Götterdämmerung

Quando ascolto la Cavalcata delle Valchirie mi viene voglia di invadere la Polonia” (W. Allen)

Riguardo la vicenda della Volkswagen mi venivano in mente due considerazioni. La prima è che tutto è relativo a questo mondo. Pensavamo che la dannosità per la salute dipendesse dalle emissioni dei motori, ma mica è tanto vero. La dannosità dipende dagli standard fissati nei vari Paesi. In America il limite di emissione è di 31 mg in Europa di 80. Del resto lì il limite di velocità, anche sulle superstrade, è di 90 all’ora: anche la pericolosità della velocità è relativa!

Quindi, contrariamente a tutti i film e telefilm sugli inseguimenti in macchina fra guardie e ladri, diversamente da tutti gli Starsky & Hutch che pensavamo sfrecciassero nelle Highway, gli abitanti degli States alla guida sono delle mezze seghe. E forse hanno anche i polmoni più debolucci dei nostri. Ma quante cose che si imparano!

La seconda considerazione riguarda invece la meschinità di tanta gente. Sembra quasi (e sottolineo il sembra e sottolineo anche il quasi) che ai più, la caduta degli Dei Germanici, abbia fatto piacere. Una sorta di rivincita dal basso, come quando il secchione veniva beccato impreparato, per la somma goduria di tutti i somari della classe. Venendo ad un paragone calcistico, un po’ come quando perde la Juve.

Cari tedeschini perfettini, allora non siete poi così diversi da noi! Anche voi truccate le carte e cercate di aggirare le regole. Anche voi imbrogliate e tradite la fiducia degli ignari cittadini, speculando sulla loro salute. Molto miseri questi discorsi, ma non stupiscono perché appunto, sono rintracciabili in vari altri settori, senza dubbio meno importanti e seri di questo.

Non so come andrà a finire la vicenda. Si parla di class action, di blocco delle vendite, di risarcimenti milionari. Su una cosa però ci scommetterei dei soldi: qualcuno pagherà. Perché avranno molti difetti: sono spocchiosi, sanno essere spietati, hanno al governo una culona inchiavabile, però, a differenza di quello che succederebbe dalle nostre parti, chi sbaglia, paga. E si tiene pure i cocci.

 

 

La felicità è come la nebbia a Milano

Non è la prima volta che vi intrattengo sul tema felicità. Non avete ancora letto la mia personale classifica sui futili motivi per cui essere felici? Be’ fatelo! Seppur nella sua minchioneria (e come potrebbe essere altrimenti?) resta uno dei post meglio riusciti. Però qualcuno mi faceva notare che in realtà quelli sono motivi transitori, che lasciano il tempo che trovano. Che insomma, in definitiva, ammesso e non concesso che ci siano momenti e motivi di felicità, sono fugaci, passeggeri, deboli. Troppo deboli. Bisogna cercarne di altri, di più solidi, di più duraturi. Certo, il rischio è questo qui.

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La felicità è un po’ come la nebbia a Milano. Quando c’è non si vede. E se non si vede quando c’è, figuriamoci quando non c’è! Del resto di motivi per non essere felici ce ne stanno a valanga, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Ma se uno ci chiedesse, cosa servirebbe per essere felici, siamo proprio sicuri di sapere la risposta? A parte vincere un’esagerata quantità di denari, forse. Ma siamo sicuri che basterebbe questo? Siamo sicuri che i tutti i ricchi siano felici?

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Allora l’amore. Be’ certo, essere ricchi e innamorati è meglio che essere soli e con le pezze al culo. Ma forse non è così automatico neanche questo. Forse ha ragione il grande Woody: le parole più belle del mondo, quelle che davvero ci rendono felici non sono “ti amo”, ma “è benigno”. Siamo sicuri che l’amore renda felici? Che il trovare una persona che ci ami, che stia sempre vicino a noi, che divida gioie e dolori, ansie e speranze, possa far sì che possiamo dire, ecco sì ora sono felice?

