Il cammino e la meta

Hold me and make it the truth, that when all is lost there will be you. ‘Cause to the universe I don’t mean a thing
And there’s just one word that I still believe. And it’s love… love, love, love, love. Love Boat Captain, take the reigns, steer us towards the clear. I know it’s already been sung, can’t be said enough. Love is all you need… all you need is love, love… love…love

Siamo abituati a valutare le cose dalla loro fine.

Pensate alle storie d’amore. Possono anche essere state le più belle del mondo, ma è sicuro che se finiscono male, difficilmente verranno ricordate bene. Anzi, proprio a partire dal finale, verrà dimenticato tutto il resto: verrà svilito, equivocato, dissacrato. Qualcuno arriverà a dubitare che sia davvero accaduto su questa terra.

Un po’ come l’almanacco del calcio. Sfogli le pagine dei campionati passati e quello che resta è la classifica finale. A chi interessa sapere che magari sei stato in testa da ottobre a marzo, se poi alla fine non hai vinto tu? Quello che conta, quello che resta negli annali è l’ultima fotografia, quella dell’ultima giornata, quando si tirano le somme finali.

Un altro esempio è una reminiscenza scolastica. Avevate in classe il tipico fancazzista che durante l’anno se la spassava alla grande e poi, grazie ad una full immersion finale, riusciva a recuperare tutte le insufficienze e a salvarsi per il classico rotto della cuffia? E quindi poteva dire di aver avuto ragione lui. Tu lì a buttare ore ed ore, pomeriggi intersi sui libri e lui a divertirsi. E poi? Niente, tutto azzerato, tutto cancellato grazie allo sprint degli ultimi giorni e al buon cuore di qualche professore in crisi di coscienza.

Che poi se vogliamo, allargando il discorso, in fondo è un po’ il vecchio discorso del fine che dovrebbe sempre e comunque giustificare i mezzi. Perché alla fine è questo. Non è importante il percorso, non è importante come ci arrivi, l’importante è arrivarci. L’importante è il risultato.

Io la penso diversamente. Il risultato conta, certo, ma anche il cammino che hai percorso per arrivarci è importante. E’ importante studiare giorno per giorno, se vuoi davvero imparare qualcosa. Sono importanti le vittorie, ogni singola vittoria, anche se poi non è servita a farti vincere il campionato. E soprattutto sono importanti le storie d’amore passate, anche se poi si sono ammalate, se sono finite prima del tempo. Perché la vita va vissuta giorno per giorno, senza scordare il passato e senza farci angosciare dal futuro. Va vissuto il presente, che è un cammino, per costruire un futuro, in cui ci sono le mete. Il tutto, possibilmente, facendo pace con il passato.

Stringimi e fa’ che sia vero, che quando tutto sarà perso, ci sarai comunque tu. Perché per l’universo io sono del tutto insignificante e c’è soltanto una parola in cui credo ancora. Ed è amore… amore, amore, amore. Capitano della nave dell’amore, prendi i comandi e guidaci in mare aperto. So che lo hanno già cantato, ma non lo si dice mai abbastanza. L’amore è tutto quello di cui avete bisogno, tutto quello di cui avete bisogno è l’amore, amore… amore…amore

 

Il fine, i mezzi, Benigni e arditi paragoni

Certo che siamo uno strano Paese. Tolleriamo e anzi, continuiamo a votare una classe politica che in confronto i 40 amici di Ali Babà erano una congrega di santi, ma poi ci scandalizziamo se Benigni guadagna 4 milioni di euro incollando davanti al teleschermo 1 italiano su 3, battendo tutti i record di ascolto e probabilmente, tra diritti all’estero e pubblicità, facendo guadagnare l’azienda che l’ha ingaggiato. In un contesto così avvelenato che ci spaventa organizzare un’Olimpiade, tanto siamo sicuri che mafie e camorre varie si ruberanno tutto (che sarebbe come dire, non mi voglio innamorare più, perché sono sicuro che poi mi spezzerà il cuore), non ci può venire a fare la morale uno che guadagna una cifra così sproporzionata.

Qualcuno, al contrario, ha tentato di giustificare l’operazione mettendola un po’ sul vecchio detto che il fine giustifica i mezzi. Vale la pena spendere 4 milioni per dar voce ad un talento simile, che ci ha ridato una luce e una speranza, in questo periodo così buio e così drammatico per il nostro Paese. Ma se questo era il fine, capisco anche chi si è incazzato per i 4 milioni. Il fatto è che i “fini” non interessano a nessuno. Perché i “fini” non esistono. Sono mete, obiettivi, più o meno raggiungibili. Quello che interessano sono i “mezzi”. Perché quelli sono la nostra quotidianità, il nostro reale, la vita di tutti i giorni. E’ il come arrivi all’obiettivo, la strada che percorri, i compagni di viaggio quello che davvero ci interessa. Arrivare alla meta, alla fine dei conti, è quasi ininfluente.

Molto più banalmente, a me benigni è piaciuto. Mi è piaciuto proprio tanto. A qualcuno non è piaciuto? Certo. Del resto c’è chi compra i CD di Gigi D’Alessio, c’è chi adora le torte con la zucca e la cannella e c’è perfino, addirittura, so che è dura comprenderlo, chi è tifoso della Roma. Il gusto è quanto di più soggettivo ci possa essere. Rispetta il mio naso, se vuoi che io rispetti il tuo.

Però non dovremmo confondere i piani e pensare che un attore, pur bravo, pur dicendo cose bellissime, possa diventare la guida che ci porterà fuori dalla crisi. Benigni fa il suo mestiere, lo fa bene, si fa pagare bene e fa bene a farlo. Non credo abbia altre aspirazioni. Non penso dovremmo dargli altri ruoli. Perché altrimenti sarebbe come se per assurdo, uno solo perché scrive belle canzoni pensasse di poter lanciare una rivoluzione. Oppure, proseguendo nelle iperboli delle assurdità, sarebbe come se un comico si mettesse a fondare un partito.

Mi sa che i paragoni non sono il mio forte.