No, m’arendo e tu chi dovresti da esse?

Trent’anni fa. E se in questo articolo vi ho raccontato un giorno in particolare, oggi parlo invece di un periodo. Generico e specifico insieme.

Ci sono due teorie, due filosofie, due impostazioni di vita diametralmente opposte. Un po’ come destra sinistra, doccia o bagno, mamma o papà, mare o montagna: chi ama i “ritorni al passato”, chi cerca gli amici delle elementari su FacciaLibro, chi vuole rincontrare pezzi delle sue vite precedenti e chi invece odia tutto ciò.

Alcuni dicono “Ma se non ci siamo più visti da trent’anni, ci sarà un motivo?” Logica stringente la loro, indubbiamente. Ma che come tutte le cose logiche e ragionevoli a me non convince. Ci possono essere cause occasionali o semplicemente casi della vita che ci allontanano. La vita è un treno in corsa, le situazioni cambiano, le cose e le persone sono in movimento. Eppure, alcune cose rimangono sempre uguali. Almeno per me. Sarò un’eccezione? Sarò un caso di scuola? Sarò semplicemente un uomo con poca fantasia? Può darsi. Però…

Però se mi fermo a riflettere, non posso non riconoscere che, se escludo i figli, sono poche le cose o le persone veramente fondamentali che la vita mi ha aggiunto in questi ultimi trent’anni (“ancora co ‘sti trent’anni? Ma che c’entra?” Tranquilli, ora ve lo spiego). Amo la stessa donna (o quasi: a voler essere pignoli lei arrivò giusto un anno dopo), i miei amici, le persone a cui sono più legato sono le stesse, leggo ancora Tex, sono un filosofo della minchioneria e la Lazio è in grado ancora di esaltarmi o di deprimermi. Uomo di poca fantasia, senza dubbio.

Fatto sta che trent’anni fa, in questo momento, se non ero ubriaco, probabilmente ero sui libri a studiare. Per la maturità. Altro fatto è che stasera uno dei miei migliori amici, l’unico che avrebbe potuto farlo, ha mandato una email a tutti (e quando dico tutti, significa proprio tutti. O quasi), dandoci un appuntamento nella nostra vecchia scuola per una serata “all together, again“.  Un po’ come una specie di “Compagni di scuola” o del più nobile “Il grande freddo” (ma sono sicuro che non sarà né l’uno, né l’altro).

E’ vero, le persone con cui ero più legato continuo a sentirle (spesso) e a vederle (molto meno di quanto vorrei). Ma sono proprio contento lo stesso, anche di vedere tutti gli altri. Fosse anche per una sera soltanto, saremo di nuovo tutti insieme. Sarò insieme alle persone con cui ho vissuto gli anni più belli della mia vita, quando il mondo era un quaderno bianco su cui scrivere, quando tutto sarebbe stato ancora possibile.

E il fatto di non avere rimpianti, il fatto di essere tutto sommato soddisfatto del percorso fatto da allora ad oggi, della storia scritta su quel quaderno, non toglie la nostalgia delle sensazioni che provavo allora. Non c’è contraddizione fra le due cose: possiamo essere pienamente realizzati, possiamo essere legittimamente orgogliosi di quello che abbiamo costruito e possiamo non avere alcun rimpianto per quello che poteva essere e non è stato. Ma nulla, nulla al mondo mi potrà impedire di sorridere sognante ed incantato, ripensando a quell’anno, a quel leggendario, straordinario, irripetibile, millenovecentottantacinque.

A questo punto avrei voluto chiudere con il video di “Compagni di scuola” quando Angelo Bernabucci non riesce a riconoscere il povero Fabris (No, m’arendo e tu chi dovresti da esse), ma youtube dice che il video non può essere visto nel nostro Paese per una questione di diritti (è un po’ anche di rovesci, della medaglia). Allora metto questa canzone, che lo stereo della macchina di allora ad un certo punto metteva su da solo, tanto la ascoltavo. Mentre la aspettavo sotto casa sua. Il boss mi prestava le parole e le emozioni. E se anche non andò come avrei voluto, fa lo stesso, perché come dicevo prima non è tempo di rimpianti. E’ tempo di ricordi. Belli, intesi, autentici, nostri. Che nessuno potrà mai portarci via.

