La libertà di sbagliare

L’altro giorno la mia dolce e problematica sorellina mi poneva un quesito non da poco: è giusto rispettare la libertà degli altri quando stanno palesemente sbagliando oppure è necessario intervenire, anche limitando questa libertà, per evitare di farli cadere?

Questione complicata. Presupponiamo innanzitutto che sia possibile in modo chiaro ed evidente sapere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato per qualcuno: non è facile saperlo per se stessi, figuriamoci per altri! Ma poniamolo come presupposto. Di fronte ad un’alternativa, una strada ti consente di arrivare al traguardo ed una è senza uscita, siamo nelle condizioni di saperlo con certezza e quindi possiamo indicarla all’altro evitando che vada in quella sbagliata. Ci ascolterà? E se non ci ascolta fino a che punto dobbiamo fare in modo che ci dia retta? Può capitare con i figli, con gli amici, con il partner, con chiunque ci sentiamo legati al punto da essere (o da sentirci) responsabili della sua scelta.

Io penso che senza dubbio dobbiamo metterlo sull’avviso, dobbiamo cercare di fargli aprire gli occhi, di farlo ragionare, di spiegare le ragioni. Invece a volte possiamo essere tentati di compiacere, più che di fare la cosa giusta, creandoci degli alibi. Potremmo voler evitare lo scontro, cercare di non essere sgradevoli o insistenti, giustificando le scelte (sbagliate) altrui dietro il paravento della loro libertà. Non poche volte mi sono trovato in situazioni simili, come penso chiunque altro. Si arriva ad un punto per cui si dice: io te l’ho detto, ho fatto il mio dovere, tu non vuoi capire, pazienza a questo punto peggio per te.

D’altra parte, continuare ad insistere, arrivare persino a prevaricare le scelte altrui, può essere una soluzione? Ripeto, sempre dando come presupposto di essere in possesso della verità, di avere quindi la certezza di quale sia la scelta giusta (che per esempio uno presuntuoso come il sottoscritto ha spesso la sensazione di avere!). Anche in questo caso però non credo che questa possa essere la soluzione. Sbagliando si impara, dice il proverbio. Ma finché non si sbaglia in prima persona, difficilmente si impara. Perché purtroppo gli sbagli altrui possono non essere significativi.

Che fare dunque? Sperare che questa via sbagliata non porti conseguenze irreparabili, cercare di limitare i danni e poi, soprattutto, essere lì accanto a quella persona anche quando sta sbagliando. Perché lì sta tutta la differenza del mondo, fra coloro che amiamo e tutti gli altri. Senza compiacimenti, senza indulgenze a buon mercato, senza giustificazioni astruse e soprattutto senza i “te l’avevo detto”, che tanto non servono a un fico secco. Se non riusciamo, pur con tutti gli sforzi del mondo, a fargli vedere il mondo con i nostri occhi, allora, seppur a malincuore, seppur con fatica e un dolore che sembra insopportabile, dovremmo calarci insieme a lui per vedere il mondo con i suoi occhi, vivere con lui i suoi errori, così da aiutarlo a venirne fuori. Perché solo a partire da lì possiamo dargli la speranza che una redenzione è possibile.

Delle ali e un altro apparato per respirare che ci permettessero di attraversare l’immensità degli spazi, ci sarebbero inutili, perché se salissimo su Marte o Venere conservando gli stessi sensi, questi rivestirebbero dello stesso aspetto delle cose della Terra tutto quello che potremo vedere. L’unico vero viaggio, l’unico bagno di giovinezza, sarebbe non andare verso nuovi paesaggi, ma avere altri cento occhi, vedere l’universo con gli occhi di un altro, di cento altri, vedere i cento universi che ciascuno vede, che ciascuno è. (Marcel Proust, La prigioniera)

Ancora in Tv, ma non dovevi non andarci più?

Ma un bel discorsetto sull’appercezione trascendentale kantiana? Un approfondimento sulla riduzione eidetica in Husserl? Altrimenti potevo raccontare qualche episodio divertente su Rose. Magari potrei provare a far passare quei venti minuti parlando dell’evoluzione del reggae nel giovane Bob Marley. Oppure potrei mettervi in guardia sugli effetti deleteri del Pandoro, per chi soffre di aerofagia.

Ma niente, vogliono parlare di uffici postali. Io non lo so proprio questa fissazione di parlare di cose noiose. Ma chi se le guarda? Comunque, se proprio non avete nulla di meglio da fare, stasera intorno alle 22 e 30 su Rai Tre, potrete farvi due risate alle spalle del vostro viaggiatore ermeneutico, che nelle vesti di un novello Benjamin Malaussene proverà a tranquillizzare torme di consumatori inferociti.

