Così vicino, così lontano

Nessuno potrà mai toglierci quello che abbiamo ballato insieme (Proverbio Argentino).

D’estate mi trasferivo ad Anzio. Anche se era faticoso alzarsi presto e andare a prendere il treno per andare a lavorare, solo il fatto di dormire al mare mi faceva allungare la vacanza. O almeno l’idea. Quella mattina non avevo sentito la sveglia. Ero andato a dormire tardi, l’alcol, il caldo, avevo dormito sì e no quattro ore. E come spesso mi capitava avevo perso il treno delle 7 e 40. Mi alzo o rimango a letto? Ormai ero sveglio, meglio muoversi. Contavo di fermarmi al bar e tra la colazione e un giornale magari i minuti sarebbero passati più velocemente che a casa.

Così ero arrivato alla stazione, avevo controllato quasi per scaramanzia l’orario, che però non mi aveva riservato sorprese: perso quello il prossimo per Roma era alle 8 e 30. Avevo ordinato un caffè, al vetro come piace a me, un cornetto alla crema e mi ero piazzato al tavolino vicino all’entrata dove c’era una bella corrente d’aria che faceva sopportare il caldo fastidioso del quel torrido agosto.

Facevo finta di interessarmi dei fatti di cronaca e della politica nostrana, qualche notizia dagli esteri, le anticipazione della stagione cinematografica autunnale, le solite stupidaggini del calcio d’agosto. Forse ero ancora addormentato, oppure troppo distratto dalle notizie, non mi ero accorto che affianco a me, sullo stesso tavolo,  si era seduto un anziano signore.

Mi scusi. Lei era assorto nella lettura ed io non volevo disturbarla. Noi persone di una certa età siamo abitudinari e questo è il mio tavolo. Intendo, quello su cui mi siedo solitamente. Le dispiace?

Ma no, si figuri. C’è spazio per tutti. Continuavo a leggere ed insieme osservavo il mio imprevisto commensale. Un signore molto elegante, un’età indefinibile fra i 70 e gli 80, baffetti bianchi, pochi capelli ben pettinati all’indietro, pantaloni di cotone bianchi, una camicia celeste con una sottile cravatta avana. Aveva un profumo che non sentivo più da anni, il Drakkar noir. Non pensavo neanche fosse più in commercio, lo usavo anche io molti anni fa.

Sto aspettando la mia amata! Disse così, quasi fosse un pensiero espresso ad alta voce. Feci un sorriso, quasi a dire, “ah, che bello”. Oppure, “ah sì? Non me lo sarei mai aspettato”. Non so cosa dire in casi come questi. Ma forse lui non aspettava alcuna risposta. Lei  fa la maestra, arriva qui con il treno da Roma. Riusciamo a scambiare due parole, a volte neanche quelle. Uno sguardo, ma per me è sufficiente. Poi, però il pomeriggio prima di riprendere il treno che la riposta a casa riusciamo a fare un ballo o due. Lei sa ballare? Ballare? Io? Zompettare a ritmo di musica come un orso attento a non calpestare dei chiodi. No direi di no, non mi capita, non ho mai imparato.

Gran peccato sa! Ballare è fra le cose più belle del mondo. E’ quasi come fare l’amore. C’è bisogno di essere vicini, molto vicini, eppure ognuno deve avere il suo spazio. Bisogna toccarsi senza urtarsi, così vicini così lontani. E poi bisogna arrivare a pensare simultaneamente, sentendo la stessa melodia, andando allo stesso ritmo.

Sante, non si è vista neanche oggi eh? Gli gridò quello del bar. No, niente da fare. Non potevo non notare l’espressione ironica del barista. Il suo tono canzonatorio si scontrava con quello invece assolutamente serio del mio vicino di tavolo. Sante. Che nome antico. Bello però. E lui, abbassando il tono di voce, quasi sussurrando, non creda che io non sappia che il nostro barista si prende gioco di me. Lui è convinto che io sia un po’ pazzo. Che non tornerà più. Ma io invece sono convinto del contrario. Lei tornerà, scenderà da quel treno ed io sarò qui ad aspettarla.

Sono un tipo curioso. A quel punto mi sarebbe piaciuto chiedergli di più, chi era questa donna, quando si erano visti l’ultima volta. Ma quella conversazione mi metteva un po’ d’ansia, una sensazione di disagio. E poi tanto ci pensava lui a proseguire il suo monologo, quasi leggesse nella mente le mie curiosità.

Io lavoravo a Roma, la mattina ci incontravamo qui in stazione. Lei arrivava, io partivo. Non potevamo non incontrarci e allo stesso modo non potevamo non restare troppo insieme. Nel pomeriggio ci incontravamo nuovamente, ognuno di ritorno verso casa. Cominciammo a salutarci, quasi inevitabile, a prendere un caffè la mattina e una bibita più tardi. Lo vede quel locale là fuori, a fianco dell’edicola? Lì si ballava. Così una volta presi il coraggio a due mani e la invitai e da quel momento ogni giorno riuscivamo a fare almeno un ballo. Poi lei ripartiva. Una volta però perdemmo la concezione del tempo e continuammo a ballare tutta la sera. Lei perse il treno e rimanemmo insieme tutta la notte.