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Se è vero che riusciamo con dovizia di particolari ad elencare i motivi per non essere felici, perché diventa così complicato individuare le cause per esserlo? Io resto sempre più convinto che questa benedetta felicità sia sopravvalutata. E che soprattutto sia sopravvalutata la sua ricerca. E qualche volta, anzi più di qualche volta, forse basterebbe guardare le cose con occhi diversi, valutare le situazioni per quello che sono, cercando sempre di dargli il giusto peso, ovvero di ridimensionarle e quindi poi lasciarsi andare ad un liberatorio, quanto taumaturgico

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Lo so, lo so. Non è una soluzione, mi direte voi. Figuriamoci! Se non vi hanno convinto i futili motivi, vi potrà mai bastare l’atarattico motto? Ma certo che no. Come non vi basterà cercare di far tornare alla mente i momenti felici del passato. Quella volta che Veron segnò sotto la sud facendo poi il verso dell’aeroplanino, oppure quella volta che facemmo l’amore dopo aver mangiato la pasta con i carciofi e bevuto quel vino sublime, il concerto dei Supetramp al PalaEur, il 23 settembre del 98, il 3 dicembre del 2001 e tanti altri. Ma no, se anche stessi qui a continuare a dire, potrei non convincervi. La felicità, ammesso che esista, ammesso che sia afferrabile, deve essere più di questo. Deve andare al di là, dev’essere oltre. Ma se questo oltre fosse dove proprio non lo cerchiamo? Se questo oltre fosse proprio esattamente qui?

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Le 10 scene indimenticabili

Qualcuna delle mie esigentissime lettrici, mi faceva notare, neanche troppo sommessamente, che il blog negli ultimi tempi sta prendendo una piega un po’ troppo seriosa. Detto in altri termini, sta diventando più pesante di un piatto di peperoni ripieni con la cipolla. E dunque, cosa più di una bella classifica per ristabilire la leggerezza di questo luogo, ribadendo, laddove ce ne fosse ancora bisogno, il suo carattere autenticamente minchione?

In passato avete letto classifiche di facezie, di cose belle e cose brutte, di canzoni, di libri. Che manca? Una classifica dei film, direbbe qualcuno. Ma troppo facile! Invece, sempre per rimarcare quel carattere specifico di cui sopra, vi intrattengo sulle dieci scene di film che più mi sono piaciute, al di là del film in sé. Per il messaggio, per le implicazioni o solo per “come suonavano”. Ovviamente ne avrei volute mettere altre (manca il Marchese del Grillo, ad esempio, che di scena memorabili ne ha più d’una), ma queste secondo il mio insindacabile giudizio, sono quelle che vale la pena citare.

E cominciamo con un film che da solo forse potrebbe riempire questa classifica. Un capolavoro inarrivabile! Troppo facile citare il “could be worse, could be raining”. Piuttosto ne scelgo un’altra perché nella sua paradossalità indica esattamente come vanno le cose in questo mondo, dove ognuno vede solo quello che preferisce vedere. La realtà, in fin dei conti, è un punto di vista

Quest’altra la inserisco perché si presta a moltissime varianti. E infatti è una citazione che utilizzo (a sproposito, ovviamente) in tutti i contesti in cui c’è una sproporzione evidente fra una parte ed un’altra.

Il prossimo è un altro film pieno di scene e citazioni iperboliche. Sono stato molto indubbio fra “i nazisti dell’Illinois”, “siamo in missione per conto di Dio” e questa scena qui. Anche quelle altre fanno parte del mio olimpo culturale e chi mi conosce di più me le avrà sentite citare (sempre a sproposito), molto spesso. Comunque, alla fine ho scelto questa perché…perché come si fa a non sceglierla???

Qui, più che per il film in sé per sé, la citazione è per l’autore. Il numero uno, secondo il mio modesto parere. Potevo scegliere questa o qualsiasi altra. Veramente avevo in mente la scena in cui la “dea dell’amore” gli regala una cravatta giallo rossa perché lui non voleva un pompino., purtroppo su Youtube non l’ho trovata. Ma anche questa però ha il suo perché

Qui invece la scelta l’ha dettata il film, perché in assoluto, dovessi scegliere con la pistola puntata di dire un titolo, uno ed uno solo, direi questo. E poi perché sogno un giorno di questi (in fondo come tempi ci siamo, il prossimo giugno saranno 30 dalla maturità) di poter vivere una scena come questa con i miei amici di sempre

Anche qui la scelta è fatta per il film (eccezionale) e come omaggio ad un attore talmente bravo da lasciarmi spesso senza parole. Anzi solo una. Peccato!

La prossima è invece un mix: il film giusto, gli attori giusti, la scena giusta. What’else? al di là di tanti manuali, al di là di tante elucubrazioni sui rapporti uomo donna…ma quanto c’ha ragione questo film???

Anche qui il film è bellissimo, uno dei miei preferiti e avrebbe avuto anche altre scene da ricordare: “Stupid is as stupid does”, oppure il “ora sono un po’ stanchino”, fanno parte anche loro del mio bagaglio (pseudo)culturale. Ma questa scena però ha un qualcosa in più

Uno dei film più belli della storia del cinema italiano, pieno di scene e citazioni tali da rendere difficile la scelta. Difficile, ma non impossibile, perché secondo me questa scena rappresenta quel tipo di mentalità, inarrivabile, che racchiude l’essenza della comicità napoletana. Avrei potuto mettere una scena di Totò o di Eduardo, ma il modo in cui dice questa frase Troisi, supera tutto il resto.

