“Ci sedemmo dalla parte del torto, perché tutti gli altri posti erano occupati” (S. Beckett)
In effetti la realtà è esattamente come la dice Beckett. La parte della ragione ha sempre un sovraffollamento, una densità demografica persino superiore a quella delle carceri italiane. E proprio come nelle carceri non è che ci stai tanto comodo, ma sei costretto a starci.
La ragione ti costringe dalla sua parte con tutta la ragionevolezza delle sue argomentazioni e ti imprigiona con la consequenzialità dei suoi collegamenti causa effetto. Sono gli altri che non ti capiscono, che si approfittano di te e della tua buona fede. Sono gli altri che quando gli servi allora sì, ma poi invece. Sono gli altri che tradiscono le tue aspettative, che fuggono di fronte alle responsabilità.
“La ragione non sta mai da una parte sola”, “i torti e le ragioni si dividono”…in realtà questi sono solo modi di dire. La parte della ragione è un tiranno, non ammette dubbi o tentennamenti. La parte della ragione fagocita le regioni vicine, allarga il suo campo di azione. Ti fa invadere la Polonia a cuor leggero e al suono della Cavalcata delle Valchirie. Perché quando sei dalla sua parte, quando ti senti di farne parte, la sua musica ti avvolge e ti coinvolge, ti stordisce con il suo ritmo, con la melodia e alla fine non riesci più ad ascoltare altro.
Come dicevo qualche post addietro, chi sta dalla parte della ragione vanta dei crediti, più o meno esigibili, comunque sempre sacrosanti.
Io preferisco essere dalla parte del torto. Preferisco sentirmi in debito, ascoltare le ragioni degli altri e continuare a cantare le cose della vita. E se ho sbagliato a viverle, come cantava Venditti, non è finita. Non è mai finita. Tutt’al più significa che c’è ancora da imparare.