Il fine, i mezzi, Benigni e arditi paragoni

Certo che siamo uno strano Paese. Tolleriamo e anzi, continuiamo a votare una classe politica che in confronto i 40 amici di Ali Babà erano una congrega di santi, ma poi ci scandalizziamo se Benigni guadagna 4 milioni di euro incollando davanti al teleschermo 1 italiano su 3, battendo tutti i record di ascolto e probabilmente, tra diritti all’estero e pubblicità, facendo guadagnare l’azienda che l’ha ingaggiato. In un contesto così avvelenato che ci spaventa organizzare un’Olimpiade, tanto siamo sicuri che mafie e camorre varie si ruberanno tutto (che sarebbe come dire, non mi voglio innamorare più, perché sono sicuro che poi mi spezzerà il cuore), non ci può venire a fare la morale uno che guadagna una cifra così sproporzionata.

Qualcuno, al contrario, ha tentato di giustificare l’operazione mettendola un po’ sul vecchio detto che il fine giustifica i mezzi. Vale la pena spendere 4 milioni per dar voce ad un talento simile, che ci ha ridato una luce e una speranza, in questo periodo così buio e così drammatico per il nostro Paese. Ma se questo era il fine, capisco anche chi si è incazzato per i 4 milioni. Il fatto è che i “fini” non interessano a nessuno. Perché i “fini” non esistono. Sono mete, obiettivi, più o meno raggiungibili. Quello che interessano sono i “mezzi”. Perché quelli sono la nostra quotidianità, il nostro reale, la vita di tutti i giorni. E’ il come arrivi all’obiettivo, la strada che percorri, i compagni di viaggio quello che davvero ci interessa. Arrivare alla meta, alla fine dei conti, è quasi ininfluente.

Molto più banalmente, a me benigni è piaciuto. Mi è piaciuto proprio tanto. A qualcuno non è piaciuto? Certo. Del resto c’è chi compra i CD di Gigi D’Alessio, c’è chi adora le torte con la zucca e la cannella e c’è perfino, addirittura, so che è dura comprenderlo, chi è tifoso della Roma. Il gusto è quanto di più soggettivo ci possa essere. Rispetta il mio naso, se vuoi che io rispetti il tuo.

Però non dovremmo confondere i piani e pensare che un attore, pur bravo, pur dicendo cose bellissime, possa diventare la guida che ci porterà fuori dalla crisi. Benigni fa il suo mestiere, lo fa bene, si fa pagare bene e fa bene a farlo. Non credo abbia altre aspirazioni. Non penso dovremmo dargli altri ruoli. Perché altrimenti sarebbe come se per assurdo, uno solo perché scrive belle canzoni pensasse di poter lanciare una rivoluzione. Oppure, proseguendo nelle iperboli delle assurdità, sarebbe come se un comico si mettesse a fondare un partito.

Mi sa che i paragoni non sono il mio forte.