Hai capito Sante che tipetto! Ma quando sarà successo?

Non si faccia idee strane. Passeggiammo sul lungomare, sulla riviera di levante, mangiammo al porto, una gelato da Mennella e poi di nuovo a passeggiare. Quella notte Anzio era bellissima, illuminata dalle stelle, sembrava avvolta da un mantello, come quelli dei maghi. Sì, una notte davvero magica.

A quel punto incrociai lo sguardo del barista. Uno sguardo ammiccante, che cercava complicità, come per dire hai capito quant’è matto questo? Non si faccia incantare dalle chiacchiere di Sante. Sta arrivando il suo treno e se non si sbriga perde anche quello. Ma al diavolo il treno! Non posso andarmene così, senza sapere poi che è successo! A quando risalirà questa storia? Possibile che risalga al tempo della guerra, allo sbarco degli alleati? Signor Sante, io purtroppo devo andare. Arriva il mio treno. Mi dica, cosa è successo dopo quella notte?

Dopo? Perché, secondo lei, cos’altro doveva succedere?

Ma quanto tempo è passato?

Giovanotto, pensa davvero che il tempo sia così importante? Ma cosa vuole che mi importi del tempo! Cosa vuole che mi importi dei giorni, dei mesi, degli anni. Io la amo e lei sa che io sono qui ad aspettarla. E questo è l’unica cosa che conta. Guardai nuovamente il barista. Stavolta i suoi occhi avevano perso il sarcasmo precedente. Pagai la colazione, salutai il signor Sante che mi sorrise e fece un cenno con la mano e uscii. Il treno era al binario, la gente si accalcava per salire. Ma io quel giorno decisi che avrei fatto tardi.

 51 anni 9 mesi e 4 giorni: è questo il tempo che ho passato ad amarti (“L’amore ai tempi del colera”, Gabriel Garcia Marquez)

 

 

American Love

Se escludiamo le comiche di Stanlio e Ollio, i film western con John Wayne, i thriller con Robert De Niro, i musical di Fred Astaire e Ginger Roger, la faccia da gangster di Humpry Bogart e i capelli biondi di Marylin Monroe, la colonna sonora dei Blues Brothers e tutte le commedie di Woody Allen, la saga di Guerre Stellari e l’epopea di Forrest Gump, i sogni dell’Attimo Fuggente e le atmosfere degli anni 50 di Grease, quelle dei 60 di Hair e quelle dei 70 del Grande Freddo, gli 80 di Harry ti presente Sally, le serie TV, Ricky Cunningam e Fonzie di Happy Days, Starsky e Hutch,  Mork e Mindy, Saranno Famosi, Twin Peaks, Lost, Desperate e Grace Anatomy.

Non considerando la musica, il rock, il country, il jazz e lo swing, il Rock’n roll di Elvis, la musica della west coast degli Eagles, di Jackson Browne e dei Greatful Dead, Neil Young e Crosby, Still e Nash, il Boss e i REM, il grunge dei Pearl Jam, il southern Rock dei Lynard Skynard, i Green Day, la tromba di Satchmo, il clarinetto di Benny Goodman, la Swing Era di Glenn Miller.

A parte i romanzi di Hemingway e di Steinbeck, quelli di Mark Twain e la saga di Hap e Leonard di Lansdale, Fitzgerald e Bukowsky, tutti i racconti di Fante, i cartoni animati di Walt Disney e quelli di Hanna & Barbera, l’Uomo Ragno e tutti i fumetti della Marvel, ma anche Batman e quelli della DC Comics, gli acrobati della NBA, il gancio cielo di Ja Bahr, i miti del Baseball, i mostri del Football, Tiger Woods e le sfide Connors Mc Enroe.

Tralasciando il sogno di Martin Luther King, le battaglie civili delle Black Panthers, la guerra contro la mafia di Al Capone e il proibizionismo, la dinastia di Kennedy e il Vietnam, la guerra di Secessione e le Torri Gemelle, il primo presidente nero, il mito della frontiera, sognando la California, la conquista dello spazio, Houston abbiamo un problema, il Grand Canyon, il parco di Yellostone, le immense praterie e la Route 66, la regione dei grandi laghi e le 4 teste delle Black Hills, le cascate del Niagara e le paludi della Florida, la causa degli indiani, le riserve, le grandi battaglie, Geronimo e Toro Seduto, gli Apache e i Sioux, i Navajo e i Cheyennes.

Se escludiamo questo, posso affermare tranquillamente che l’America non ha esercitato su di me nessunissima influenza, né il benché minimo interesse.