Chiudo con quella che sempre più sta diventando la “mia” citazione. Il film, come tutti quelli di questa serie, è bellino senza pretese, ma la frase è eccezionale, perché ci sta sempre bene, in qualsiasi situazione.

 

V.M. 18 anni

“Chino, su un lungo e familiar bicchier di vino 
partito per un viaggio amico e arzillo 
già brillo. Certo, perché io non gioco mai a viso aperto 
tremendo il mio rapporto con il sesso, che fesso!”

In questo post si parlerà di sesso. Oh, finalmente, dirà qualcuno! Vi interessa? Facciamo un rapido test. Se uno vi dice che ha un appuntamento al reparto di trombofilia vi compare improvvisamente un sorriso un po’ ebete sul volto? Allora proseguite nella lettura. Altrimenti passate oltre.

Entrare a far parte di una blog community, mio malgrado o forse, come direbbe Scaiola, a mia insaputa, ha dei riflessi davvero divertenti. Dicevo mio malgrado perché come ho già scritto in precedenza, nella mia crassa ignoranza di web, aprendo un blog pensavo che avrei scritto. Non che avrei letto! Non avevo dunque la minima idea che invece aprire un blog sarebbe stato come un biglietto di invito ad una festa di liceali. Quelle feste in cui arrivi, non conosci nessuno, ti imbuchi, prendi un bicchiere e ti butti nella mischia. Si incontrano davvero soggetti strani, personaggi nati dalla fantasia malata dei propri autori, supereroi con e senza calzamaglia, visionari, poeti, santi e navigatori. E come appunto nelle feste liceali, cominci ad andare in giro e a scambiare quattro chiacchiere con questo o con quello. Fra tutte le cose, debbo ammetterlo, quella che più mi ha sorpreso è quanta gente e con quanta perizia, parla di sesso. Ora, va be’, non è che non se ne parli al di fuori dei blog, ma qui ho trovato una concentrazione davvero singolare. Soprattutto, la cosa più singolare, è il fatto che ne parlino le donne. Per carità, si parla anche d’altro, ovviamente, però insomma l’argomento è senza dubbio molto gettonato.

E invece qualcuno/a mi ha fatto notare che nel mio blog, al contrario, se ne parla molto poco. Come mai? C’hai qualche problema? Un blocco psicologico? Un’esperienza negativa da piccolo?

Non lo so. Non so proprio perché non mi viene da parlarne. O forse  sì che lo so. Perché, devo ammettere, io non sono fra quelli che quando ascoltano De Gregori cantare “ora le tue labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo” pensano che in realtà stia facendo un ermetico elogio del Cunnilingus. Né, ad esempio, ho mai pensato che Battisti, cantando “e tu amica cara mi consoli perché ci ritroviamo sempre soli”, vaticinava trent’anni prima la figura del trombamico.

Secondo me è questo il problema. Diciamola tutta. So antico! Ai miei tempi, soprattutto con le ragazze, non si parlava di sesso. Per fortuna non avevamo i bimbiminkia, ma nemmeno appunto i trombamici. Ce le avevamo le amiche, certo. Ma se erano amiche, non solo non ci facevamo sesso, ma neanche  se ne parlava. Noi eravamo quelli su cui venire a piangere quando lui faceva l’infame. L’orecchio disponibile per le lunghe filippiche su quanto la vita fosse ingrata, su quanto nessuno le capisse. Con le più intime potevamo parlare di calcio o ruttare a bocca aperta. Ma sesso nisba. Perché ovviamente, almeno ai miei tempi, alle donne piacevano gli stronzi. Non ho mai capito bene come e perché si sviluppasse questa strana forma di masochismo. Ma insomma, era così. Un dato di fatto. Avendo la possibilità di scegliere fra l’amico fidato e disponibile e il criminale conosciuto in uno sordido pub, lei decideva immancabilmente per il secondo. E quindi o eri stronzo o eri l’amico. E all’amico non gliela davano. Mai! Se avevi la ragazza era diverso (mica sempre, anzi, di solito non te la davano lo stesso). In ogni caso avere una trombamica non esisteva neanche nelle nostre fantasie più sfrenate. Negli anni 80 avere una trombamica sarebbe stato meno probabile di uno scudetto della Lazio.

