C’è chi aspetta e chi attende. Perché una cosa è aspettare, una cosa è at-tendere. Nel primo caso si sta fermi sperando che l’oggetto del cercare arrivi. E ci incazziamo se non arriva come e quando diciamo noi. Nel secondo gli si va incontro e si fa tutto quello che è in nostro potere per arrivare ad incontrarlo. Così facendo, difficilmente avremo aspettative fuori dalla realtà, né tanto meno pretenderemo chissà cosa. L’attesa sarà comunque un lungo cammino, una strada verso, in cui spereremo di raggiungere e di essere raggiunti, tenendo alto lo sguardo, mantenendo però i piedi per terra.
Oggi un anno fa mi venne fuori questo post. Ed è buffo pensare a quante cose sono cambiate e quante sono invece esattamente le stesse. Quindi riprendiamo quell’esempio. Come scrivevo lì, certe sintonie nascono spontanee, sono come affinità elettive, che tu riconosci al volo, senza neanche sapere il nome. Le senti e…bamm, contatto! Ed è per questo che ci attendiamo molto da quelle radio: perché ci teniamo. Ci attendiamo di ascoltare certe canzoni, perché abbiamo scelto noi di entrare in quella sintonia e abbiamo fatto di tutto per rimanere collegati. E’ chiaro che più la ascoltiamo, più la conosciamo e più sapremo cosa attendere. Sapremo cosa manderà in onda nelle giornate uggiose e cosa in quelle piene di sole. Sapremo quando il segnale farà capricci e ci lascerà in silenzio e quando invece urlerà a squarcia gola. Ma per quanto conosciamo quella radio sarebbe stupido, arrogante (e anche inutile) pretendere di sentire la musica che vogliamo noi, perché comunque non siamo noi a decidere la programmazione.
Certo dall’attesa alla pretesa il passo è breve e magari il persistere di una canzone dissonante da quella che aspettavamo può disorientarci. Rischiamo di rimanere delusi, di non essere felici della musica che stiamo ascoltando. Più che un rischio direi una certezza.
Ma tra quello che ci possiamo (dobbiamo) attendere e quello che non possiamo (dobbiamo) pretendere, forse sarebbe bene rivedere la nostra scala dei valori. Ho la netta sensazione che ci siano tante cose che sopravvalutiamo. I soldi, il potere, il sesso, l’altrui apprezzamento. Tutte cose belle, tutte cose che possono aiutarci a stare bene, che ci possono rendere appagati, soddisfatti di noi stessi…ma sono così determinanti per essere felici? E se state per rispondere che sì, in fondo è proprio così, con qualche distinguo e qualche sfumatura, allora arrivo a dire che forse la cosa più sopravvalutata di tutti è proprio la felicità. Ma sul serio rincorrere la felicità è l’obiettivo degli obiettivi, l’altare sul quale sacrificare ogni altra cosa? Essere felici è lo scopo della vita?
Non c’è forse qualcosa di più splendido?