, i film western con John Wayne, i thriller con Robert De Niro, i musical di Fred Astaire e Ginger Roger, la faccia da gangster di Humpry Bogart e i capelli biondi di Marylin Monroe, la colonna sonora dei Blues Brothers e tutte le commedie di Woody Allen, la saga di Guerre Stellari e l’epopea di Forrest Gump, i sogni dell’Attimo Fuggente e le atmosfere degli anni 50 di Grease, quelle dei 60 di Hair e quelle dei 70 del Grande Freddo, gli 80 di Harry ti presente Sally, le serie TV, Ricky Cunningam e Fonzie di Happy Days, Starsky e Hutch, Mork e Mindy, Saranno Famosi, Twin Peaks, Lost, Desperate e Grace Anatomy.
Non considerando la musica, il rock, il country, il jazz e lo swing, il Rock’n roll di Elvis, la musica della west coast degli Eagles, di Jackson Browne e dei Greatful Dead, Neil Young e Crosby, Still e Nash, il Boss e i REM, il grunge dei Pearl Jam, il southern Rock dei Lynard Skynard, i Green Day, la tromba di Satchmo, il clarinetto di Benny Goodman, la Swing Era di Glenn Miller.
A parte i romanzi di Hemingway e di Steinbeck, quelli di Mark Twain e la saga di Hap e Leonard di Lansdale, Fitzgerald e Bukowsky, tutti i racconti di Fante, i cartoni animati di Walt Disney e quelli di Hanna & Barbera, l’Uomo Ragno e tutti i fumetti della Marvel, ma anche Batman e quelli della DC Comics, gli acrobati della NBA, il gancio cielo di Ja Bahr, i miti del Baseball, i mostri del Football, Tiger Woods e le sfide Connors Mc Enroe.
Tralasciando il sogno di Martin Luther King, le battaglie civili delle Black Panthers, la guerra contro la mafia di Al Capone e il proibizionismo, la dinastia di Kennedy e il Vietnam, la guerra di Secessione e le Torri Gemelle, il primo presidente nero, il mito della frontiera, sognando la California, la conquista dello spazio, Houston abbiamo un problema, il Grand Canyon, il parco di Yellostone, le immense praterie e la Route 66, la regione dei grandi laghi e le 4 teste delle Black Hills, le cascate del Niagara e le paludi della Florida, la causa degli indiani, le riserve, le grandi battaglie, Geronimo e Toro Seduto, gli Apache e i Sioux, i Navajo e i Cheyennes.
Se escludiamo questo, posso affermare tranquillamente che l’America non ha esercitato su di me nessunissima influenza, né il benché minimo interesse.