E quindi, vi posso assicurare, con le amiche non si parlava di sesso. Di sesso si parlava fra noi maschi. Spesso. Anzi, direi molto spesso. L’argomento era probabilmente inversamente proporzionale a quanto lo si faceva. E noi che ne parlavamo assai, andavamo inconsapevolmente d’accordo con Woody Allen, che dice che “il sesso è come giocare a carte: se non hai un buon partner, spera almeno in una buona mano”. Ecco quindi che le uniche amiche con cui si parlava (!) di sesso erano Federica la mano amica e le sue varianti più o meno fantasiose: Adele la mano fedele, Alberta la mano esperta, Veronica la mano supersonica, Francesca la mano che ti rinfresca. Figure mitologiche, immancabilmente associate ad un ideale di donna legato alla purezza. Oddio a voler essere precisi, più che alla purezza, alla pulizia: la Fenech che si faceva la doccia nelle svariate versioni delle commedie di quegli anni. Ma con le amiche, quelle vere no.

Forse per questo a livello inconscio, m’è rimasto questo blocco dello scrittore. O forse è un argomento su cui ho poco da dire. Più probabilmente, lo ritengo un tema su cui sia meglio tacere. Un po’ come il calcio (che com’è noto è il più diffuso succedaneo al sesso): c’è chi ama star lì a parlarne, a vedere trasmissioni che discutono della rava e della fava di questo o quel giocatore e c’è chi invece preferisce solo correre appresso ad una palla (anche se magari, come il sottoscritto, non ne avrebbe più l’età!).

È per questo che posso ammettere che la frequentazione dei blog mi ha aperto nuove prospettive.

Concludendo questo post un po’ anomalo, scrittrici e scrittori più navigati di me in siffatte tematiche, solamente un dubbio mi resta: ma sul serio secondo voi, l’amica cara non lo consolava con una pacca sulla spalla e un bicchiere di amaro Montenegro?

 

American Love

Se escludiamo le comiche di Stanlio e Ollio, i film western con John Wayne, i thriller con Robert De Niro, i musical di Fred Astaire e Ginger Roger, la faccia da gangster di Humpry Bogart e i capelli biondi di Marylin Monroe, la colonna sonora dei Blues Brothers e tutte le commedie di Woody Allen, la saga di Guerre Stellari e l’epopea di Forrest Gump, i sogni dell’Attimo Fuggente e le atmosfere degli anni 50 di Grease, quelle dei 60 di Hair e quelle dei 70 del Grande Freddo, gli 80 di Harry ti presente Sally, le serie TV, Ricky Cunningam e Fonzie di Happy Days, Starsky e Hutch,  Mork e Mindy, Saranno Famosi, Twin Peaks, Lost, Desperate e Grace Anatomy.

Non considerando la musica, il rock, il country, il jazz e lo swing, il Rock’n roll di Elvis, la musica della west coast degli Eagles, di Jackson Browne e dei Greatful Dead, Neil Young e Crosby, Still e Nash, il Boss e i REM, il grunge dei Pearl Jam, il southern Rock dei Lynard Skynard, i Green Day, la tromba di Satchmo, il clarinetto di Benny Goodman, la Swing Era di Glenn Miller.

A parte i romanzi di Hemingway e di Steinbeck, quelli di Mark Twain e la saga di Hap e Leonard di Lansdale, Fitzgerald e Bukowsky, tutti i racconti di Fante, i cartoni animati di Walt Disney e quelli di Hanna & Barbera, l’Uomo Ragno e tutti i fumetti della Marvel, ma anche Batman e quelli della DC Comics, gli acrobati della NBA, il gancio cielo di Ja Bahr, i miti del Baseball, i mostri del Football, Tiger Woods e le sfide Connors Mc Enroe.

Tralasciando il sogno di Martin Luther King, le battaglie civili delle Black Panthers, la guerra contro la mafia di Al Capone e il proibizionismo, la dinastia di Kennedy e il Vietnam, la guerra di Secessione e le Torri Gemelle, il primo presidente nero, il mito della frontiera, sognando la California, la conquista dello spazio, Houston abbiamo un problema, il Grand Canyon, il parco di Yellostone, le immense praterie e la Route 66, la regione dei grandi laghi e le 4 teste delle Black Hills, le cascate del Niagara e le paludi della Florida, la causa degli indiani, le riserve, le grandi battaglie, Geronimo e Toro Seduto, gli Apache e i Sioux, i Navajo e i Cheyennes.

Se escludiamo questo, posso affermare tranquillamente che l’America non ha esercitato su di me nessunissima influenza, né il benché minimo interesse.