Le 10 scene indimenticabili

Qualcuna delle mie esigentissime lettrici, mi faceva notare, neanche troppo sommessamente, che il blog negli ultimi tempi sta prendendo una piega un po’ troppo seriosa. Detto in altri termini, sta diventando più pesante di un piatto di peperoni ripieni con la cipolla. E dunque, cosa più di una bella classifica per ristabilire la leggerezza di questo luogo, ribadendo, laddove ce ne fosse ancora bisogno, il suo carattere autenticamente minchione?

In passato avete letto classifiche di facezie, di cose belle e cose brutte, di canzoni, di libri. Che manca? Una classifica dei film, direbbe qualcuno. Ma troppo facile! Invece, sempre per rimarcare quel carattere specifico di cui sopra, vi intrattengo sulle dieci scene di film che più mi sono piaciute, al di là del film in sé. Per il messaggio, per le implicazioni o solo per “come suonavano”. Ovviamente ne avrei volute mettere altre (manca il Marchese del Grillo, ad esempio, che di scena memorabili ne ha più d’una), ma queste secondo il mio insindacabile giudizio, sono quelle che vale la pena citare.

E cominciamo con un film che da solo forse potrebbe riempire questa classifica. Un capolavoro inarrivabile! Troppo facile citare il “could be worse, could be raining”. Piuttosto ne scelgo un’altra perché nella sua paradossalità indica esattamente come vanno le cose in questo mondo, dove ognuno vede solo quello che preferisce vedere. La realtà, in fin dei conti, è un punto di vista

Quest’altra la inserisco perché si presta a moltissime varianti. E infatti è una citazione che utilizzo (a sproposito, ovviamente) in tutti i contesti in cui c’è una sproporzione evidente fra una parte ed un’altra.

Il prossimo è un altro film pieno di scene e citazioni iperboliche. Sono stato molto indubbio fra “i nazisti dell’Illinois”, “siamo in missione per conto di Dio” e questa scena qui. Anche quelle altre fanno parte del mio olimpo culturale e chi mi conosce di più me le avrà sentite citare (sempre a sproposito), molto spesso. Comunque, alla fine ho scelto questa perché…perché come si fa a non sceglierla???

Qui, più che per il film in sé per sé, la citazione è per l’autore. Il numero uno, secondo il mio modesto parere. Potevo scegliere questa o qualsiasi altra. Veramente avevo in mente la scena in cui la “dea dell’amore” gli regala una cravatta giallo rossa perché lui non voleva un pompino., purtroppo su Youtube non l’ho trovata. Ma anche questa però ha il suo perché

Qui invece la scelta l’ha dettata il film, perché in assoluto, dovessi scegliere con la pistola puntata di dire un titolo, uno ed uno solo, direi questo. E poi perché sogno un giorno di questi (in fondo come tempi ci siamo, il prossimo giugno saranno 30 dalla maturità) di poter vivere una scena come questa con i miei amici di sempre

Anche qui la scelta è fatta per il film (eccezionale) e come omaggio ad un attore talmente bravo da lasciarmi spesso senza parole. Anzi solo una. Peccato!

La prossima è invece un mix: il film giusto, gli attori giusti, la scena giusta. What’else? al di là di tanti manuali, al di là di tante elucubrazioni sui rapporti uomo donna…ma quanto c’ha ragione questo film???

Anche qui il film è bellissimo, uno dei miei preferiti e avrebbe avuto anche altre scene da ricordare: “Stupid is as stupid does”, oppure il “ora sono un po’ stanchino”, fanno parte anche loro del mio bagaglio (pseudo)culturale. Ma questa scena però ha un qualcosa in più

Uno dei film più belli della storia del cinema italiano, pieno di scene e citazioni tali da rendere difficile la scelta. Difficile, ma non impossibile, perché secondo me questa scena rappresenta quel tipo di mentalità, inarrivabile, che racchiude l’essenza della comicità napoletana. Avrei potuto mettere una scena di Totò o di Eduardo, ma il modo in cui dice questa frase Troisi, supera tutto il resto.

Chiudo con quella che sempre più sta diventando la “mia” citazione. Il film, come tutti quelli di questa serie, è bellino senza pretese, ma la frase è eccezionale, perché ci sta sempre bene, in qualsiasi situazione.