Un altro San Lorenzo, un’altra notte in cerca di stelle, un’altra lista di desideri. Ma in questi strani tempi che stiamo vivendo, rischiamo di non essere più tanto sicuri dei desideri che vorremmo si avverassero. E a volte, come cantava David Bowie, stare a contatto con le stelle può farci perdere la bussola. Che voleva fare quell’esibizionista del maggiore Tommaso? Tutto contento di essere in mondo visione, a guardare la terra tutta blu dall’alto dei cieli: all’inizio non aveva paura di perdersi, l’infinità dello spazio non lo metteva a disagio. Ma poi?
I desideri sono roba che scotta. Vanno maneggiati con cura: dimmi che desideri e ti dirò chi sei. Perché in fondo è proprio così, i desideri ci qualificano, dicono di noi, molto, forse anche troppo. Tutti desideriamo che questa maledetta pandemia se ne vada per sempre. Ma siamo sicuri che poi vorremmo tornare alla vita di prima? Certo, ci mancano gli abbracci, il contatto fisico, i volti senza mascherine (di maschere per la verità ce ne erano già molte prima, a volte anche più grandi di quelle di stoffa), ma siamo sicuri che vorremmo tornare indietro esattamente com’eravamo? E soprattutto, come probabilmente aveva capito il Major Tom, siamo sicuri che sarebbe un desiderio realizzabile?
This is Major Tom to Ground Control, I’m stepping through the door and I’m floating in a most peculiar way. And the stars look very different today.
Mi viene lo stesso dubbio di Linus: se non possiamo portarcele a casa dentro un secchiello, allora vale la pena lo stesso starsene con il naso all’insù aspettando che le stelle ci degnino della loro attenzione? O al contrario, non sarà invece che dobbiamo buttare via il nostro secchiello e smettere di tentare di portarci via le stelle che cadono? In altre parole, non sarà forse che dobbiamo cominciare a costruirci un futuro diverso da desiderare?