Ma se invece ce la giocassimo a subbuteo? No eh? Va be’, io c’ho provato.

Una redenzione a volte è possibile

I luoghi non sono neutri. I posti in cui siamo stati si portano impresse le emozioni che abbiamo provato quando eravamo lì. Il vissuto dei luoghi si deposita come polline su quei posti e rimane lì, rarefatto, in attesa del nostro ritorno. Tornando ritroviamo quelle sensazioni già vissute che si ripresentano intatte come allora, per farci compagnia come vecchi compagni di scuola.

E così torniamo bambini nei luoghi dell’infanzia, riviviamo i primi amori al mare, le ansie degli esami passando vicino l’Università, le tristezze delle separazioni nelle stazioni, le gioie dei primi baci nelle sale dei cinema, i dolori di cui sono intrisi i viali vicini agli ospedali.

Non è una cosa a cui pensiamo quando siamo lì la prima volta. E’ ovvio, siamo presi dalle emozioni che stiamo vivendo: siamo troppo felici o arrabbiati, disperati o annoiati. I luoghi si confondono nello sfondo, sembrano quasi ininfluenti. Siamo così felici che potremmo essere sulla luna o sul deserto, siamo così tristi che non badiamo a nulla di quello che abbiamo intorno. Siamo troppo concentrati su noi stessi e su quello che stiamo provando in quel momento che tutto il resto perde di significato.

Ma in realtà non è così. Ritornando in quei luoghi capiamo quanto quelle sensazioni si sono intrecciate in quei posti, così che basta rimettere piede lì, per ritrovarle intatte come le avevamo vissute allora. Ritornare però non è solo rivivere. Le gioie possono essere riassaporate, anche quelle che ormai sembravano evaporate via. Invece le ansie, le tristezze, i dolori possono essere superati. Possiamo togliere la polvere delle vecchie esperienze e scriverci sopra nuove storie, provando nuove emozioni.

Se abbiamo il fegato di affrontare i nostri fantasmi, se abbiamo il coraggio di tornare nei luoghi del passato – soprattutto quello con cui dobbiamo ancora fare i conti – saremo in grado di darci una seconda possibilità. Possiamo redimere quei luoghi e dargli un nuovo destino.

Lancia in aria una monetina

Hai in mano quella moneta. Quella stupidissima moneta con le sue belle facce. Perché ci sono sempre due facce. E anche se sono sempre convinto di quello che scrivevo qui https://giacani.wordpress.com/2013/10/24/aut-aut/ – che quando ci troviamo di fronte a un bivio, ad un’alternativa, forse più cercare la risposta giusta, dovremmo avere la pazienza di riformulare la domanda – resta però il fatto, indubitabile, che a volta la vita ci pone di fronte ad un’alternativa.

Allora ti immagini quel signore un po’ anziano, con gli occhiali calati sul naso, che prende in mano una moneta grezza, prima del conio e meccanicamente la mette sulla pressa. Senza volerlo stabilirà lui se vincerai la palla o il campo, se avrai il sole in faccia o alle tue spalle, se il tuo avversario batterà per primo o la farai tu. Prenderà in mano quella moneta e gli darà le due facce. Stabilirà lui la testa e la croce, non certo il destino, il fato o chissà quale altre astratta divinità. Semplicemente un vecchio signore con gli occhiali.

O forse no, forse oggi le monete nascono già con le due facce. Come le situazioni in cui abbiamo di fronte l’alternativa: nascono così, già ambivalenti. A volte l’alternativa è fra ciò che vogliamo e ciò che dobbiamo: ma in quei casi è facile scegliere. Basta aver chiaro l’obiettivo e ti regoli di conseguenza. Segui il cuore o la ragione, le regole o l’istinto: chi predomina fra i due decide. Se però non ci sono queste sfumature? Se la scelta è radicale ed assoluta? Se proprio non riesci a scegliere fra quello che perdi e quello che trovi, allora non resta davvero che tirare in alto la monetina. E magari a volte, neanche serve sapere se uscirà testa o uscirà croce.

Quando sei davanti a due alternative lancia in aria una moneta. Non perché farà la scelta giusta al posto tuo, ma perché, nell’esatto momento in cui è in aria, saprai improvvisamente in cosa stai sperando di più (Bob Marley).